Il mio corpo vi seppellirà: recensione del film western di Giovanni La Pàrola
Da premesse intriganti e affascinanti, Il mio corpo vi seppellirà, disponibile per l'acquisto sulle piattaforme on demand, segna una direzione molto chiara e precisa sul fronte dell'intrattenimento disimpegnato, con una regia ispirata e un cast di attrici da premiare.
Il mio corpo vi seppellirà è un nuovo western italiano ambientato nel Regno delle Due Sicilie e in un periodo temporale molto preciso: 1860, un anno prima della Restaurazione all’Unità d’Italia. Come protagoniste assolute troviamo Errè (Miriam Dalmazio), Maria (Antonia Truppo), Lucia (Magareth Madè) e Ciccilla (Rita Abela), brigantesse in azione che possono contare solo su loro stesse. Sullo sfondo dell’occupazione delle truppe piemontesi su tutto il territorio, servendo il re Vittorio Emanuele II, viene presentata una storia di vendetta arguta e molto ben contestualizzata. Tra flashback e sezioni temporali alternate, preparate appositamente per impreziosire il racconto dal ritmo serrato, Il mio corpo vi seppellirà è più che consapevole di riuscire a rielaborare il genere western, aggiornandolo con una direzione fresca e particolarmente vivace.
Il mio corpo vi seppellirà: un cast corale di tutto rispetto
Iniziamo subito stendendo le lodi a tutto il cast femminile proposto in questa seconda opera di Giovanni La Pàrola, che si è occupato anche della sceneggiatura; le brigantessse, mettendo in scena una personalità sfacciata e poco rappresentata nel nostro panorama cinematografico, sono il motore trainante del film. Ogni spunto è valido per inserire una discreta dose di ironia, apportando più forma e sostanza ad una storia che inizialmente può disorientare. Il periodo storico ritratto non rientra tra i soggetti più richiesti nel nostro mercato, e si sente la necessità di aggiornare il materiale a disposizione con una mano sicura dietro la macchina da presa e con influenze ricercate nel cinema post-moderno.
Ecco che interviene prontamente una direzione agile, molto ben preparata e sicura di sé: La Pàrola cerca di incarnare perfettamente un’atmosfera scanzonata, ricca di personaggi che lasciano il segno, dalla lingua biforcuta – piccola parentesi da riservare a villain indovinati per character design e presenza scenica – o capaci di sfornare battute pungenti. Tornando alle protagoniste, il quartetto composto da Miriam Dalmazio, Antonia Truppo, Margareth Madè e Rita Abela sono sufficientemente autonome, libere di esprimersi al meglio delle loro potenzialità. La loro chimica è fondamentale per alimentare la meccanica della scomposizione a livello narrativo e renderla piacevole da seguire.
Un montaggio inusuale che rompe le regole del racconto lineare nel film western di Giovanni La Pàrola
In questo modo lo spettatore rimane, in maniera del tutto inaspettata, coinvolto in un fuoco incrociato di doppi-giochi, fazioni messe in discussione, rocamboleschi episodi e rivelazioni illuminanti, utili per ripercorrere dei passaggi messi sistematicamente in ombra dalla sceneggiatura. Il mio corpo vi seppellirà ha tutta l’intenzione di intrattenere senza mezzi termini: gli echi tarantiniani si avvertono con forza, ma il cast artistico riprende anche gli stilemi e le atmosfere delle pellicole firmate da Enzo G.Castellari e Sergio Corbucci. Più che essere un autore visionario, Giovanni La Pàrola si mostra come un artigiano della macchina da presa, riuscendo a dare il meglio nelle sequenze più concitate e con un alto tasso di violenza.
La fotografia, gestita e sviluppata brillantemente da Marco Bassano, va intensificando un caldo asfissiante che genera ancora più tensioni, sia all’interno di un gruppo ben nutrito di protagoniste e anche nelle interazioni con le minacce che le attendono. Tanti elementi scenici misurati e accortezze in post-produzione, utilizzati per delineare una identità propria, riuscendo a sorvolare persino sui limiti imposti dal budget e sul fronte degli effetti visivi. La confezione risulta sontuosa, accattivante, e sorretta da una schiera di attori motivati e decisi a riprodurre la cadenza e il dialetto siciliano e piemontese con ammirabile fermezza. I difetti non vanno a palesarsi come elementi di disturbo, piuttosto vengono mitigati se messi a confronto con un team di produzione energico e portatore di idee finalmente vincenti. Il cinema di genere cambia ancora forma, e possiamo nutrire speranze nei confronti di talenti, davanti e dietro le quinte, da tenere seriamente d’occhio.