Venezia 77 – Yellow Cat: recensione del film di Adilkhan Yerzhanov
Dal Kazakistan arriva il film Yellow Cat, nella sezione Orizzonti di Venezia 77, su un protagonista che vuole aprire un cinema nel deserto.
Anche il Kazakistan si prende il proprio posto alla 77esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, portando una nota di colore nella sezione ufficiale di Orizzonti con la commedia grottesca Yellow Cat. È Adilkhan Yerzhanov il regista della buffonesca farsa messa in piedi dalla sceneggiatura dell’autore di The gentle indifference of the world e A dark-dark man, scritta in collaborazione con Inna Smailova e impostata su di una cinematografia in cui si respira la sana e cinefila passione del suo protagonista per Alain Delon, nei suoi rimandi alle scene riproposte a memoria del Frank Costello faccia d’angelo di Jean-Pierre Melville.
È proprio quello di aprire un cinema il sogno del protagonista Kermek (Azamat Nigmanov), ex detenuto che non riesce a trovare lavoro e ancora soggiogato da un poliziotto corrotto che lo vorrebbe dalla propria parte per un lavoro criminoso facile da gestire. Non era certo quello che si aspettava l’uomo dopo essere appena uscito dal carcere, ma a quanto pare Kermek dovrà assecondare i piani illeciti del rappresentante delle autorità, mentre cercherà di svincolarsi dalla sua situazione, portando con sé la sua innamorata Eva (Kamila Nugmanova), prostituta con la testa tra le nuvole che seguirà il ragazzo nel suo desiderio.
Yellow Cat – Il sogno di aprire un cinema nel deserto
Quella del protagonista di Yellow Cat è un’aspirazione da cui non si allontana poi tanto il suo regista. Entrambi, infatti, non vogliono fare altro che dedicarsi con parsimonia all’arte cinematografica, chi stendendo un lenzuolo bianco nel bel mezzo del nulla, chi dando la possibilità a questi personaggi di farlo, come permette infatti il cineasta Yerzhanov, che nella semplicità della sua storia e della resa complessiva che la pellicola costituisce, trasuda una volontà di cinema sincera e travolgente.
Così, nella costruzione corposa, ma comunque lineare della piccola pellicola, il protagonista e i numerosi personaggi di contorno vanno illuminando un’opera intrinsecamente simpatica, surreale perché nel cinema è permesso di sognare e totalmente improntata su un buon umore che arriva anche dalle parti più ridicole e grottesche del film. Un’operazione che non nasconde una spinta demenziale tutta impostata per dare un tocco di leggerezza e divertimento a una commedia insolita che punta, proprio, su questa sua aurea eccentrica, in una stravaganza di intenti in cui rimangono impigliati tutti gli interpreti che si sottopongono alle trovate comiche e alquanto strambe partorite dallo script di Yerzhanov-Smailova.
Yellow Cat – I paesaggi sconfinati di una commedia buffonesca
Un racconto che, nonostante la sostanziosa narrazione che lega ogni passaggio della storia, non sceglie di vivere solamente tramite i gesti dei suoi personaggi o lo spasmodico bisogno di portare a compimento l’opportunità di aprire questo cinema da parte di Kermek, ma si apre all’estensione di panorami sconfinati, incantevoli, grandi a perdita d’occhio dove le figure umane vengono volontariamente mosse e inserite per integrarcisi con le loro azioni. Un paesaggio che Adilkhan Yerzhanov allarga più di quanto sembri possibile, utilizzando questi quadri naturali e la colorazione che offrono spontaneamente, facendola sottolineare dal direttore della fotografia Yerkinbek Ptyraliyev e accendendo le inquadrature con una luminosità tale da rendere ogni passaggio e ogni sequenza omogenea e quasi proveniente da una favola irreale.
Con elementi che richiamano un tipo di cinema che parla direttamente ai sognatori, per coloro che si alimentano delle auto-citazioni delle pellicole e dei loro rimandi ipertestuali, Yellow Cat è il buffo che si estetizza e diventa opera da vedere con leggerezza mentre se ne apprezza l’impianto autoriale e formale, in un’esperienza di visione fanciullesca e genuinamente divertente.