Lupin: recensione della serie Netflix con Omar Sy

Furti, travestimenti, colpi di scena. Lupin (2021) è una reinterpretazione moderna delle avventure del ladro gentiluomo, interpretato da Omar Sy.

È una notte come tante a Parigi. Le sale del Louvre sono illuminate da luci soffuse. Nessun visitatore all’interno del museo, solo gli addetti alle pulizie. E l’Arsène Lupin del XXI secolo è tra loro, in tuta e cappello. Assane, nativo del Senegal, circa quarant’anni, separato dalla compagna e con un figlio non è né squattrinato, né sprovveduto. Lavora in loco per carpire informazioni utili per mettere in atto il suo piano. L’ultimo ladro gentiluomo è attratto da un collier di diamanti appartenuto alla regina Maria Antonietta esposto in una teca. Il prezioso oggetto di proprietà della famiglia Pellegrini sarà battuto all’asta in pochi giorni. Venti milioni di euro il prezzo di partenza. Lupin non è, però, intenzionato a rubarlo per un tornaconto economico. Impadronirsi del collier di diamanti significa anche saldare i conti con il proprio tragico passato.

Lupin: l’antieroe dal cuore d’oro

Lupin (2021), in programmazione su Netflix dall’8 gennaio, è qualcosa in più di una serie live action. La reinterpretazione moderna delle avventure del personaggio inventato dalla penna di Maurice Marie Émile Leblanc offre differenti vie di fuga. Il ‘nuovo’ Lupin è un insospettabile. In primis, per i lineamenti non convenzionali. Il volto e il corpo di Omar Sy, la star di Quasi amici (2011) sono tratti parecchio distintivi. Nessuno sospetterebbe del figlio di un immigrato. Nessuno immaginerebbe che si tratta, in realtà, di un ladro elegante nelle movenze, astuto e ironico. Lupin, infatti, non ricorre alla forza per raggiungere i suoi obiettivi, le sue ‘armi’ sono i libri del suo scrittore preferito, letti, se non divorati, da ragazzino, quando la sua vita è stata sconvolta dalle accuse contro il padre, al servizio dei facoltosi Pellegrini.

L’uomo era stato accusato di aver sottratto il collier di diamanti dalla cassaforte di famiglia. Assane Diop non è, dunque, così interessato al gioiello, quanto a ricostruire con esattezza ciò che accaduto venticinque anni prima, nel 1995, quando era un adolescente. La sua vita in una Francia ancora diffidente nei confronti di chi ha un altro colore della pelle è stata segnata sia dall’aver avuto la possibilità di proseguire gli studi che dall’incontro con la sua anima gemella, la bionda Claire, futura madre del figlio Raoul, rispettivamente interpretati da Ludivine Sagnier ed Etan Simon. Rubare la collana di diamanti, seguendo quasi alla lettera il ‘dettato’ letterario, sarà un’impresa, ma il Lupin ‘alternativo’ incapperà anche in qualche errore durante la sua personale ricerca della verità, mettendo a rischio l’incolumità altrui.

Lupin: il mito rivive tra flashback e colpi di scena nella serie Netflix

La determinazione di Assane nel riabilitare l’onore del padre è tale da spingerlo costantemente oltre i suoi limiti e nell’affrontare faccia a faccia chi lo ostacola. Gli episodi diretti da Marcela Said, occhio dietro la cinepresa per Narcos: Mexico (2018-), e da Louis Leterrier offrono così un mix di emozioni contrastanti. Lupin non è solo intrattenimento, perché nulla è davvero come appare all’occhio dello spettatore. Una condizione destinata a ripetersi più volte nel corso delle prime cinque puntate. L’imprevedibilità è, forse, la vera antagonista del personaggio principale, in grado di prevedere in anticipo ogni mossa sulla scacchiera. Chi si aspetterebbe, però, che il poliziotto Guédira, ruolo affidato a Soufiane Guerrab, è un altro lettore dei romanzi di Lupin e un collezionista degli indizi seminati da Assane?

Ciò che colpisce in positivo di Lupin è l’avvincente sceneggiatura di Geroge Kay e François Uzan, su misura per un attore spiritoso come Omar Sy e, parimenti, omaggio sincero a quell’antieroe forte con i prepotenti e generoso con gli afflitti. Un Lupin davvero inafferrabile e, ovviamente, al passo coi tempi, in scia a quanto ‘profetizzato’ durante le avventure, in partenza su carta, della sua versione fumettistica o anime a cura del compianto Monkey Punch. Il ‘mito’ di Lupin rivive così una volta in più attraverso i primi cinque episodi prodotti da Gaumont Télévision, conducendo lo spettatore non solo tra le stanze di uno dei più celebri musei al mondo o le strade della capitale francese, ma anche presso le scogliere di Ètretat, in Normandia, proprio laddove fu ambientato il racconto Arsenio Lupin E Il Segreto Della Guglia (1909).

Lupin: oltre Parigi e la Normandia

Tra un flashback e l’altro, cifra stilistica e motore degli eventi della serie, il segmento intitolato Dans L’Ombre D’Arsène si conclude con un paio di colpi di scena che, come anticipato, confermano l’assoluta imprevedibilità di uno script destinato a compiere un’ulteriore evoluzione che, in modo inevitabile, finirà per coinvolgere, o travolgere, sia protagonisti che antagonisti, custodi di segreti e contro cui Assane dovrà, forse, lottare facendo leva sulla sua intelligenza piuttosto che a mani nude. Nota di merito, infine, per la breve ma intensa colonna sonora di Mathieu Lamboley, in bilico tra suggestioni vintage e pulsioni moderne. La partitura composta dall’artista francese affianca sonorità funk e jazz da poliziesco anni Settanta a bassi hip hop, senza rinunciare ai ‘tradizionali’ frammenti tensivi per commentare scene concitate.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 4

4.2

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