No One Killed Jessica (2011): recensione del thriller indiano
Passato in sordina per molti anni, No One Killed Jessica merita un'occasione per essere scoperto e apprezzato. Un thriller proveniente dall'India capace di stupire, con due interpretazioni da lodare.
Tratto da una sconvolgente storia vera e disponibile su Netflix, No One Killed Jessica è frutto di un lavoro accurato per descrivere un processo che ha sconvolto una intera popolazione. Un caso molto delicato viene portato alla nostra attenzione, e si tratta dell’omicidio a sangue freddo ai danni di Jessica Lal (qui interpretata da Myra Karn), una modella e barista alle prime armi uccisa con un colpo di arma da fuoco il 30 Aprile 1999, in un locale notturno a New Delhi. 300 testimoni oculari, di fronte a questa tragedia, non hanno voluto rilasciare dettagli schiaccianti in tribunale perché minacciati da importanti funzionari governativi, e il caso di Jessica restò in sospeso per ben 7 anni, dal 1999 al 2006. Il motivo è presto detto: l’autore dell’omicidio fu il figlio di un influente membro del Parlamento di Haryana, protetto e tenuto al sicuro da un sistema giudiziario corrotto e facilmente manipolabile. Sabrina (Vidya Balan), la sorella di Jessica in cerca di giustizia, e Meera (Rani Mukerji), reporter affamata di notizie scottanti da presentare in prima pagina e in prima serata nei notiziari, decideranno di affrontare a viso aperto tutti i componenti chiave di questo duraturo e impegnativo processo che ha rappresentato un punto di svolta nella storia del paese.
No One Killed Jessica: una regia serrata e due interpreti ispirate sono il punto di forza del film
Il regista e sceneggiatore Raj Kumar Gupta ha voluto dedicarsi ad un progetto rischioso, da trattare con cura e particolare attenzione nell’impostare ritmo e modalità di narrazione. Il caso di Jessica Lal è ancora vivo nello spirito di una nazione che ha tenuto testa ad un sistema fallibile, soggetto ad errori madornali. Cittadini che hanno voluto testimoniare con fermezza, ricoprendo una posizione di rilievo in una battaglia che sembrava già persa in partenza. La disperazione negli occhi di Sabrina – una travolgente Vidya Balan in un ruolo che lo ha lanciata nell’olimpo di Bollywood – è evidente: una sorella combattuta e privata di un affetto veramente importante, impreparata nel destreggiarsi fra giudici, imputati e testimoni oculari. La sola determinazione non basta per superare i numerosi scogli piazzati strategicamente da un nucleo composto da avvocati e politici intransigenti, intenti a salvare la propria pelle dalla gogna mediatica.
Una sfida molto più che ardua, che verrà rivalutata e messa in discussione da Meera (Rani Mukerji). L’interprete prende le redini della seconda metà di No One Killed Jessica e va iniettando una ingente dose di adrenalina, ribaltando le sorti delle indagini e scardinando, uno per volta, i soggetti più sensibili e malleabili di una storia che ha bisogno di una sua conclusione. Il film non conosce mai punti fermi e pause nell’intermezzo, facendo leva su due performance esaltanti e mai ridimensionate dalle direttive di un copione fluido e ben impostato. L’accoppiata formata dal duo Vidya Balan e Rani Mukerji stupisce per spontaneità e voglia di mettersi in gioco all’interno di una storia vera da rispettare e rendere accessibile a qualsiasi fascia di pubblico.
Le musiche giocano una parte di fondamentale importanza per delineare luci ed ombre di una realtà scomoda
In No One Killed Jessica il potere del singolo può affermarsi sulla pressione esercitata da un sistema politico incauto e pronto a fagocitare una vita innocente e totalmente estranea a questo mondo. La forza del film risiede in un solido rapporto di collaborazione fra il settore giornalistico e le persone che non hanno più tollerato ingiustizie e giochi di potere. Vittima di un crudele omicidio per futili motivi – l’uccisore ha sparato per non aver ricevuto un drink al bancone – , Jessica Lal rimane, ancora oggi, un simbolo di purezza e bontà d’animo nei cuori di una nazione già segnata da una devastante guerra contro il Pakistan, sulle terre del Kargil, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Il clima di tensione dominava sugli equilibri governativi, tanto da non poter permettersi ulteriori fallimenti; la reputazione vale molto di più della vita di una giovane ragazza.
Operando sugli spalti per coprire le tracce e garantirsi una fedina penale risistemata, Pramod Bharadwaj (Shireesh Sharma) – nome inventato per non coinvolgere i reali colpevoli della vicenda – viene accudito da un padre motivato e deciso a non finire dietro le sbarre. Si ritrae uno scontro mediatico elettrizzante, anche grazie all’intervento musicale di Amit Trivedi, un compositore molto richiesto in patria. La soundtrack è composta da gridi di battaglia e da un’energia inarrestabile che non conosce confini giudiziari, e funge da ponte di collegamento fra due attrici totalmente in parte e una minaccia che cresce di portata e scala col passare dei minuti. Notevoli i brani “Dilli” e “Dua”, intermezzi cantati che descrivono perfettamente la ribellione in atto per demolire le fondamenta di un processo modellato secondo principi del tutto errati.