Berlinale 2021 – Celts: recensione del film di Milica Tomović
Celts è un ritratto affettuoso e urgente della Serbia popolare degli inizi degli anni '90, firmato da Milica Tomović.
Nella sezione Panorama della Berlinale 2021 è approdato anche Celts di Milica Tomović, un ritratto affettuoso e urgente della Serbia popolare degli inizi degli Anni ’90. L’ottavo compleanno della figlia è l’occasione per Marijana per dare una festa in maschera: mentre i bambini sono tutti riuniti in una stanza separata intenti a divertirsi, gli adulti si rilassano con qualche birra ritrovando parenti stretti e vecchie conoscenze. Con il passare dei minuti però la conviviale riunione diventa sempre più un nodo fatto di vecchi attriti, di incomprensioni e di diverse idee politiche e sociali. Ma soprattutto iniziano a emergere le frustrazioni di ogni personaggio sempre più insofferente nei confronti degli amici che ha intorno. Prima fra tutti la stessa Marijana, che è stanca di dover contare i centesimi per fare la spesa dei accontentarsi di una vita familiare che le va stretta, con un marito che con tutta probabilità non l’ha mai desiderata. Così, dopo i primi screzi innescati durante la festa, Marijana esce in cerca di emozioni forti e sincere, facendosi travolgere dal caso e dalle persone che incontra passo dopo passo. Il montaggio alterna la liberazione clandestina della madre di famiglia e le discussioni casalinghe, che si annodano sempre più, mescolando senza soluzione di continuità amori del passato, politica incerta e musica in divenire, mentre in ogni stanza della casa per un paio d’ore tutti (bambini compresi) vivono ognuno un dramma personale diverso.
Celts è un ritratto affettuoso e urgente della Serbia popolare degli inizi degli anni ’90
Secondo le stesse dichiarazioni rilasciate dalla regista di Celts, l’intento era quello di proporre un ritratto di famiglia che fosse più vicino alla realtà e che sapesse rendere meglio l’essenza del tempo rispetto a tante riflessioni documentarie sul mondo post sovietico e sui concetti stessi di “Yugoslavia” e “socialismo”. Gli elementi di commedia non mancano, regalando molte opportunità di far affiorare un sorriso amaro, ma sono anche molti i momenti di tenerezza, come un bacio rubato, uno quasi rubato o un incendio sventato giusto in tempo. L’identità dei personaggi viene interrogata a più riprese in ogni sua forma, costruendo una fitta rete di rimandi tra la dimensione individuale e quella di un intero Paese, che si è trovato a dover violentemente ritrovare un proprio equilibrio, affrontando quindi tutte le contraddizioni finora tenute nascoste, con lo stesso timore e la stessa determinazione con cui Marijana si affaccia al portone di casa, pronta a scoprire il mondo esterno.
Tutte le fasi della vita nel film di Milica Tomović
All’interno della casa di Celts si ritrovano anche tutte le fasi della vita, dall’infanzia ingenua e spontanea all’adolescenza dei primi rifiuti e dei primi gesti azzardati, fino all’età adulta, che per Tomović diventa sinonimo di costrizione e rassegnazione, almeno fino a quando la pressione dell’insofferenza non porta troppo vicino all’implosione e a quel punto solo la scelta di prendere decisioni difficili può salvare. La fotografia e gli aspetti estetici di Celts confondono le acque, rendendo fluido lo spazio condiviso dai personaggi, giocando con oggetti e colori che si ripetono in ogni stanza e su di ogni protagonista, tanto che diventa difficoltoso in certi momenti distinguere gli eventi e riconoscere immediatamente i personaggi coinvolti. In questa sorta di confusione sono soprattutto le vicende amorose a mescolarsi: giocando nel buio della corrente saltata, sotto le coperte in piena luce, presi dall’entusiasmo di una canzone rock, molti personaggi fanno la loro mossa, pronti ad affrontare le conseguenze che, nel peggiore dei casi, lasciano immutato lo status quo.