Se succede qualcosa, vi voglio bene: recensione del cortometraggio Netflix
All'indomani di una tragica sparatoria in una scuola elementare, un padre e una madre piangono la perdita della figlia decenne, cercando una via d'uscita al vuoto e al dolore che li attanaglia.
Tra i meriti di Netflix c’è anche quello di aver dato visibilità ai cortometraggi, un universo spesso inesplorato o, peggio, ignorato. Opere presenti ai festival e con una loro precisa categoria agli Oscar (anzi tre: Miglior Corto, Corto Documentario e Corto d’Animazione), che finiscono regolarmente del dimenticatoio a causa della difficile distribuzione in sala. Un problema agilmente bypassato dalle piattaforme online, capaci di dare la corretta collocazione e la giusta dignità a lavori che in una manciata di minuti raccontano realtà dense di senso.
A questa sempre più ampia famiglia appartiene anche Se succede qualcosa, vi voglio bene, firmato dal duo Govier-McCormack, attori esordienti alla regia. Un film che fa male e ferisce, che ammutolisce e stordisce. Un’animazione breve dallo spirito marcatamente sociale, che fa il paio con Canvas di Frank E. Abney III e con Cops and Robbers di Arnon Manor e Timothy Ware-Hill. Storie difficili, narrate con piglio minimale ed emotivo, il cui chiaro obiettivo è quello della sensibilizzazione.
Se succede qualcosa, vi voglio bene: un’elegia sul dolore
Un po’ di dati: in America le armi da fuoco sono la seconda causa di morte tra bambini e adolescenti. Tra incidenti, omicidi e suicidi, i ragazzi muoiono accidentalmente sotto i colpi di una pistola o di un fucile 12 volte più spesso di quelli di tutti gli altri Paesi occidentali messi assieme. E soltanto tra l’inizio del 2014 e l’estate del 2016 sono morti 326 bambini a causa di spari involontari. Numeri raggelanti e agghiaccianti, sui quali c’è ben poco da dire. Se succede qualcosa, vi voglio bene segue con pochi e incisivi tratti la vita di due genitori disperati, che hanno perso la figlia in una sparatoria avvenuta in una scuola elementare.
L’azione viene pudicamente e umanamente lasciata fuori; tutta la nostra attenzione è concentrata sulla distanza incolmabile tra il padre e la madre, sul vuoto pneumatico e sui silenzi assordanti. Bastano una canzone, un disegno o una maglia per rievocare nella coppia i momenti felici della loro esistenza con la bimba, dalla nascita alla scoperta dello sport e del gioco, dell’affetto e dell’amore. Il risultato è un’elegia soffusa, dedicata a coloro che hanno subito una perdita e stanno cercando – in qualche modo, nonostante tutto li spinga alla chiusura e all’annullamento di sé – una via d’uscita.
Un messaggio di speranza, oltre lo strazio
Prodotto – tra gli altri – da Laura Dern, Rashida Jones e Peter Morgan, Se succede qualcosa, vi voglio bene dopo la vittoria all’Omaha Film Festival sta proseguendo la sua corsa proprio verso gli Academy Awards. E non c’è dubbio che la qualità del prodotto meriti la maggior popolarità possibile. In soli 12 minuti Govier e McCormack riescono a rendere tangibile il dolore, dando vita ad un perfetto intreccio di arte e scopo, significato e missione. Sono “solo” cartoni animati, eppure non si può fare a meno di provare empatia e rispetto per i due protagonisti, (s)travolti da un evento più grande di loro e incapaci di reagire.
Vista la grevità dell’argomento, non si può fare a meno di apprezzare la totale mancanza di facile e banale retorica: il bianco e nero macchiato qua e là dal colore, il disegno semplice e l’assenza di dialoghi sono soluzioni sobrie ed eleganti, del tutto consone all’essenza di un progetto che punta all’urgenza narrativa e alla formazione di una nuova consapevolezza. Una piccola e preziosa meraviglia artistica in cui ogni secondo è pieno di sostanza e spessore, da guardare tutta d’un fiato e da divulgare, condividere. Non solo per onorare la vita degli altri, ma per immaginare mondi migliori e impegnarsi a crearli.