I Profumi di Madame Walberg: recensione del film di Grégory Magne
Un film che ha l'accortezza di evitare i cliché, pur perdendosi un po' nel finale.
Commedia alquanto atipica e volendo anche solo in apparenza una commedia, I Profumi di Madame Walberg di Grégory Magne, che torna a parlarci di rapporti umani complicati, con il suo attore feticcio Grégory Montel come protagonista, nei panni dell’autista Guillaume Favre.
Divorziato, squattrinato, costretto a vivere in un mini appartamento abbastanza infimo, per non perdere la custodia della figlioletta Léa, deve sostanzialmente lavorare come non mai, alla guida dei bolidi della ditta del burbero Arséne.
Purtroppo però, l’ennesima infrazione, lo pone nella scomoda posizione di dover accettare l’incarico di autista per la bizzosa, arrogante ed intrattabile Madame Anne Walberg (una bravissima Emmanuelle Devos), che già è costata la “pelle” ad altri tre autisti. Madame Walberg non è una donna qualsiasi. Lei è un “naso”, come ama definirsi. Dotata di un olfatto sensibilissimo, è una creatrice di profumi e fragranze tra le più richieste, una diva altezzosa e tutta presa dal suo lavoro, tanto da dimenticarsi di chi le sta attorno e persino della sua stessa vita privata.
L’incontro tra queste due apparentemente inconciliabili personalità, in realtà si trasformerà in un’occasione di arricchimento per entrambi ma anche di difficoltà e li metterà di fronte alle proprie deficienze, alle proprie paure e difetti umani.
I Profumi di Madame Walberg non è una vera commedia
Partiamo da un presupposto doveroso, il film di Magne non è veramente una commedia, non nell’accezione classica di questo termine, ma neppure in nessuna altra accezione, si situa a metà strada tra leggerezza e auto-ironia agrodolce, ma in realtà ci dipinge una storia molto umana, senza però aggrapparsi ad una seriosità di tono eccessiva.
Tutto in I Profumi di Madame Walberg verte sul contrasto tra due personalità agli antipodi: il Gaullaume di Montel e la Walberg della Devos. Simpatico, goffo, molto orso e anche abbastanza opportunista il primo, che cerca come può di restare a galla in un’esistenza ben poco appagante e ben poco felice.
Timida, repressa, senza alcun tipo di affetto o amicizia la seconda, che nonostante tutto però non riesce ad essere antipatica al pubblico, per la straordinaria coerenza con cui la sceneggiatura di Magne la dipinge all’interno di una gabbia dorata molto meno attraente di quanto sembri.
Entrambi in realtà sono molto più simili di quanto sembri, visto che rifiutano di affrontare i propri difetti quali pigrizia, indolenza, mancanza di organizzazione e ambizione in una vita che si trascina uguale e monotona, giorno dopo giorno. Il confronto-scontro tra i due, porterà entrambi ad aprirsi verso l’altro, mettersi a nudo e trovare, infine, perlomeno una possibilità di condividere le proprie difficoltà.
Il Profumo come ricerca di una capacità di interfacciarsi con il mondo
I Profumi di Madame Walberg non è certamente il primo film che parla del profumo come metafora della ricerca della perfezione, o al contrario come dell’imperfezione esistenziale sia fisica che morale.
Recentemente, l’olfatto è tornato protagonista grazie alla serie Netlifx Profumo, anche se probabilmente il film più celebre in tal senso, rimane Profumo – Storia di un Assasino di Tom Twyker.
Grégory Magne qui vola molto meno di fantasia, ma è un dato di fatto che sicuramente vi sia un’elegante antitesi proprio a livello olfattivo tra i due protagonisti, entrambi a modo loro egoisti e ciechi di fronte all’esistenza. La Davos interpreta una donna molto più fragile di quanto voglia far sembrare, rinchiusa in una gabbia che si è creata da sola, bravissima ad identificare ogni tipo di componente che incontra il suo incredibile olfatto, ma incapace di annusare la vita, le persone, di interfacciarsi con loro.
Almeno fino a quando non la costringe (anche in modo brusco) un Guillaume che al di là delle apparenze, del suo essere padre dalla bassa autostima e ancor più basso reddito, non è meno sterile empaticamente, non è meno chiuso in se stesso senza la capacità di guardare ad altro. Il suo aprirsi a quel mondo di odori sconosciuti, un po’ radical chic e un po’ capitalista anche, gli darà però modo di cambiare bene o male il corso della sua vita.
Per Anne invece, il cambiamento più che da questo autista sui generis, arriverà tramite lui ma non da lui solo, quasi a voler essere la goccia che fa traboccare il vaso della cecità e della mancanza di coraggio e onestà verso se stessa.
Un film gradevole a cui però manca l’acuto finale
La sceneggiatura di Magne non è un trionfo di originalità, però se non altro evita per buona parte dei suoi 100 minuti gran parte dei cliché che il cinema (soprattutto il cinema francese) in questi anni ci ha riservato nel parlare di caratteri incompatibili o universi inconciliabili.
Il tratto sicuramente più interessante è come affronti il tema della solitudine nel mondo moderno, della nuova dimensione professionale che ci rende tutti bene o male lavoratori autonomi (con maggior o minor fortuna) ma inevitabilmente anche tutti molto più isolati gli uni dagli altri.
Bello anche notare che grazie a Montel (onestamente il più bravo tra i due) si abbia come protagonista maschile uno dei tanti che cerca di sopravvivere, un millennial travolto da incertezza economica ed esistenziale a cui resiste con stoica persistenza.
Bella la fotografia di Thomas Rames, poco azzeccata la musica di Gaetan Roussel, che di certo non aiuta il finale di I Profumi di Madame Walberg, forse l’unica vera pecca del film, privo di originalità ed energia.
A conti fatti un film sicuramente interessante, diverso, privo di facile retorica o buonismi (il che per i tempi moderni non è poco) così come dello stile un po’ invadente alla Besson, che ultimamente sta mortificando la commedia francese.
Il film è in uscita nelle sale italiane dal 10 giugno 2021 con Satine Film.