Gli Irregolari di Baker Street: recensione della serie teen-horror su Netflix
Magie rituali e uno Sherlock diverso dal solito per gli Irregolari di Netflix.
Pensavate di aver visto ormai Sherlock Holmes in tutte le salse? Sbagliato. Ne manca una: quella teen-horror, atmosfera in cui Gli Irregolari di Baker Street (The Irregulars), novità sul catalogo di Netflix, catapulta il leggendario detective del 221B insieme con il dottor Watson. Il risultato è sicuramente inedito e anche piuttosto interessante, pur con qualche riserva. Ma andiamo con ordine.
Gli Irregolari di Baker Street, il sovrannaturale nella Londra vittoriana
Creata da Tom Bidwell e disponibile dal 26 marzo, Gli Irregolari di Baker Street si concentra su un gruppo di adolescenti dei bassifondi della Londra vittoriana, riprendendo quindi l’ambientazione dai romanzi originali di sir Arthur Conan Doyle. Bea (Thaddea Graham), sua sorella Jessie (Darci Shaw), Spike (McKell David) e Billy (Jojo Macari) sono quattro ragazzi dal passato burrascoso, tra istituti per orfani e povertà, che vengono assoldati dal dottor John Watson (Royce Pierreson) per indagare su una serie di casi che stanno scuotendo la città. Particolarità: hanno tutti a che fare con il sovrannaturale.
Al gruppo si aggiunge da subito Leopold (Harrison Osterfield), giovane rampollo della Corona inglese che, desideroso di vivere avventure fuori dal palazzo, dove viene tenuto sotto stretto controllo per via dell’emofilia che lo affligge, che con le sue conoscenze del mondo e delle persone dell’alta società londinese riesce a coadiuvare Bea e gli altri. Ma la vera chiave di volta nella risoluzione dei casi, e della trama orizzontale della prima stagione della serie, sono i poteri di Jessie, dapprima sopiti e poi, man mano, sprigionati: da incubi senza senso, diventano presto facoltà di indagare nel passato delle persone.
Canone sì, canone no
Se nelle premesse il canone sherlockiano è rispettato alla perfezione, con Gli Irregolari al soldo del 221B di Baker Street perché, come spiega Watson, possono arrivare ovunque provenendo dai bassifondi (i Baker Street Irregulars, per chi non lo sapesse, esistono dal romanzo Uno studio in rosso del 1887, e il loro nome è stato nel tempo utilizzato anche da associazioni letterarie) è nella sfumatura sovrannaturale che lo si perde completamente, arrivando a sviluppi mai visti prima nella saga del famoso detective.
Detective che qui, peraltro, appare ben diverso sia dal gentleman inglese della tradizione, sia da tutti gli Holmes scapestrati, geni folli e altre incarnazioni apparse al cinema e in televisione negli ultimi anni. Lo vediamo infatti ombra di se stesso, sfatto, drogato. L’interpretazione di Henry Lloyd-Hughes lo trasforma in un personaggio completamente diverso, il che da una parte introduce una novità, ma dall’altra rappresenta probabilmente il punto debole di tutta la serie.
E se Gli Irregolari di Baker Street funzionassero anche da soli?
L’idea dietro Gli Irregolari di Baker Street non è male, e anzi: la scelta di affrontare diversi casi in stile procedural anziché un solo problema lungo tutta la stagione lo rende un po’ diverso da altri prodotti teen targati Netflix, come Fate: The Winx Saga e Stranger Things, dai quali comunque non riesce a discostarsi del tutto, per mood, per quei piccoli cliché del genere, per legame con il già citato elemento sovrannaturale. Che rappresenta poi, come accennato, un punto di rottura con il canone sherlockiano e che forse avrebbe dovuto prevalere, lasciando da parte i mostri sacri della letteratura.
La serie infatti si reggerebbe benissimo in piedi anche senza l’assist di Holmes e Watson: l’ambientazione e la trama lo renderebbero una specie di X-Files vittoriano che, strizzando l’occhio a L’Alienista, avrebbe trovato una sua collocazione nella mitologia sovrannaturale televisiva. Così, purtroppo, Gli Irregolari di Baker Street si incaglia in qualcosa di più grosso, senza pienamente riuscire a giustificare una così potente rottura con il proprio materiale di partenza e anzi, rischiando di causare qualche malumore nei puristi.
Intendiamoci: Gli Irregolari di Baker Street resta un buon prodotto di intrattenimento, con sviluppi interessanti e trame verticali che sapientemente ne compongono una orizzontale, accompagnando lo spettatore in un piacevole viaggio lungo gli otto episodi della prima stagione. Tuttavia, il suo forzato legame con il 221B di Baker Street le impedisce di trovare una propria identità per emergere al meglio in un panorama televisivo fin troppo spesso costellato di spin-off, rifacimenti e riedizioni poco giustificate.