Pelé: il re del calcio – recensione del documentario Netflix
La vita di Edson Arantes do Nascimento, al secolo Pelé, raccontata da Ben Nicholas e David Tryhorn in una biografia che ne ripercorre le tappe salienti, dall’infanzia al ritiro dal calcio giocato.
Maradona è meglio di Pelé, un’affermazione che da decenni si è tramutata in un’accesa diatriba che ha diviso e continua a dividere i “filosofi del pallone” su chi è il giocatore più forte di tutti i tempi. Non è mai stato facile e mai lo sarà schierarsi da una parte o dall’altra, anche adesso che il El Pibe de Oro ci ha lasciati. Una cosa però è certa: a contendersi il titolo, semmai ce ne fosse veramente bisogno, resteranno sempre e soltanto loro due. Per il resto c’è spazio solo sul gradino più basso del podio.
Pelé: il re del calcio racconta la vita dentro e fuori dal rettangolo di gioco del leggendario giocatore brasiliano
Tra quelli che hanno scelto di incoronare ‘O Rei c’è il regista scozzese Kevin Macdonald, che nelle vesti di produttore esecutivo ha affidato a Ben Nicholas e David Tryhorn il compito di spiegarne i motivi nel documentario Pelé: il re del calcio, approdato nel catalogo di Netflix il 23 febbraio. Il duo lo ha fatto firmando la regia di una biografia che ne ripercorre le tappe salienti, dall’infanzia al ritiro dal calcio giocato, sviluppando il racconto su un arco temporale più esteso rispetto a quello coperto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist nel loro film di fiction dedicato alla vita di Edson Arantes do Nascimento, al secolo Pelé. La pellicola del 2016, infatti, termina il suo cammino narrativo laddove la leggenda è di fatto nata, ossia quando l’allora diciassettenne di Santos trascinava con i suoi goal la Seleção alla vittoria del suo primo mondiale nel 1958 andato in scena in Svezia. Dunque, seppur seguendo traiettorie e modus operandi diversi, le due opere si completano a vicenda, dato che nel documentario le fasi che riguardano l’infanzia e l’adolescenza del protagonista vengono liquidate in un battito di ciglia. Motivo per cui la visione rappresenta un’opportunità per i cultori della materia e per il pubblico in generale di approfondire la figura del grande calciatore brasiliano, qui “radiografata” da un progetto che prova a raccontare l’uomo oltre le gesta compiute sul rettangolo di gioco.
Nel documentario targato Netflix, Pelé racconta e si racconta ripercorrendo le fasi salienti della sua carriera dall’infanzia al ritiro
Per farlo gli autori hanno affidato il testimone direttamente a lui, che in una stanza spoglia e anonima, con ottant’anni alle spalle e una forma fisica visibilmente precaria, racconta e si racconta alla macchina da presa quasi fosse una confessione pubblica. Una stanza che Pelé stesso riempie di parole, aneddoti e riflessioni a voce alta, nella quale di tanto in tanto ci scappa anche qualche lacrima quando rievoca l’importanza che per lui ha avuto il trionfo del terzo e ultimo mondiale da lui disputato in Messico nel 1970. Il documentario diventa così l’occasione per riaprire il cassetto dei ricordi e riavvolgere le lancette dell’orologio per quella che di fatto è un’auto-ritratto dal gusto inconfondibile della celebrazione. Quella alla quale Nicholas e Tryhorn, il protagonista in primis e il coro greco chiamato in causa (composto da parenti, compagni di squadra al Santos e in nazionale, giornalisti, amici e politici), hanno accettato di prendere parte. E lo sarebbe a tutti gli effetti se non fosse per alcune ammissioni di colpevolezza sulla neutralità assunta durante il periodo della dittatura in Brasile e sull’infedeltà alla moglie Rose, per il quale uno stanco e provato Pelé decide di fare un mea culpa. Ed è attraverso di esse che il documentario prova a restituire sullo schermo un controcampo più intimo e umano del soggetto intervistato, che con queste finestre aperte nella timeline porta lo spettatore di turno dalla sfera sportiva a quella privata.
Alla base di Pelé: il re del calcio c’è una biografia dalla struttura classica, ben supportata da materiali d’archivio preziosi e inediti
Ciononostante in Pelé: il re del calcio la bilancia del racconto continua a pendere più dalla parte della celebrazione del giocatore divenuto un simbolo di emancipazione per una nazione intera, soprattutto quando la dittatura in Brasile ha soffocato la libertà di un popolo. L’uomo con il suo carico di fragilità e debolezze, paure e dubbi, gioie e dolori, emerge a tratti. Siamo lontani dal come ad esempio un Asif Kapadia è riuscito a mettere a nudo Diego Armando Maradona, mostrando le facce di una stessa medaglia nel ritratto a lui dedicato nel 2019. Ciò che resta è più di ogni altra cosa un’epopea calcistica, quella che si alimenta con i goal (1283 in 1367 partite tra club e nazionale e unico ad avere vinto tre coppe del mondo) e le indimenticabile gesta su un tappeto verde di un giocatore. Il tutto sullo sfondo di un’era turbolenta che scorre parallela mediante una raccolta di preziosi e inediti materiali d’archivio, meticolosamente ricercati e accuratamente utilizzati a commento.
Pelé: il re del calcio è disponibile su Netflix dal 23 febbraio 2021.