FESCAAAL 2021 – Celles qui restent: recensione del film di Ester Sparatore
Celles qui restent di Ester Sparatore è un documentario intelligente e ben curato sulla lotta delle donne-fotografia tunisine.
Al FESCAAAL 2021 è stato presentato il nuovo documentario di Ester Sparatore, Celles qui restent, vincitore del premio come miglior film al Concorso Biografilm Italia. Prodotto dalla Kino Produzioni e distribuito dalla Antani in collaborazione con Kio Film, l’opera è disponibile in streaming su ZalABB e MioCinema. La regista, e sceneggiatrice, si sposta geograficamente dal film precedente, seguendo comunque una linea tematica ben definita. Dalle coste di Lampedusa dov’era ambientato Mare magnum (il film diretto insieme a Letizia Gullo), Sparatore arriva in Tunisia, epicentro dell’immigrazione. Se in Mare magnum aveva seguito chi arrivava, in Celles qui restent segue le vicende, appunto, di chi resta. Da questo punto di vista, le ultime due produzioni possono esser viste come una duologia. Storie separate dal mare, eppure così vicine come le coste dell’Italia e della Tunisia. È il racconto di uomini e donne, della loro sfida quotidiana per una vita dignitosa; o anche solo per una piccola risposta che potrebbe cambiare la vita. Perché è di questo che si parla, di diritti, e nel particolare del diritto di sapere a quale destino sono stati condannati i cinquecento migranti che tra il 2010 e il 2012 hanno lasciato la Tunisia. Cinque imbarcazioni scomparse di cui ancora oggi non si sa niente.
Celles qui restent: la storia di Om El Khir
Per il suo Celles qui restent, Sparatore ha deciso di navigare verso “l’altra sponda”, e raccontare così la storia di Om El Khir e dell’associazione “la terre pour tous”. È la storia delle donne-fotografia, donne che lottano per ottenere la verità sui loro figli, mariti e fratelli scomparsi tra il 2010 e il 2012 durante la Primavera araba, e imbarcati per raggiungere Lampedusa. La loro è una lotta che va vanti ancora oggi, davanti al ministero dell’interno, all’ambasciata italiana a Tunisi, per le strade e le città. Ma la verità rimane celata, e le autorità silenti. Questo ha portato a varie teorie sul destino di queste persone, di volti prima di numeri. Molte di queste donne sostengono di aver visto i propri cari nelle riprese dei tg italiani e nazionali. Altri sostengono che siano finiti in qualche prigione o peggio, che non abbiano mai toccato terra.
La regista segue i piccoli passi di Om El Khir, dalla sua vita quotidiana all’incontro con altri membri dell’associazione. L’occhio della camera è un investigatore attento, certo, ma gentile e rispettoso difronte a confidenze e tradizioni. Il documentario ci mostra riti religiosi, l’Eid e la circoncisione dei giovani. Un modo questo di raccontare una vita fatta di assenze e si, anche di rapporti profondi che vanno ad instaurarsi all’interno di una comunità; in questo caso della società tunisina.
Le donne-fotografia riprese dall’occhio attento e gentile di Ester Sparatore
Il tempo di Celles qui restent scorre insieme alla lotta di Om El Khir. Si fa racconta del tempo che scorre, per la donna quanto delle persone a lei vicine. Sparatore gioca su elissi e stacchi temporali. La protagonista cambia, i giovani crescono, eppure tra routine momenti intimi la verità tarda ad arrivare. La guerra, prima decisa e organizzata, si fa sempre più sofferta. Lo vediamo dagli occhi e dai volti delle donne-fotografia, sempre più esasperate dal loro ruolo. Un ruolo non richiesto, ma che hanno deciso di accettare per un bene superiore, per non lasciare nel facile vuoto dell’indifferenza tutti quei volti che, prima di essere una semplice fotografia, erano persone con una vita.
Celles qui restent è curato con gentilezza e attenzione, con rispetto verso le vittime del silenzio. Sparatore non forza l’emozione dei suoi interlocutori, attende paziente che essi si abituino alla sua presenza. Una presenza mai invadente, capace al contrario di farsi quasi terapeutica. Una rassicurazione, un modo ultimo di proseguire la lotta anche attraverso il mezzo cinema. La regista siciliana sa bene come muoversi, come riprendere persone reali e farsi indietro quando la situazione lo richiede. Il documentario si fa seguire nella sua ricerca senza fine, senza conclusione. Celles qui restent non si avvale di un messaggio, uno scopo ultimo su cui si muove tutta la narrazione. Il film racconta di una vita, di tante vite che si uniscono; un ottimo documentario che racconta, purtroppo, una pessima realtà.