Futura: recensione del film di Lamberto Sanfelice
Futura è l'opera seconda di Lamberto Sanfelice in uscita al cinema il 17 giugno, un film sulla musica e di musica, con protagonisti Niels Schneider, Matilde Gioli e Daniela Vega.
“A cosa serve l’utopia? A cosa servono i sogni? A cosa servono le ambizioni se non possono essere raggiunte? A cosa servono? Servono a camminare.”
Parafrasando una famosa citazione dell’intellettuale uruguaiano E. H. Galeano si trova forse il senso più profondo di Futura, l’opera seconda di Lamberto Sanfelice. Un film inedito nel panorama italiano per forma, atmosfere e linguaggi, in grado di toccare diverse tematiche, scegliendo come spazio di divulgazione quello della musica. Musica jazz, per la precisione, anche se non disdegna di “colorare” i suoi diversi personaggi e i suo ambienti di generi diversi.
Sanfelice dipinge il suo film strizzando l’occhio a Damien Chazelle (splendida sequenza di apertura), prendendo un po’ di Francia e portandola a Milano, techno e strade notturne, dove viene a contatto con lirica e Sudamerica. Tutto nel nome della musica, tutto rielaborato attraverso la musica.
Nel cast Niels Schneider, Daniela Vega, Matilde Gioli, Aurora Onofri e Stefano di Battista. La pellicola esce nelle sale italiane il 17 giugno 2021, distribuita da Adler Entertainment.
Futura: trovare il proprio posto
Louis (Sheider) fa il tassista notturno e la sua “cliente” prediletta è Lucya (Vega), una trans cilena dall’animo poetico e dal passato difficile. I due sono in affari e si occupano di spaccio di droga per conto di una criminale pericolosa e molto conosciuta nell’ambiente.
I loro turni infiniti passano parlando di sogni, rimpianti e soprattutto di Maria Callas. Louis potrà anche fare il tassista, ma la sua anima appartiene interamente alla musica: come suo padre prima di lui, infatti, il ragazzo è un trombettista o, meglio, ex. Ha dovuto infatti mettere da parte le sue aspirazioni. I motivi non sono del tutto definiti, perché, se da una parte si può pensare alla necessità di dover sbancare il lunario per aiutare sua moglie Valentina (Gioli) a occuparsi della loro adorata figliola Anita (Onofri), dall’altra la musica è per lui anche confronto con una figura paterna ingombrante e di difficile gestione, sospesa tra l’idillio del jazzista da idolatrare e un genitore assente e problematico.
Da dietro il finestrino del suo taxi, Louis osserva il mondo, troppo spaventato per prenderne parte. Fortuna vuole che i sogni, delle volte, riescono a smuovere anche le montagne. E dove non arrivano loro, arriva il jazz.
Il piano della musica
Al netto delle tante originali (per il cinema nostrano) soluzioni estetiche e del bellissimo trattamento del linguaggio / mondo musica, Futura difetta nel suo voler percorrere due strade parallele, una più lirica e una più prosaica, sovraccaricando il suo impianto narrativo e peccando nell’amalgamarne le anime.
Di fronte a noi si staglia un ritratto inedito di Milano, lontano dal cuore della città e dalla velocità della sua vita, ma che preferisce invece concentrarsi sui suoi scorci periferici, sulle sue strade deserte e, soprattutto, sui suoi club, da quelli più vicini alla disco a quelli jazz. Il tutto raccontato cercando costantemente dei toni moderni, in modo da tenere presente un filo diretto e coinvolto con lo spettatore. L’idea di portare dei musicisti professionisti sul set per interpretare, di fatto, loro stessi e incaricarli della composizione della colonna sonora, è una scelta che va in questo senso.
Ne consegue che l’elemento musicale (bilanciato e supportato molto bene da quello visivo) è trattato finemente nel suo ruolo diegetico, divenendo un perfetto terreno di incontro e di scontro tra i personaggi e un fertile cammino di redenzione per un protagonista, sospeso tra lo status di figlio orfano e di padre assente. Tra il confronto con l’immaginario complesso e oscuro della sua figura paterna (il cui volto è di Massimo Urbani, leggendario sassofonista jazz scomparso verso la metà degli anni ’90) e la luce di spaventosa bellezza emanata da sua figlia Anita, la Futura del titolo, che non ha mai perso la fiducia nei suoi confronti.
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Se tutto ciò funziona perfettamente, anche per le soluzioni acute e delicate con le quali la storia prende forma, tutto l’altro piano, legato ad una dimensione “terrena”, risulta più distante e meno credibile. Perché sebbene la prova attoriale di Daniela Vega risulti probabilmente la migliore tra tutte quelle del cast e il suo personaggio riesca a catturare comunque l’attenzione del pubblico, il contesto in cui germoglia risulta sempre molto spoglio. Vuoto e ovattato, perfetto per inglobare più che seguire. Una difficile convivenza tra due antipodi che mal si sopportano e che, di conseguenza, non si toccano quasi mai in modo armonioso.
Futura è un film con tante qualità: intelligente, delicato e suggestivo, ma che purtroppo non riesce a portare tutti i suoi elementi nella stessa direzione, lasciando alla fine una sensazione di incompiutezza. Toppo poca, ad ogni modo, per sovrastare le tante cose belle che la pellicola lascia negli occhi e nelle orecchie.