Big Sky: recensione del pilot della serie TV Disney+

David E. Kelley torna dopo Big Little Lies - Piccole, grandi bugie e The Undoing con la serie thriller Big Sky, dal 23 febbraio su Disney+.

Sono tante le proposte in arrivo nella nuova sezione di Disney+ Star il 23 febbraio. Oltre a film pluripremiati come Tre manifesti a Ebbing, Missouri e Alien e ai classici intramontabili Pretty Woman, Titanic e Moulin Rouge!, sono tante le serie tv che approderanno nei contenuti dedicati agli adulti di Disney. Tra queste la nuova serie thriller Big Sky, creata dal narratore visionario David E. Kelley, già autore di Big Little Lies e The Undoing, basata sul romanzo The Highway di C. J. Box.

Big Sky è un prodotto sicuramente meno innovativo degli altri due, che si inserisce in un filone di narrativa più lineare e stereotipato. Nel primo episodio, visto in anteprima, vengono messi a disposizione dello spettatore tutti gli elementi utili a sviluppare un’idea approssimativa ma abbastanza realistica di quello che ci attende. Il pilot è sicuramente affollato e serve a presentare i personaggi di questo thriller poliziesco che non punta a livelli altissimi, con una storia piena dei cliché.

Big Sky: la trama della serie TV

Nei 45 minuti della prima puntata facciamo la conoscenza dei detective privati Cassie Dewell (Kylie Bunbury) e Cody Hoyt (Ryan Phillippe) nella piccola città di Helena, nel Montana. I due uniscono le loro forze con l’ex poliziotta, Jenny Hoyt (Katheryn Winnick), moglie da cui Cody si è separato, per cercare due sorelle rapite da un camionista su una remota autostrada del Montana. Una delle ragazze in questione è la fidanzata del figlio di Hoyt, Justin (Gage Marsh), in viaggio insieme alla sorella.

big sky

L’inizio burrascoso è da serie TV di basso livello e vede i tre protagonisti implicati nel più banale dei triangoli amorosi, con Cassie e Jenny che se le danno di santa ragione – con tanto di rissa in un bar – per Cody. L’ex poliziotta e quasi ex moglie di Cody ha infatti scoperto che la sua amica è andata a letto con il collega. Nel bel mezzo della baruffa amorosa, il figlio di Hoyt chiama preoccupato perché la sua fidanzata, che doveva essere ormai arrivata da qualche tempo, ancora non si vede. I tre abbandonano, allora, le loro scaramucce per riprendere i ruoli di detective e attivarsi nella ricerca delle ragazze.

È qui che vediamo in azione altri due personaggi già presentati poco prima: il camionista Ronald Pergman (Brian Geraghty) e l’agente di polizia Rick Legarski. Il primo ci viene presentato come un uomo complesso e disadattato, che vive un rapporto conflittuale con la madre: il profilo del perfetto stalker violento. E infatti capiamo subito che Ronald non è una persona con cui scherzare quando alla prima occasione utile rapisce e uccide una prostituta. È in lui che le due ragazze si imbattono per caso durante il loro viaggio: dopo uno scampato incidente contro il suo camion, le due lo inseguono in un accesso di ingenuità. Tant’è che, come nella più classica delle tradizioni, proprio quando sembra tutto finito, la loro macchina decide di morire nel bel mezzo del nulla. Lungo una strada, di notte, al buio. Vedendo apparire i fari del camion in lontananza nella strada deserta già sappiamo cosa succederà da lì in avanti.

A questo punto entra in scena l’agente Rick, descritto come un uomo semplice dal matrimonio insoddisfacente, che fa parte di una piccola comunità e ama il suo lavoro. Sembra altruista e benevolo, proprio come ci aspetteremmo che fosse un qualsiasi “sceriffo” di una città del Montana. Ad interpretarlo c’è il grande John Carroll Lynch (Zodiac, American Horror Story) che conferisce al suo Rick Legarski uno spessore non da poco e mette tutti noi in guardia: sicuramente le cose non sono semplici come vogliono farci credere. La conferma arriva sul finale, con un plot twist che sarebbe d’effetto se non stessimo parlando di un thriller.

L’indagine prosegue con la scoperta che Grace e Danielle non sono le prime ragazze a scomparire in quella zona. Parte allora una lotta contro il tempo per trovarle e scoprire di più sulle altre sparizioni.

Big Sky: tra stereotipi e cliché

Ci si aspettava di più da Big Sky e dal suo autore David E. Kelley? Forse sì, ma è ancora presto per dirlo. Quello che possiamo notare dal primo episodio è una certa mancanza di innovazione che rende il prodotto un ritorno non troppo gradito ai tempi passati. Davvero dobbiamo ancora assistere a donne che si spaccano le ossa per un uomo che fa il galletto con entrambe? Se poi pensiamo che una delle due ha interpretato Lagertha (Vikings), uno dei più grandi personaggi al femminile mai apparsi sul piccolo schermo…

Le nostre aspettative erano alte soprattutto dopo aver visto il grande lavoro fatto al femminile con Big Little Lies, che messo a confronto con Big Sky sembra appartenere a un altro universo narrativo. L’unico punto davvero a favore della serie è quello di aver scelto Jesse James Keitel, genderqueer, per la parte della prostituta in uno show trasmesso in prima serata (in America Big Sky va in onda su ABC ogni martedì). L’entusiasmo cade quando ci rendiamo conto che il suo ruolo è complice del più alto degli stereotipi: la prostituzione. Perché offrire a un personaggio genderqueer una linea narrativa differente quando si può tornare ai cari vecchi cliché televisivi?

Insomma, un primo episodio senza lode e senza infamia, che mette tanta carne al fuoco in un guazzabuglio poco moderno. Dovremo attendere l’uscita su Disney+ per vedere come verranno districati i nodi.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 2

3