Dancing Queens: recensione della commedia svedese di Netflix
Ha debuttato il 3 giugno il film di Helena Bergström che racconta il mondo delle drag queen con delicatezza e freschezza
Questi sono i film sull’inclusività che ci piacciono. Commedie come Dancing Queens sono una ventata di freschezza nel mondo di film e serie tv, che certe volte provano con così tanto sforzo a rappresentare ideali sociali da diventare artificiosi. Questo non succede nel film di Helena Bergström, 110 minuti di pura leggerezza che raccontano di amicizia e inclusione, di musica e ballo, e di come l’arte e la libera espressione di sé possa creare dei legami davvero profondi. Certo, i colpi di scena sono un po’ telefonati e il lieto fine per tutti i personaggi appare a tratti forzato, ma nel complesso Dancing Queens è una piacevole scoperta, perfetta da vedere in un momento in cui si cerca qualcosa di non troppo impegnativo.
Da un’isola sperduta alle paillettes del Queens
La protagonista della storia di Dancing Queens è Dylan Pettersson (Molly Nutley), una ragazza nata e cresciuta su una tranquilla isola dell’arcipelago Bohuslän e che ha messo da parte la passione per la danza dopo aver perso sua madre, una ballerina. Credendo di partecipare a un’audizione nella città di Göteborg, si ritrova invece a fare le pulizie al Queens, un club drag in difficoltà. Proprio qui, per caso, il ballerino e coreografo Victor (Fredrik Quinones) scopre il talento di Dylan, e vorrebbe inserirla nello spettacolo. C’è un bel problema: Dylan è una ragazza, non una drag queen, e quindi non potrebbe far parte dello show. La situazione sembra irrisolvibile, ma forse a cercare bene un modo si trova…
Una storia di inclusività, ma “al contrario”
Quello che rende Dacing Queens una pellicola fresca nel mondo dei film LGBT è la trovata originale di ribaltare il cliché dell’uomo che per lavoro si traveste da donna. Nel caso del film, è Dylan che deve travestirsi da maschio per riuscire a ottenere uno spazio nello spettacolo del locale. I pregiudizi, in questo caso, arrivano un po’ da tutti: Dylan dà per scontato che come donna non sarebbe stata presa per lavorare nello show, mentre il regista dello spettacolo quando lo scopre la esclude proprio perché non uomo. Il senso? Tutti sbagliano, e chiudersi nei propri preconcetti è sempre un errore. Il film di Helena Bergström è un modo diverso e carino di raccontare l’universo drag, che viene esplorato sia sul palco tra lustrini, trucchi e parrucche vistose, ma anche a riflettori spenti. La regista infatti spoglia i suoi protagonisti, per mostrare le loro fragilità, storie ed emozioni al di fuori dei performer che fanno scintille durante lo spettacolo. Rivela soprattutto lo spirito di cameratismo, la forte unione, la sorellanza che caratterizza l’universo drag, e di cui Dylan alla fine entra a far parte e senza doversi nascondere. Perché Dancing Queens ci racconta come l’amicizia, quella vera, non fa distinzioni di forma o etichetta, non ha sesso, e non discrimina. Quello che invece non funziona particolarmente bene, invece, sono le sotto trame proposte accanto alla storia principale. Come quella dell’amico segretamente gay, che appare un po’ forzata, o il rapporto tra Dylan e Victor, volutamente ambiguo ma che rimane senza una spiegazione. E poi, il finale è molto mirato al lieto fine per tutti i personaggi, cercato anche a costo di scelte che sembrano campate per aria. Dylan che ottiene l’audizione e sa già perfettamente la coreografia come se la provasse da mesi, il papà che ritrova la felicità con la sorella adottiva della moglie defunta, l’amico gay che fa coming out con i genitori e poi due secondi dopo trova l’amore con una drag del gruppo. Insomma, alla fine la sensazione che lascia la conclusione è di una certa forzatura che rovina, invece, le belle atmosfere del resto della pellicola.
Dancing Queens: un’esplosione di danza musica nei magnifici panorami svedesi
Oltre alla trama principale, quello che va apprezzato di Dancing Queens, e che lo rende così piacevole, è l’aspetto tecnico. Di film sulla danza ne abbiamo visti davvero di ogni tipo, ma in questo caso il risultato di musica, coreografie e costumi è molto frizzante, fresco e scoppiettante. Merito del mondo drag sicuramente, che permette di giocare e divertirsi con numeri di danza diversi dal classico dance movie, e trucco e parrucco abbaglianti in tutti i sensi. Ma merito anche dei bravissi protagonisti, a partire da Molly Nutley che è davvero un’ottima ballerina, oltre che la figlia della regista, famosa in patria per essere arrivata seconda al concorso danzerino Let’s Dance 2012. Molto bravo anche Fredrik Quinones, vero ballerino e coreografo del film, che qui fa il suo esordio cinematografico. E poi ci sono loro, le scintillanti drag guidate da Claes Malmberg che interpreta in modo adorabile la regina dello show, Tommy La Diva. La regista è molto brava a passare dall’atmosfera patinata del palco ai meravigliosi panorami svedesi appena fuori dalla città. L’isola dove abita Dylan regala delle riprese magnifiche di albe e tramonti mozzafiato, e anche uno scorcio di vita quasi sospesa nel tempo che oggi, nel mondo sempre più caotico, è sempre più rara e difficile da immaginare.
Nel complesso, Dancing Queens è una pellicola godibile che, seppure un po’ scontata e forzata in alcuni passaggi, racconta il mondo delle drag queen con una prospettiva nuova, delicata e lontana dai soliti cliché. Un titolo leggero e piacevole del catalogo Netflix primavera/estate, ideale per celebrare il Pride Month 2021.