Corinna Coroneo su La Danza Nera: “Come Manola odio i compromessi”
Corinna Coroneo è la protagonista cupa e magnetica de La Danza Nera, il nuovo film del regista indipendente Mauro John Capece
Corinna Coroneo è la protagonista cupa e magnetica de La Danza Nera, il nuovo film del regista indipendente Mauro John Capece, che ha già conquistato la critica con 27 award ricevuti nei festival cinematografici. Un’opera esteticamente sontuosa e dal gusto internazionale, in grado di rimarcare il genere political thriller divenuto molto in voga negli anni ’70 grazie a Elio Petri, Pietro Germi e Pier Paolo Pasolini, a cui il film è dedicato.
La storia, a tinte noir, ha per protagonisti un politico, sindaco brillante e benvoluto dai suoi concittadini, candidato alla Camera, e una ballerina laureata, delusa e controcorrente. Il divario generazionale tra i due e una diversa prospettiva sulla vita, crea a un thriller avvincente e violento, ricco di colpi di scena e di salti temporali.
Corinna Coroneo dà volto e anima a Manola, una donna forte e determinata, che ha scelto di non sopportare più i soprusi e il menefreghismo delle persone che la circondano. Soprattutto, ha deciso di affrontare in modo diretto colui che ha contribuito a rendere la sua vita un calvario e innalzarlo a simbolo del male del mondo.
Corinna, prosegue la tua collaborazione con Mauro John Capece anche in questo terzo capitolo della “trilogia della riflessione” (La Scultura, SFashion). Qui sei anche co-sceneggiatrice: cosa ti ha portato a scegliere di approfondire gli impatti dell’attuale politica italiana sulle persone?
La Scultura, SFashion e La Danza Nera, sebbene così diversi, parlano di una generazione, la nostra, quella nata dopo gli anni 70, che ha visto progressivamente sottrarsi la propria dignità a causa di un sistema socio-politico malato e corrotto. Il vento dell’anti-politica e i cambiamenti nella società sono sotto gli occhi di tutti: cambiano i governi ma la maggior parte di noi è sempre più infelice, frustrata, disillusa e rassegnata. Viviamo in una società malata ma pochi in Italia hanno il coraggio di dirlo (almeno artisticamente) per paura di non lavorare. È un po’ come, quando nei nostri peggiori incubi, vogliamo urlare per chiedere aiuto ma ci manca la voce per farci ascoltare e quindi metterci in salvo. Io e il regista Mauro John Capece avevamo intenzione di scrivere un film che urlasse a gran voce, che esprimesse questa rabbia con enorme impeto e di farlo prendendoci le responsabilità per il nostro punto di vista. Volevamo realizzare un film che fosse coraggioso, diretto, senza filtri e indigesto: un vero e proprio pugno nello stomaco. Ragion per cui La Danza Nera è dedicato a Pier Paolo Pasolini. Era nostra intenzione dare vita non solo ad una provocazione ma ad un vero e proprio atto di ribellione.
Nel film non si fanno sconti e c’è una presa di posizione netta nei confronti di un certo tipo di politica. Pensi che lo scollamento tra politica e realtà, tra politici e persone, sia ormai insanabile? Come credi che dovrebbe essere la politica oggi?
Il voto non serve a nulla, serve l’impegno costante di gente in gamba in lotta continua contro coloro che vogliono rimanere in un posto che non compete loro in un mondo che non li vuole più. E’ ora di pigliare calci nel culo qualcuno.
Inizio a rispondere a questa domanda utilizzando le parole di Manola nel film. Onestamente e purtroppo credo che lo scollamento tra politica e realtà, tra politici e persone, oggi più che mai, sia insanabile e incolmabile. E questo, a mio avviso, perché è venuto meno un concetto fondamentale, la fiducia. Gran parte delle persone ha totalmente perso la fiducia in chi dovrebbe rappresentarle e proteggerle. Ragion per cui una buona percentuale di cittadini italiani non si reca più a votare, si astiene per una forma di ribellione che probabilmente è controproducente ma appare ormai l’unico modo di comunicare un malcontento che, comunque, sembra rimanere perennemente inascoltato.
Dopo le votazioni, i politici si rinchiudono nei loro palazzi (quando si degnano di lavorare) e rimangono ben attaccati alle loro poltrone dorate incuranti e indifferenti a ciò che avviene fuori da quelle mura, per le strade, dentro le case di ciascuno di noi. Viviamo una vita di doveri e adempimenti… ma i nostri diritti? La gente è davvero, profondamente, incazzata. Ci si sente soli e abbandonati. È come se fossimo delle marionette che qualcuno dall’alto muove solo per perseguire i propri interessi e tenere ben saldi i propri privilegi. Ovviamente si generalizza, ma…
Cosa dovrebbe fare la politica oggi? Quello che dovrebbe fare sempre: occuparsi del benessere delle persone e non solo dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto sociale e culturale. E invece l’Italia è il Paese il cui peso della spesa pubblica in “Attività Culturali” sul Pil si colloca al di sotto della media europea. Bisognerebbe riflettere e anche tanto. La cultura è l’anima di un popolo, ma ciò che davvero conviene è coltivare la sua ignoranza, perché governare senza teste pensanti ma dormienti, rende tutto molto più semplice. Stiamo assistendo al fallimento delle democrazie occidentali e il malessere di ciascuno di noi sta raggiungendo livelli assurdi. Qualcuno dovrà pur riflettere e fare qualcosa, no?
La tua Manola è una donna apparentemente forte e fredda, ma nasconde una profonda fragilità. Com’è stato approcciarsi a questo personaggio?
La mia Manola? È molto bella e profonda la tua espressione. Ho praticamente fatto un viaggio dentro me stessa. Ho scoperto di essere molto più simile a Manola di quanto pensassi. Ho esplorato le sue emozioni, la sua mente, in maniera pura, senza pregiudizi, e l’ho presa per mano. Ed è stato come prendere per mano me stessa, quella parte di me che la maggior parte delle persone non vedono, non conoscono, forse perché sono io a tenerla nascosta: la parte più intima, più fragile, più esposta e dunque più pericolosa. Ora sono certa che una donna possa essere tanto forte quanto fragile: la durezza e la sicurezza spesso vengono sviluppate proprio per proteggere un’estrema sensibilità e fragilità di fondo. Ho altri elementi in comune con Manola: odio l’omertà, detesto i soprusi grandi o piccoli che siano, sono ribelle, sono incazzata, amo profondamente, rifiuto i compromessi, piango come una bambina solo quando non c’è nessuno con me, non voglio farmi vedere debole. A differenza della mia Manola però non sono sola e disperata: ho molte persone che mi riempiono la vita di gioia e amore, e questo mi fa ritenere una donna molto fortunata.
Il tuo percorso lavorativo sembra spingerti a rimanere nel cinema indipendente. Credi che sia il miglior veicolo per esprimere certi sentimenti? Come credi che sia la situazione del cinema in Italia?
Diciamo che è la situazione del cinema italiano a costringerti a rimanere nell’indipendente e far di tutto affinché si venga etichettati in questo modo. Basta guardare i film italiani degli ultimi anni e notare come, tranne poche eccezioni, gli attori e i registi siano sempre gli stessi. Non si osa, non si cresce, non c’è evoluzione, cambiamento: è tutto fermo, uguale, oserei dire immobile. Capisco che si debba ragionare in termini economici e incassi al “botteghino” (termine oggi purtoppo obsoleto), ma cavolo non è solo quello, non può essere solo quello! È come un gatto che si morde la coda. Quanto è triste e avvilente sentire frasi del tipo: “Serve un Nome!”. Shakespeare risponderebbe: “Cos’è un nome?”. Ma se non mi dai la possibilità di lavorare e mi chiudi sempre le porte, come potrò mai io diventare un Nome e farti puntare su di me?
E così molti si arrendono, perdono le speranze, probabilmente trascorreranno una vita triste e infelice perché gli è sta negata anche solo la possibilità di provare a realizzare i propri sogni. E poi c’è chi, come me, continua a lottare con le unghie e con il sangue negli occhi, facendo sacrifici enormi e costruendosi un percorso alternativo.
Il cinema italiano dovrebbe aprire un po’ gli occhi e guardare oltre se stesso per cogliere delle novità che lo toglierebbero da quel piattume che a livello generale lo caratterizza. Dovrebbe innanzitutto recuperare e garantire una maggiore libertà creativa ed espressiva. In America infatti negli ultimi anni le Major, vista la popolarità sempre più crescente dei film indipendenti, hanno ritenuto che fosse un bene immettersi nel mercato dell’indipendente creando delle proprio piccole propaggini. E aggiungo, son sempre di più le star internazionali che riducono di molto, quasi azzerandolo il proprio cachet pur di prendere parte a film indipendenti sicuramente più interessanti da molti punti di vista e non per ultimo quello narrativo ed espressivo.
Hai in cantiere qualche progetto? Ti piacerebbe sperimentare altre forme comunicative oltre al cinema?
Dopo La Danza Nera ho girato altri 4 lungometraggi che dovrebbero essere distribuiti nel 2021: mi devo ritenere davvero molto fortunata. In questo periodo sono molto concentrata sul cinema, mi sto dedicando alla revisione di alcune sceneggiature a cui tengo molto e sono in attesa che si sblocchino dei progetti la cui realizzazione è purtroppo resa complicata dalla pandemia in corso. Da persona aperta, curiosa e innamorata dell’arte e della cultura quale sono, non avrei sicuramente paura a sperimentare altre forme comunicative oltre al cinema, anzi, sarebbe eccitante e stimolante. Cosa che tra l’altro nel passato ho già fatto, a partire dalla danza passando poi per il teatro e anche la musica.