FESCAAAL 2021 – Los Lobos: recensione del film di Samuel Kishi Leopo
Los Lobos (The Wolves) è un racconto intimistico, una favola sull'immigrazione e la povertà vista attraverso gli occhi di due bambini.
Al 30esimo FESCAAAL, Festival del cinema Africano, Asia e America Latina è stato presentato Los Lobos (The Wolves), il nuovo film di Samuel Kishi Leopo. L’opera si presenta come una favola sull’immigrazione e la povertà, dove i piccoli gesti quotidiani di due bambini ne racchiudono il senso più profondo. È l’altra faccia del sogno americano, la speranza tanta agognata di un futuro di ricchezze e possibilità. Ci sono coloro che lo realizzano, e coloro che rimangono nel mezzo, fermi, emarginati e sprovvisti dei mezzi per realizzarlo. Il sogno si scontra spesso con la dura realtà, con le barriere e i muri eretti per proteggersi dall’estraneo. L’american Dream è un concetto etereo, inafferrabile come l’acqua. Lo puoi vedere, ne puoi sentire parlare attraverso le “leggende”, ma a pochi è concesso viverlo. Questa è l’ambiguità del mondo occidentale, fatto di finte promesse e bei sorrisi. Perché dietro al muro, molti, sembra rimanerci anche dopo averlo valicato. Ed è proprio questo che racconta Los Lobos, di coloro che rimangono ai limiti della società, nascosti. Eppure, profondamente forti contro le avversità di una società che ti vorrebbe imbrigliato ad uno stereotipo.
Gli occhi dell’innocenza che osservano il mondo
Los Lobos racconta la storia di Max e Leo che, insieme alla madre Lucia, hanno da poco attraversato il confine tra Messico e Stati Uniti. La donna è partita alla ricerca di una vita migliore, per sé e per i suoi figli. Ciò che si troveranno davanti sarà un luogo di difficoltà, di porte chiuse in faccia e di locali angusti: i paesi di frontiera. Lucia esce ogni giorno per andare a lavorare, lasciando i due bambini da soli a casa. Poche regole incise su di un registratore e la promessa di visitare Disneyland, questi i mantra dei piccoli. Il loro è mondo fatto di fantasia, di lupi ninja e sfide quotidiane, di noia e speranza. Non tutto sarà perfetto, ma i giovani lupi sapranno trovare nelle persone un aiuto inaspettato.
Il film segue una narrazione lenta, fatta di piccoli gesti e intime rivelazioni. Samuel Kishi Leopo non abbraccia il percorso della montagna, fatto di vette e strade tortuose, ma quello della calma pianura. Los Lobos non vive di grandi momenti e tragiche situazione; non ricerca l’emozione facile dei film di genere. La povertà non ha bisogno di enfasi, di musiche struggenti che ci ricordano di dover piangere. Il film è un racconto intimo, visto attraverso gli occhi di due bambini, protetti dal grembo sicuro della madre. Quest’ultima, come un uccello, crea il nido per i suoi piccoli, ancora incapaci di spiccare il volo. E allora, in quel nido sicuro, creano il loro mondo di fantasia, dove le loro controparti sfidano le avversità con grande coraggio. I due giovanissimi attori sono bravissimi, e dalla loro c’è il fatto di essere fratelli anche nella realtà. Al più grande vanno le scene di maggiore spessore. Infatti, è lui primo a confrontarsi con luci e ombre di un mondo ancora sconosciuto. Volti gentili e amorevoli si alternano a situazioni di droga, spaccio e violenza. Max non ne prende mai parte, ma ne vede le piccole briciole lasciate per terra.
Los Lobos: un’opera intimistica carica di speranza
L’opera di Samuel Kishi Leopo ha una struttura semplice e lineare, e senza perdersi in digressioni troppo ampie racconta la sua storia. Una storia personale, intrecciata con il suo passato, dove al centro c’è l’infanzia e la speranza. Le musiche, che fanno da cornice a questa favola intimistica, ben si intrecciano al racconto. Il film forse risente della mancanza di qualche picco narrativo, di una piccola dose di adrenalina, ma nel complesso si fa guardare fino alla fine con pieno trasporto. Comunità, gentilezza e redenzione. Sono questi gli assi su cui si muove Los Lobos. La chiesa che aiuta la gente del posto, la signora Chang che come una nonna amorevole si prende cura di Max e Leo, e infine il ragazzino che sceglie di fare la cosa giusta. Ognuno di loro aiuta infine la famiglia a trovare un proprio spazio, a rendere più grande quella casa che sembrava una prigione. Disneyland è un grande sogno, e infine sembra il sogno di qualcun altro, perché anche un piccolo parco si può dimostrare il più bello del mondo. Il film è stato premiato alla Berlinale 2020 con il Gran Premio della Giuria Generation KPlus e Peace Film Prize.