La storia di Lisey: recensione della serie di Apple TV+
La realizzazione diretta da Pablo Larraín e scritta da Stephen King, adattamento dell'omonimo romanzo dell'autore, è un raffinato e sontuoso intrigo psicologico, sia dramma ad alta tensione, che un horror evocativo. La nostra recensione dei primi episodi.
Lo scrittore americano Stephen King fa parte della cultura mondiale da tanti anni: la sua impronta indelebile nel mondo della letteratura, infatti, ha avuto (e continua ad avere) ripercussioni profonde anche nel cinema e nella serialità, grazie alle tantissime trasposizioni dei suoi romanzi. La lista è davvero infinita e, purtroppo, la quantità non corrisponde in tutti i casi alla qualità intrinseca e tutte le opere vanno valutate da caso a caso. Passiamo da Shining di Kubrick, un capolavoro che però è un adattamento letterario piuttosto mediocre a lungometraggi straordinari come Misery non deve morire e Le ali della libertà ed infine a tracolli vertiginosi come la recente trasposizione de La Torre Nera o l’altalenante Doctor Sleep.
Muoversi nell’universo kinghiano è quindi un po’ come passeggiare in un campo minato, purtroppo non sempre il risultato ti salva la vita. La storia di Lisey, serie televisiva di Apple TV+, diretta da Pablo Larraín (Ema, Jackie), è però un caso a sé e pur non rappresentando un unicum, è degna di approfondimento. Questa volta, come accaduto molto di rado nella sua carriera, King ha voluto firmare la sceneggiatura collaborando con uno dei film-maker emergenti più promettenti degli ultimi anni. Di seguito la nostra recensione dei primi due episodi della realizzazione, disponibile, a cadenza settimanale, sulla piattaforma sopracitata, dal 4 giugno scorso.
La storia di Lisey: un affresco complesso e affascinante
La storia di Lisey è uno dei romanzi più autobiografici dell’autore: scritto nel 2006, il libro trae la sua linfa da un terribile incidente subito da King, nel 1999, in cui ha rischiato fortemente di morire. Lo scrittore ha voluto trasporre su carta un mondo senza la sua presenza, con una moglie che è costretta a caricarsi sulle spalle un’eredità scomoda e di portare avanti il lascito di un uomo talentuoso e brillante. Lisey (interpretata da Julianne Moore), vive da sola da due anni, dalla morte del suo marito Scott (Clive Owen), uno straordinario romanziere che riesce a mischiare sapientemente la realtà con la fantasia.
Per un caso fortuito, la donna si accorge che, nonostante la scomparsa del marito, quest’ultimo non solo è presente nei suoi ricordi, ma è vivo anche grazie ad una particolare caccia al tesoro che ha organizzato, che tiene ancorata la memoria dell’uomo alla protagonista. Come se non bastasse, Lisey ha degli strani sogni che rivelano un mondo altro dove sembra che il marito prendesse le idee migliori e che sta interagendo sempre di più con la realtà. Tematiche già care a King ma che, proprio perché riguardano direttamente la sua vita, risuonano di vibrazioni e sentimenti speciali ed intensi, che se si conosce l’autore, sono maggiormente evidenti.
Il primo episodio si configura come un pilot d’eccellenza: uno straordinario e suadente incipit che invoglia gli spettatori a continuare la visione, mentre già il secondo cala il ritmo in favore di una narrazione un po’ più pacata e cadenzata. L’unico aspetto che, all’apparenza, sembra possa minare gli sviluppi futuri della serie è che la puntata iniziale, proprio perché carica di contenuto, colma forse troppo la curiosità del pubblico, non svelando ogni cosa, ma accelerando di netto alcune delle grandi riflessioni e misteri che sono al centro de La storia di Lisey.
Detto questo, si comprende fin da subito come l’ambizione dietro il titolo è monumentale: non si tratta solamente di gestire sul piccolo schermo un dramma psicologico sottile, ma anche di trattare elementi soprannaturali e incastri da thriller che vanno ad ostacolare la storia apparentemente semplice della protagonista, che nasconde però una stratificazione sempre più complessa e affascinante. Lisey, quindi, si trova a vivere un percorso lastricato dalla memoria, dal lutto, ma anche da verità scomode e oscure presenze che hanno fatto parte, in maniera centrale, dell’esperienza da scrittore del marito, con le quali si scontra.
Raffinatezza ed eleganza celano l’orrore più profondo nella serie Apple TV+ con Julianne Moore e Clive Owen
La storia di Lisey, a supporto di questo tentacolare intreccio contenutistico, si avvale per prima cosa della regia di Pablo Larraín, che riesce a catturare perfettamente il mosaico psicologico e orrorifico della trama. La macchina da presa, supportata dall’eccezionale tempesta cromatica evocata dalla fotografia di Darius Khondji, si addentra, scena dopo scena, nella mente di Lisey, tra ricordi, sogni ed incubi, creando spesso cortocircuiti tra realtà e fantasia, tema portante delle opere del marito e di King stesso. Ed ecco che quindi assistiamo in prima persona non ad un semplice adattamento, ma ad una vera e propria rappresentazione di finzione in cui l’autore scrive della sua assenza e vede, come se fosse un testimone invisibile e spettrale, un mondo senza di lui.
Una regia raffinata ed elegante, che sperimenta a tutto campo tentando sempre soluzioni più complesse e articolate, non per ricercare tecnicismi, ma per esprimere, al contrario, la vasta e labirintica gamma di sentimenti dei personaggi e generi strutturali de La storia di Lisey. La scrittura, seppur gestita dall’autore stesso del romanzo, è carica di difficoltà e ostacoli insormontabili: complicata la coerenza con la regia ed ancora più complicato trasporre su schermo un libro così personale e sentito.
Guardando la serie si ha l’impressione di muovere le pagine di un’opera di King: l’artista è infatti riuscito ottimamente a traslare il suo linguaggio e portarlo sotto forma di un medium completamente differente. I dialoghi sono enigmatici e carichi di dolore, ma al tempo stesso naturali e fluidi, anche quando affrontano tematiche di evidente complessità. Lo scorrere degli accadimenti, invece, seppur non perfettamente chiaro a volte nella sequenzialità degli eventi singoli, esprime totalmente la commistione tra realtà e mondo onirico, assottigliando sempre di più il divario tra gli universi.
Un’attenzione di riguardo è riservata ai due personaggi principali, Lisey e Scott (che è presente comunque nella sua essenza metafisica) che sono interpretati divinamente da Julianne Moore e Clive Owen. Gli attori hanno lavorato in particolar modo sulla fragilità degli individui, mettendo in luce gli elementi più oscuri e drammatici della loro interiorità e il risultato è straordinario: la coppia si compenetra e funziona solamente vista nell’ottica di gruppo e non vi è un momento, anche se non rappresentato su schermo, in cui la relazione e connessione tra i due coniugi si interrompe, almeno in questi primi due episodi. Uno scambio che è tenuto acceso vistosamente dal talento sopraffino dei singoli interpreti, valorizzati enormemente sia dalla regia che dalla scrittura.
La storia di Lisey promette scintille a giudicare dalla qualità brillante e ricercata dei primi due episodi e, se effettivamente il livello proposto sarò lo stesso anche nei successivi, ci troviamo potenzialmente di fronte ad uno dei prodotti più impressionanti della serialità recente, sia dal punto di vista registico che narrativo. Un’opera stratificata, recitata magistralmente e caratterizzata da una forma e da un contenuto di rara e suggestiva bellezza.
La storia di Lisey è disponibile su Apple TV+.
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