L’ultimo paradiso – Riccardo Scamarcio e il cast: “necessità forte di raccontare le nostre origini”
L'intervista al produttore, sceneggiatore e protagonista Riccardo Scamarcio e al cast artistico e tecnico de L'Ultimo Paradiso, diretto da Rocco Ricciardulli, dal 5 Febbraio su Netflix.
Il tema dell’eterno ritorno in un paese che ci coccola e ci scuote nelle viscere. In un piccolo paese del sud Italia abbiamo contadini stanchi di lavorare la terra per conto di proprietari terrieri e donne in grado di supportare la frustrazione inespressa di uomini inclini allo scontro verbale. Questa è la storia di quattro caratteri forti ma al tempo stesso flebili, capaci di amare incondizionatamente ma anche di rendersi inermi di fronte ad un susseguirsi di eventi molto più grandi delle posizioni che vanno a ricoprire: Ne L’ultimo paradiso, Ciccio (Riccardo Scamarcio), Bianca (Gaia Bermani Amaral), Cumpà Schettino (Antonio Gerardi) e Lucia (Valentina Cervi) sono uniti da un senso di appartenenza comune, che si fa concreto ma può riservare delle svolte drammatiche di notevole intensità.
Il regista Rocco Ricciardulli riesce delicatamente a lavorare sul concetto di ritorno alle proprie origini, sul passaggio di testimone in una famiglia, quella di Ciccio, che ha bisogno di mantenere saldi delle radici che non si possono in nessun modo spezzare. Un cast variegato ha tutta l’intenzione di esercitare un’intesa palpabile, che va efficacemente a caratterizzare scenografie evocative e colori naturali che emergono senza ulteriori sforzi. L’ultimo paradiso è proprio l’ultima tappa da compiere per ricostituire una nuova base per la famiglia Paradiso protagonista, intenta a riunire componenti che sono molto distanti da casa.
“Quello che accade, le dinamiche che vediamo non sono così cambiate. Sono cambiati gli attori, ma il concetto di libertà e forza lavoro sfruttata è ancora presente e pressante. Ora accade con gli extracomunitari, e c’è l’esigenza di ottenere alcune risposte che mancano all’appello, delineando uno squilibrio netto che può far riflettere molto.” dice Rocco Riccardulli, il regista e sceneggiatore che ha descritto un paesino isolato ma ricco di dinamiche che possono generare un impatto non indifferente nei riguardi della famiglia Paradiso e di coloro che esercitano un influenza su di loro.
Riccardo Scamarcio sulle sue scelte produttive per L’ultimo paradiso e sui progetti di cui tener conto: “un metodo già collaudato che sta migliorando a vista d’occhio”
L’impegno e la dedizione acquistano una forma più definita all’interno della produzione de L’ultimo paradiso, e Riccardo Scamarcio, che svolge il ruolo di produttore, co-sceneggiatore e interprete principale, ci racconta la sua esperienza:
“È stato molto interessante: il metodo è già stato sperimentato con Pericle Il Nero (2016). Un work in progress che continua tutto il tempo. Ad esempio il finale di questo film l’abbiamo scritto a dieci giorni prima di girarlo, perché ad ogni fine giornata sul set ci parlavamo e frequentavamo anche i posti per ampliare la narrazione. Ci sono certamente dei rischi, ma è un lavoro che è durato diverse settimane, mi sono fatto carico di questa grossa responsabilità fino a quando abbiamo cominciato a girare e anche dopo le riprese con il montaggio da ritoccare. Questo metodo ha dato i suoi frutti perché siamo stati elastici, e le cose sono state più organiche anche senza risorse enormi. Bisogna sopperire a questa mancanza di budget cercando di imboccarsi le maniche e cominciando a zappare la terra.”
Passando invece per un vissuto da ritrarre nel film con doverosa accuratezza, l’interprete ci spiega: “Vi sono due elementi fondamentali che possono essere individuati nel film: lo sfruttamento, la disparità, la lotta di classe, e l’altro è la dinamica di chi vuole rifarsi e scappare dal posto in cui vive, e chi è andato via ma possiede il senso di nostalgia delle proprie radici. C’è un Italia che vive in ogni parte del mondo, è un paese che ha prodotto una migrazione importante. Il film mette in scena delle situazioni paradossali, anche difficilmente comprensibili rispetto a come dovrebbe essere un comportamento ideale. Mi sono interessato a questi paradossi, che sono venuti dalla penna di Rocco e ho voluto contribuire anche io alla scrittura dei personaggi e ai loro dialoghi molto accesi, che risuonano in un’atmosfera sospesa nel tempo.”
Conclude la considerazione sulle terre che gli appartengono, dicendo: “Non sono mai fuggito dalle mie terre. Abbiamo utilizzato anche dei posti che conosco molto bene. Essere produttore e interprete vuol dire riuscire a costruire un film da zero con elementi che possono anche riproporsi per alimentare la mia sete di curiosità, o colmare la mancanza di posti che ho collezionato nel mio cuore. Aver fatto tantissimi film e conoscere il set dall’interno mi ha spinto a imparare tutta una serie di meccaniche e gestualità che non conoscevo, ma ormai sono passati dieci anni con una gestione che sono riuscito a regolare al dettaglio.”
Nella morsa maschile bisogna farsi valere: l’intervento del duo di attrici Gaia Bermani Amaral e Valentina Cervi
La realtà del patriarcato nel film è un aspetto che non può non presentarsi, ricoprendo la quasi totalità della pellicola. Le co-protagoniste Gaia Bermani Amaral e Valentina Cervi ci raccontano come hanno voluto lavorare sui loro personaggi.
Gaia: “Bianca è un personaggio moderno, e rispecchia la donna di oggi. Cerca riscatto, libertà e giustizia: è una donna che non vuole sottostare a determinate regole che vigevano in una piccola comunità nel sud Italia. Rappresenta il ponte fra ieri e oggi, è importante il concetto dell’identità della donna. Bianca vuole imporre la propria identità, io esisto e mi ribello a mio padre padrone e al fratello violento. Si parte dal singolo per appiccare la miccia per un cambiamento epocale. Questo è l’aspetto più affascinante del mio personaggio. Caparbio ma al tempo stesso fragile, empatico, che vuole interessarsi ai pericoli e ai rischi di una comunità che deve far sentire la propria voce.“
Valentina: “Mi sono reso conto solo ora di quanto fossero opposti questi personaggi, Bianca e Lucia, ma anche le famiglie in cui sono. Bianca deve contrastare la figura del maschio preponderante e potente, le donne invece con Lucia portano avanti la famiglia. Si ribella a suo modo ma non può abdicare alla sua sofferenza, l’amore è capire che ci sono derive possibili. Mi piacciono queste differenze sostanziali, che descrivono perfettamente delle figure tridimensionali, con una comprensione maggiore al mondo maschile.”
“La libertà non morirà mai”: una battuta de L’ultimo paradiso che rimane impressa anche nell’atto finale
La libertà viene tolta, ma anche riacquistata. Il cast del film ci parla dell’importanza di questa parola, e di come viene interpretata al giorno d’oggi:
Riccardo: “È una frase estrapolata da un discorso un po’ più complesso, ma è comunque una cosa della quale siamo convinti. La libertà è una cosa che va cercata e difesa, assumendosi anche dei rischi. In questo senso è idealismo, una sorta di impegno da rispettare.”
Rocco: “Ciccio è un buon padre, che segue un proprio sogno con decisione ed estende un affetto sincero a piccole dosi. La libertà viene esposta con espressioni e occhi lucenti. C’è una sequenza di eventi dove vengono coinvolte due famiglie. Questa cascata di eventi è imprevedibile ma ho voluto raffigurarle come opportunità per intaccare la libertà e rafforzarla al tempo stesso.”
Gaia: “La libertà è movimento. Se non c’è libertà non c’è vita, è un ideale che l’umanità tenderà a realizzare e ricollocare in cima alle priorità durante il corso della sua esistenza.”
Valentina: “È un lavoro costante e molto impegnativo. La libertà di comprendere cosa sta succedendo lì fuori, è una conquista alla libertà. Ci vuole coraggio nel diventare impopolari per essere portavoci di una realtà che non si percepisce ancora, ma che deve essere portata all’attenzione di tutti.“