Quella volta che Walter Chiari e Carlo Campanini rappresentarono parte degli italiani con l’esilarante sketch del Sarchiapone
Chi è il Sarchiapone? Per i napoletani ha un significato, ma cosa rappresenta per Walter Chiari?
Se andaste a Napoli, potreste sentire dire in giro, in modo scherzoso il termine Sarchiapone. Ma cosa significa questo termine partenopeo e perché Walter Chiari decise di utilizzarlo in un suo sketch del 1958?
Il termine Sarchiapone ha origini antiche: deriva dalla parola greca, che significa carne ed è entrato nell’uso comune fin dal 1600. Comparso per la prima volta da Giambattista Basile nella novella Peruonto, il sarchiapone è diventato poi per i napoletani una persona credulona e goffa, senza un po’ di cervello. Oltre i napoletani, pochi saprebbero dirvi cosa significa effettivamente questo termine, tanto che sorprese tutti l’ultilizzo da parte di Walter Chiari del termine nella puntata del programma Rai La via del successo.
Lo sketch di Walter Chiari insieme a Carlo Campanini
La scena in questione era ambientata in uno scompartimento ferroviario affollato. Uno dei passeggeri (Companini), attirando l’attenzione su di sé affermava di portare sempre un sarchiapone americano durante i suoi viaggi. Un altro passeggero (Chiari), fingendo di sapere cosa fosse, intratteneva una chiacchierata con il proprietario del sarchiapone. Durante la conversazione, ormai troppo tardi per ammettere di essere ignorante in merito, continuava a descrivere il sarchiapone come un animale sempre più spaventoso. A un certo punto, vedendo che il suo interlocutore era ormai sull’orlo della disperazione, il padrone del fantomatico sarchiapone ammise che quello non era altro il nome di un animale inventato, che usava per terrorizzare i passeggeri e viaggiare da solo in cabina.
Da allora, il sarchiapone deve ringraziare Walter Chiari per essere conosciuto anche in tutta Italia, anche se in un’accezione completamente diversa da quella napoletana. Per chi ha vissuto nella generazione del Chiari, il sarchiapone non era altro che “qualcosa di strano e indefinibile”. Dopo questa prima messa in onda, lo scketch tanto famoso fu riproposto nel 1973 – durante il programma L’appuntamento – e poi nel 2016 in Sogno o son desto di Massimo Ranieri.