Berlinale 2021 – Next door: recensione del film di Daniel Brühl
Daniel Brühl ha scelto la Berlinale 2021 per presentare il suo debutto come regista di un lungometraggio che lo vede anche protagonista: Next door è infatti presentato in competizione al festival tedesco di quest’anno e assume la forma di un racconto che sembra essere molto autobiografico. La trama ruota tutto intorno a un dialogo in un bar tra Daniel e Bruno. Daniel è un giovane attore, fortunato e di successo: vive in una bellissima casa a Berlino insieme alla moglie e al figlio, teneramente accudito dalla tata Concita, alternando vita familiare a importanti casting. Subito prima di recarsi in aeroporto per volare verso il provino che dovrebbe fargli ottenere il ruolo della vita, Daniel si ferma nel bar sotto casa per un caffè insieme all’amica barista. Al bancone del bar però incontra Bruno, un uomo piuttosto schietto e curioso, con il quale inizia una conversazione che attraversa tutta la sua vita, trasportando i protagonisti in una spirale discendente verso il profondo della sua intimità.
L’impressione che si crea ben presto è che tra i due uomini ci sia un legame affiatato, una connessione recondita che porta Bruno a rivelare lentamente a Daniel ogni piccolo dettaglio della sua stessa vita. L’attore si trova a questo punto a vacillare di se stesso, a mettere in discussione il suo ruolo e le sue priorità, finendo con l’abbandonarsi definitivamente alla potenza delle parole di Bruno.
La teatralità di Next door
L’impostazione fortemente teatrale di Next door e la sua predilezione per una certa verbosità, tale da mettere in mostra la sua estrema versatilità linguistica e di ruoli, definiscono la volontà del regista/attore di mettersi in mostra, di gestire lui stesso in prima persona la crescita e lo sviluppo di tutti l’intero film. L’aspirazione di Daniel Brühl è evidente, avendo costruito insieme allo sceneggiatore Daniel Kehlmann un testo strutturato come un’escalation. Con il progredire della conversazione tra i due protagonisti al bancone del bar, Daniel stesso attraversa una serie molto ampia di stati d’animo che si riflettono direttamente sulla sua performance attirare. Dal cortese distacco alla timida complicità, dal subdolo sospetto fino alla violenza più esplicita: tutto il ventaglio di emozioni possibili passano sul volto di Daniel Brühl che si contrappone invece a quello di Bruno, sul quale le emozioni assumono tutte le sembianze di una pragmatica consapevolezza.
Intorno ai due si alternano altri personaggi che però non lasciano tracce tangibili del loro passaggio, ma danno solo corpo a sospetti e sensazioni che scaturiscono direttamente dalle parole del dialogo centrale, in qualche modo amplificando i sospetti e le agnizioni che di volta in volta si alternano. Di fronte al dialogo di questi due giganti (poiché tali diventano i protagonisti con lo scorrere del tempo e delle inquadrature) tutto il resto passa in secondo piano, lasciando che ogni angolo delle immagini si riempia del significato della conversazione stessa.
Next door: la centralità del dialogo nel film di Daniel Brühl
A sottolineare questa assoluta centralità del dialogo, Next door cancella ogni incursione dall’esterno e crea una sorta di bolla che aliena i due uomini seduti accanto al bancone di un bar da mondo esterno. Ognuno dei due diventa lo specchio dell’altro e continua a indagare se stesso attraverso gli occhi dell’altro e in questo continuo riflesso tra i due si esaurisce tutta la spinta del film, orientato alla costruzione del personaggio di Daniel come una figura a tutto tondo e ampiamente esplorata.