Voces: che cos’è la psicofonia e quali sono le sue origini
Il fenomeno della psicofonia è alla base del film Voces, in top 10 Netflix. Vediamo di che si tratta.
Distribuito dal 27 novembre su Netflix, Voces di Ángel Gómez Hernández è un horror che sta godendo di un discreto successo su Netflix. Sarà per la trama, che riporta lo spettatore nell’ambientazione – già battuta, ma non ancora esaurita – della casa infestata, sarà per i frequenti jumpscare, il film è piuttosto apprezzato dal pubblico, tanto da piazzarsi in una buona posizione tra i film più visti della settimana sulla piattaforma.
Tra gli elementi che Voces porta in evidenza, c’è quello della psicofonia, un fenomeno realmente esistente, su cui scienziati, religiosi e appassionati di materie occulte si sono rimbeccati per decenni. E il dibattito è ancora aperto.
La psicofonia in Voces
Per chi non avesse visto il film, il collegamento tra la storia raccontata da Ángel Gómez Hernández e interpretata (tra gli altri) da Rodolfo Sancho e Belén Fabra, e la psicofonia è ben mostrato nella trama. Dopo essersi trasferiti in una remota villa in campagna, Sara, Daniel e Eric iniziano a essere testimoni di strani fenomeni. In effetti, il primo ad esserne colpito è proprio il piccolo Eric, particolarmente sensibile al cambio di casa. Il bambino, infatti, comunica con il padre e con la madre attraverso un walke talkie, nelle cui onde trasmittenti – però – si insinuano delle voci strane e inquietanti.
Per far luce sul fenomeno sarà chiamato l’esperto Germàn (Ramón Barea), accompagnato dalla figlia-assistente Ruth (Ana Fernández). Germàn porta la sua esperienza in giro per la Spagna, affrontando il fenomeno con occhio critico e “scientifico”. Sarà durante una tappa della presentazione del suo ultimo libro che Daniel, disperato, chiederà il suo aiuto.
Le origini
Il fenomeno delle interferenze vocali nelle onde radio o su nastro è studiato dagli anni 50 del secolo scorso, periodo in cui François Brune, scrittore e religioso, colloca il primo intervento su questo argomento. L’episodio che fece parlare per la prima volta di psicofonia avvenne proprio in Italia, tra le pareti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel Laboratorio di Fisica dell’università, l’allora rettore Agostino Gemelli verificò per la prima volta la presenza di voci elettroniche, aiutato dal suo collaboratore Pellegrino Ernetti. Giusto per chiarire l’orientamento istrionico di Ernetti, è la stessa persona che dichiarò di aver inventato il cronovisore, che avrebbe permesso i viaggi nel tempo. Ovviamente il funzionamento di questo apparecchio non fu mai provato.
Tuttavia, tornando alla psicofonia, l’episodio ebbe anche un certo peso, arrivando fino in Vaticano, dove ottenne l’incoraggiamento di Pio XII.
Per il Cattolicesimo, infatti, provare l’intervento diretto dei defunti sul nastro o tramite onde radio, non avrebbe in alcun modo disturbato il dogma religioso, e quindi gli esperimenti in tal senso non potevano che riscontrare il plauso del clero.
Che cos’è la psicofonia
Per chiarire una volta per tutte di che si tratta, la psicofonia – anche detta Fenomeno delle voci elettroniche, metafonia o transcomunicazione strumentale – è la percezione di voci non umane (o, comunque, non di esseri umani presenti o viventi) tramite la registrazione o la diffusione di apparecchiature elettroniche.
Premettendo che non ha fin ora trovato alcun riscontro tra gli scienziati, che si mostrano anzi molto scettici verso la materia, ha un gran seguito di appassionati che si dilettano a vario titolo nel rilevare queste “voci”.
Nel 1959 per esempio il regista svedese Friedrich Jürgenson lasciò il suo apparecchio acceso per registrare il canto di alcuni uccelli, ma quel che trovò fu decisamente sinistro e inquietante. Voci umane, che lanciavano dei messaggi dall’al di là o – perlomeno – questa era l’impressione.
Sempre negli stessi anni, altri personaggi iniziarono una sistematica ricerca su questo fenomeno paranormale: su tutti il più tenace è sicuramente Konstantin Raudive che arrivò a raccogliere circa 72mila registrazioni.
Che voci si ascoltano nella psicofonia?
Molti di quelli che cercano di provare l’autenticità delle voci psicofoniche sono mossi dal desiderio di entrare in contatto con i defunti. In effetti, anche la lettura che Ángel Gómez Hernández dà in Voces avalla questa spiegazione, introducendo anche una temibile villain.
Secondo le raccolte di “prove” psicofoniche, le voci che si sentono su nastro o tramite radio possono apparire come afone, oppure avere un’inquietante cadenza cantilenante. In altri casi queste voci hanno dimostrato di essere poliglotte, anche se spesso le frasi sono talmente confuse da rendere difficile distinguere per bene i concetti.
Secondo il Cicap, queste voci sono ricostruzioni mentali degli ascoltatori, secondo il fenomeno molto comune della pareidolia. Questo termine racchiude l’interpretazione di suoni casuali che vengono “addomesticati” nella mente di chi ascolta come parole familiari, o espresse in una lingua nota. Insomma, lo stesso principio che ci fa credere di vedere nelle macchie o nelle venature naturali degli alberi (per fare due esempi tra tanti) dei volti, o degli oggetti riconoscibili.
Una spiegazione più tecnica l’ha data, invece, Marco Morocutti del Cicap che ha mostrato come in molte di queste registrazioni psicofoniche si verifichi in realtà la trasmissione di onde corte su apparecchi non idonei a registrarle. Il suono distorto sarebbe generato, dunque, da un’insufficienza tecnica e non da un fenomeno paranormale.