Fate: The Winx Saga, la recensione della serie Netflix
Le fate di Iginio Straffi prendono vita nella versione live action.
Partiamo da un presupposto, prima di addentrarci nella recensione di Fate: The Winx Saga, l’ultima novità di Netflix ispirata al cartone animato tutto italiano: con il Winx Club di Iginio Straffi del 2004 non va cercato il paragone.
Sembrerebbe naturale, infatti, in un caso come questo, volersi affidare alla nostalgia e alla memoria per sperare di rivedere in carne e ossa le fate animate dell’infanzia di tutti i millennials: è una serie tratta da lì, quindi lì deve andare a parare. E invece no, e tra gli scopi di questa recensione, oltre ovviamente a una quanto più accurata disamina del prodotto in sé e per sé, c’è quello di dimostrare perché Winx Club e Fate: The Winx Saga sono due prodotti totalmente diversi e complementari, che possono e devono vivere insieme nell’immaginario comune.
Fate: The Winx Saga, le fate diventano realtà
Creata da Iginio Straffi (proprio il papà del cartone animato che qui fa anche da produttore esecutivo) insieme a Bryan Young (The Vampire Diaries), la serie debutta su Netflix venerdì 22 gennaio. Le premesse sono circa le stesse di quando, nel 2004, abbiamo fatto la conoscenza delle Winx per la prima volta: un gruppo di ragazze magiche studia come affinare i propri poteri ad Alfea, una scuola speciale per fate diretta dell’austera Dowling (Eve Best).
Il gruppo è formato da Bloom (Abigail Cowen), una fata che ha scoperto la sua vera natura solo dopo 16 anni vissuti nel mondo degli umani, ignara dei suoi poteri; Aisha (Precious Mustapha), la fata dei fluidi nonché compagna di stanza di Bloom; Musa (Elisha Applebaum), fata della mente; Stella (Hannah van der Westhuysen), principessa di Solaria, il cui potere deriva dalla luce; Terra (Eliot Salt), infine, è la fata della natura, con la quale ha il potere di comunicare e interagire.
Dall’altra parte, sotto la guida del comandante Saul Silva (Robert James-Collier), si allenano gli Specialisti: giovani uomini e donne che imparano l’arte del combattimento per fare squadra con le fate di Alfea. Tra questi ci sono Sky (Danny Griffin), principe di Eraklyon e il ribelle Riven (Freddie Thorp), più Dane (Theo Graham), un nuovo personaggio creato per la serie.
Già dal primo sguardo si possono osservare alcune sostanziali differenze con la base di partenza: il gruppo delle protagoniste è ridotto, perché manca Tecna; Flora è diventata Terra, mentre Musa, abbandonato il potere legato alla musica, è diventata la fata delle emozioni umane. Ma, è il caso di ripeterlo, la serie non ha nulla a che fare con il cartone: è bene quindi sospendere il giudizio per addentrarsi nelle vere dinamiche di Fate: The Winx Saga.
Il target: non più i bambini, ma i giovani adulti
Nella sua versione animata, Winx Club è un prodotto rivolto ai bambini: trasformazioni, costumi, pose e gag ne sono infatti il cardine, uniti a uno show-off di valori positivi come l’amore, l’amicizia, la lealtà e molto altro. Ed è qui che la questione entra nel vivo: Fate: The Winx Saga è indirizzata ai giovani adulti, con tutte le differenze e implicazioni che ne derivano.
Fate e Specialisti, tanto per cominciare, possono essere uomini e donne senza distinzione: a cambiare è il loro ruolo in combattimento, non certo il loro genere. E tanto fate quanto Specialisti bevono, fumano, fanno festa, fanno sesso, ascoltano Dua Lipa, mettono storie su Instagram e si parlano alle spalle, ma fanno anche riferimento alla cultura pop, tra discorsi su Harry Potter e paragoni tra le fate di Alfea e Trilli di Peter Pan: la capacità della serie di restituire una fotografia accurata di cosa significhi avere 16 o 17 anni in ogni sfaccettatura dell’età è quasi chirurgica, e il fatto che l’ambientazione sia un college per fate non è un ostacolo.
Il fantasy qui è un complemento, non un di più: non è la solita serie di esseri sovrannaturali in un mondo di umani normali, ma piuttosto una che porta l’ordinarietà della vita umana in un mondo che può essere scosso da mostri e magie malvagie, senza che i due aspetti stridano l’uno con l’altro.
Ciò che soprattutto fa specie della serie, a maggior ragione se si conosce Winx Club, è proprio la perfetta imperfezione – tanto per riesumare un’espressione tra le più abusate del terzo millennio – dei protagonisti, che stride con l’aura impeccabile che Iginio Straffi aveva loro donato nel cartone animato, e che invece qui è la forza della serie: Bloom è immatura e impulsiva, Terra è logorroica e insicura, Musa fa la dura per nascondere le proprie fragilità, tanto per citare alcuni esempi. Le Winx sono persone e sono giovani donne, prima di essere fate, rappresentate nella maniera più calzante che ci possa essere. La differenza, ecco, è che hanno i poteri magici.
Obiettivo intrattenimento di Fate: The Winx Saga riuscito
Punti cardine della trama sono essenzialmente due: l’origine dei poteri di Bloom, scoperti solo in età adolescenziale, e le trame che la misteriosa Beatrix (Sadie Soverall) – nel cui nome echeggia quello delle Trix, le villain del cartone animato -, una delle studentesse di Alfea, tesse e serba per la scuola.
Il mood è spesso sinistro, cupo e tragico, non senza momenti felici o divertenti; l’intreccio di Fate: The Winx Saga scorre senza particolari intoppi lungo i sei episodi della serie, riservando anche qualche colpo di scena decisamente inaspettato: per quanto non siamo di fronte a un prodotto che tratta tematiche delicate o spinose né a una trama rivoluzionaria, l’obiettivo di intrattenere è raggiunto alla perfezione, lasciando anche un certo languorino per una eventuale seconda stagione. Il tutto con effetti speciali che non infastidiscono la visione, pur toccando qualche punta di trash in certi momenti, senza però rovinare l’esperienza.
In sintesi, le Winx sono cresciute (e noi con loro)
Volendo dunque tirare le somme, Fate: The Winx Saga si può considerare un esperimento riuscito sotto tanti aspetti. Per esempio, nel dimostrare il talento dei giovani protagonisti, tutti quasi esordienti e tutti decisamente promettenti; oppure, nel creare una serie dove l’elemento fantasy è una base di partenza e non una benedizione per pochi eletti, un po’ quasi a la Terrificanti avventure di Sabrina, ma con un guizzo del tutto nuovo.
Soprattutto, l’esperimento riuscito è quello di aver fatto maturare ed evolvere le protagoniste del cartone animato, seguendo la traccia di quello che un tempo era il target di Winx Club. I millennials più giovani e la generazione Z più anziana, a patto di essere scevri da qualsiasi piagnucolio e volontà di rivedere a tutti i costi nella serie Netflix una copia carbone dell’originale, non possono non rimanere soddisfatti dai sei episodi di Fate: The Winx Saga. Perché noi siamo cresciuti, e le fate di Iginio Straffi anche. E non è una cosa scontata.
Fate: The Winx Saga sarà disponibile su netflix dal 22 gennaio.