Security: recensione del nuovo film Sky Original di Peter Chelsom
Il film, diretto da Peter Chelsom, nonostante delle premesse iniziali interessanti e una risoluzione finale di impatto, perde il suo tema portante, la sicurezza, durante lo sviluppo centrale, impelagandosi in una struttura fin troppo macchinosa.
Affrontare, a livello filmico, un tema come la sicurezza ad ampio spettro può regalare degli ottimi spunti narrativi e registici non solo perché tale elemento lo sentiamo in prima persona giorni, sui quotidiani, nelle retoriche politiche, nelle superficiali chiacchiere da bar, ma anche perché ci da l’opportunità di spaziare molto, dandoci effettivamente la possibilità di descriverlo con tante soluzioni che siano esse verosimili o non.
Security, il nuovo film Sky Original di Peter Chelsom (Serendipity, Shall We Dance?), ispirato all’omonimo romanzo di Stephen Amidon, porta all’estreme conseguenze il dibattito sulla sicurezza, mostrando, a Forte dei Marmi, un’isteria collettiva cittadina, con ville-fortezze ricoperte da telecamere, il continuo controllo dei cellulari, la privacy che viene azzerata in favore della “coscienza” popolare, la giustizia affiancata dal sospetto. Un concept che, nonostante abbia dalla sua alcuni punti dalla sua parte, si perde totalmente nello sviluppo centrale del lungometraggio e riesce trovare un equilibrio in tutta la sezione finale. Security sarà disponibile su Sky e NOW il 7 giugno prossimo.
Security: quando la narrazione si carica di contenuto
Il protagonista di Security è Roberto Santini (Marco D’Amore), responsabile della sicurezza di gran parte dell’abitato di Forte dei Marmi, che una notte assiste ad un misterioso evento: una ragazza, Maria Spezi (Beatrice Grannò) viene ritrovata per strada ferita e scioccata totalmente. Le telecamere parlano chiaro: il carnefice sembra essere il padre, Walter Spezi (Tommaso Ragno), già in passato al centro di molti fatti indesiderati, ma la verità è decisamente molto più torbida e meschina, mischiando politica, omertà e un gioco sessuale squallido e barbaro.
L’aspetto che più colpisce della pellicola è che l’eroe, che solitamente nei film è un poliziotto, un carabiniere o un rappresentante dell’autorità, viene sostituito in questo caso da una persona comune, che però, nel contesto generale della realizzazione, assume un’importanza notevole. Un addetto di sicurezza, in un paese dove quasi ogni casa è dotata di allarmi, telecamere e strumenti di rivelazione, è una figura di una potenza inaudita che terrorizza con la sua conoscenza, con i segreti che ogni giorno potrebbe carpire dai propri clienti. E la fiducia, soprattutto in questo lungometraggio, è una linea fin troppo sottile.
L’investigazione di Santini, sfocia, nella narrazione, in un calderone di storyline che, invece di dare maggiore respiro alla storia e più spessore, appesantiscono in alcuni casi la sceneggiatura, rallentando inevitabilmente il ritmo di Security. Certo, il rapporto tra la moglie di Santini, Claudia Raffaelli (Maya Sansa) e il politico Curzio Pilati (Fabrizio Bentivoglio); la storia d’amore passeggera tra la figlia del protagonista, Angela (Ludovica Martino) e il suo professore Stefano Tommasi (Silvio Muccino) e altre vicende, danno contorno alla trama, ma più a livello riempitivo che contenutistico.
Ne consegue che il tema della sicurezza, per quanto fondante e presente in maniera massiccia con tante diramazioni, perde mordente, affossandosi in un continuo tergiversare e oscillare intorno ad un punto, ma riuscendo ad essere realmente efficace in modo particolare nella sezione finale del film, in cui emerge, finalmente, la tensione in tutte le sue sfaccettature, prima solo percepita a distanza e mai realmente avvertita nella parte centrale.
La tensione che non c’era
Sì perché nonostante Security è a tutti gli effetti un thriller, l’alone di mistero, l’oscura imprevedibilità e il turbamento, tutte cifre caratteristiche del genere di riferimento, non riescono a prendere piede all’interno della storia e non per una mancanza di situazioni adatte allo scopo, ma perché molti dei dialoghi e di eventi risultano, involontariamente, fin troppo leggeri e quasi alieni rispetto al messaggio angoscioso e soffocante del film.
La sceneggiatura (redatta da Peter Chelsom, Tinker Lindsay, Silvio Muccino, Michele Pellegrini e Amina Grenci) presenta fin troppe lacune e, anche se il messaggio passa in sede di conclusione, arriva solamente dopo un giro infinito che forse poteva essere in parte tagliato. La regia di Peter Chelsom, d’altro canto, per quanto sia manchevole di sequenze davvero memorabili, traccia una linea di demarcazione evidente e raggiunge il suo obiettivo sfruttando, in maniera meccanica, alcune trovate contestuali del tema di riferimento: le riprese più usate si fanno forza della prospettiva in bianco e nero delle telecamere a circuito chiuso, oltre che degli ambienti chiusi presenti, così da incanalare meglio gli elementi di chiusura e ghettizzazione rispetto all’esterno, in un paese fortemente conservatore e individualista.
Il cast di Security vede nomi davvero significativi dalla sua parte e si avverte un buona base di fondo sul fronte delle interpretazioni anche se le performance attoriali che più spiccano sono quelle di Fabrizio Bentivoglio e di Tommaso Ragno, che interpretano due personaggi secondari che però riescono ad avere più fascino dei comprimari e in questo caso bisogna riconoscere una caratterizzazione sapiente e calibrata decentemente. I due rappresentano due opposti: il Walter Spezi di Ragno è un emarginato sociale disperato e vittima del sistema, con una fragilità messa a più riprese in evidenza dall’interprete; Bentivoglio, con il suo Pilati, spocchioso, altezzoso e legato al potere, riesce ancora una volta a risultare significativo, dimostrando la sua innata abilità nel tratteggiare figure oscure e senza scrupoli.
Degno di menzione anche l’interpretazione di Muccino del professore Stefano Tommasi che purtroppo soffre di un potenziale inespresso e di una scrittura fin troppo sbrigativa. A margine, le musiche di Security, firmate da Andrea Farri, ricalcano più volte un tema volto a rappresentare il marcio che si cela dietro l’apparente normalità ed effettivamente i brani originali riescono bene a mostrare tale aspetto anche se la continua e ossessiva ripetizione degli stessi passaggi musicali alla lunga ammorba più del dovuto.
Security è un lungometraggio sbrigativo e lacunoso in alcuni punti che però, nell’incipit e in tutta la risoluzione finale riesce a sviluppare degnamente il tema portante, quello della sicurezza, che, nella parte centrale manca di mordente sia per le eccessive sottotrame, sia per un’evidente mancanza di tensione. Il risultato è un’opera non perfettamente calibrata, specialmente in ambito narrativo, che forse avrebbe richiesto un minutaggio più breve per centrare meglio gli obiettivi prefissati.