Venezia 77 – Omelia Contadina: recensione del cortometraggio di Alice Rohrwacher
Omelia Contadina è un'azione cinematografica in forma di cortometraggio. Il racconto del dramma delle monoculture nello sguardo Alice Rohrwacher.
Più che un film, un’azione. O performance. Omelia Contadina è il cinema che dà forma a una richiesta. Nei suoi undici intensi minuti ascoltiamo il dramma di un mondo in dissolvenza. La realtà contadina dimenticata da tempi in veloce cambiamento. A dirigere quest’atto (politico? sociale? artistico?) è Alice Rohrwacher, regista che con Lazzaro Felice è entrata di diritto nel pantheon di un nuovo cinema italiano. Anche per questo il suo Omelia Contadina è un progetto lodevole, che si spera possa comunicare l’urgenza di cui parla.
Il dramma delle monoculture
Sul confine tra tre regioni si celebra un funerale. L’agricoltura contadina è simbolicamente sotterrata. Gigantesche riproduzioni di lavoratori vengono trascinati nell’altopiano dell’Alfina da contadini in lacrime. Poi, una ruspa stende un velo di terra a segnare la fine. Così Alice Rohrwacher riassume le condizioni di una cultura millenaria. Da figlia di un apicoltore conosce il necessario rapporto tra uomo e natura, oggi sempre più a rischio. Di questo ha parlato con l’amico e artista JR, con cui ha ideato Omelia Contadina. Ancora di più, i confini tra cinema propriamente detto e opera d’arte contemporanea sono stati strappati in virtù di un messaggio. Le riprese svolgono un’azione aerea, mostrando dall’alto il cammino delle onoranze funebri. Lo sguardo ampio si intervalla ai primi piani di contadini. Le loro parole non sono distanti da quelle che da anni pronunciano in servizi televisivi o rimostranze pubbliche. Forse però, grazie alla cura di punti macchina mai invadenti, arrivano una chiarezza disarmante.
La condizione dei lavoratori dell’orvietano è da anni critica. Le polemiche vertono sul diffondersi incontrastato della monocoltura del nocciolo. In Umbria si è siglato il “Nocciola Italia”, un patto con Ferrero Company che prevede entro il 2025 una copertura di superficie pari a settecento ettari di nuove piantagioni. I risultati di questi impianti sono sotto gli occhi di tutti. La fertilità della terra comincia a risentirne e i contadini richiedono che si ripensi un modello agricolo che rispecchia una cecità sociale.
Superando i confini dello schermo, l’azione di Omelia Contadina è proseguita nei giorni precedenti al Festival di Venezia, dove il corto è stato presentato Fuori Concorso. Le foto di JR, di straordinaria efficacia, si accompagnano alla visione come supplemento necessario. Raccontano, forzando ancora una volta l’urgenza del messaggio, una strenua lotta contro il proliferare di monoculture intensive e la distruzione dei territori italiani. Il discorso, ovviamente, ha una valenza universale e parla all’Europa offrendo con decisione artistica una problematica comune.
Omelia Contadina per la vita
“Ci avete seppellito” urlano. Ma nonostante il titolo, Omelia Contadina è un grido di speranza. “Non è finita qui” ci dicono le immagini aeree del cimitero agricolo dominato dai noccioli. Il funerale è dunque un rito che vivifica. Un’azione (cinematografica) di valore apotropaico. Scaccia la retorica mortifera che ha conquistato il racconto giornalistico e dice “noi siamo qui”. Alice Rohrwacher non ha scritto i testi che vengono letti durante il corto, il quale ha un valore documentario. Come un servizio tv ma dalla forza trasformativa. La speranza, ovviamente, è che il corto possa essere mostrato dove si prendono le scelte. L’idea dei cartonati trasportati sul territorio ripreso non è in tal senso un’esagerazione teatrale. Anzi, è un bisogno umano. I contadini trasportano loro gigantografie come un unico corpo. Assieme si vedono persino dal cielo, e non si possono ignorare.