Song One: recensione del film di Kate Barker-Froyland

Dramma, musica e romanticismo si incontrano in un film indie a tutti gli effetti ma davvero troppo sfuggente per lasciare il segno.

Opera prima della cineasta americana Kate Barker-Froyland, già assistente alla regia di David Frankel sul set de Il Diavolo Veste Prada nel 2006, Song One più che al racconto di una storia è interessata soprattutto a catturare le sensazioni evocate dall’ascolto musicale. Un’evocazione sensoriale che per la protagonista Franny, interpretata da Anne Hathaway, diventa tramite salvifico per riconnettersi con il fratello più piccolo Henry (Ben Rosenfield), in coma da mesi dopo un incidente stradale.

Song One: la trama

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Appena tornata da un viaggio in Marocco e dottoranda in antropologia, per colmare il senso di colpa e il dolore, Franny si immerge fra le note e gli appunti diaristici, rintracciando le orme di una passione totalizzante, ovvero quella del fratello per la musica indie, praticata come artista emergente e autodidatta nelle linee metropolitane o nei piccoli club sotterranei della grande mela. Ripercorrendo a ritroso il cammino artistico e personale di Henry, la studentessa incontra, proprio fra i palchi di quei club, il cantautore folk James Forester (interpretato dal cantante britannico Johnny Flynn del duo Johnny Flynn & The Sussex Wit, recentemente David Bowie nel film Stardust) il quale, tra un blocco creativo e un tour nazionale, riuscirà a sollevare in Franny il peso della possibile perdita, standole accanto proprio attraverso la musica.

Appunti musicali nella scena indie americana

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Scritto e concepito come fosse l’ideale pagina di appunti presi di fretta nel momento passeggero dell’idea creativa, il film del 2014 prodotto fra gli altri dalla stessa Hathaway e da Jonathan Demme, è un patchwork di attimi e note musicali sullo sfondo by night della scena autoriale indie-folk nella New York odierna, tra piccoli e grandi palchi di locali o pub che ogni sera intrattengono una manciata di giovani. Nonostante la tragicità del testo infatti, Song One ha il pregio di non cadere nel tranello della commozione fine a sé stessa e, nonostante la componente emotiva dell’ospedalizzazione e del limbo tra vita e aldilà nel quale è coinvolto Henry, Barker-Froyland continua ad incanalare il suo sguardo sul potere transitivo della musica e dei sensi tutti, fra cui l’olfatto, insistendo sulla volontà di Franny di far riaffiorare, tramite i gusti preferiti del giovane, ricordi e memorie recondite per auspicare il risveglio.

Song One cattura impressioni troppo evanescenti per riuscire a racchiudere il senso compiuto di un film

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Song One si muove allora tra il dramma famigliare, il romanticismo e il film musicale, ibridando il più possibile i generi e riconsegnando una pellicola lieve e sfuggente nel senso del suo peso specifico, lasciando quindi impressioni troppo fugaci per dirsi operazione riuscita. L’esordio della Barker-Froyland è un collage di strumenti musicali suonati per caso, di nottate a Brooklyn con la musica nelle cuffie, di sonorità metropolitane registrate da apparecchi tecnologici, di musicassette, biglietti di concerti e video su Youtube. Una combinazione di sensazioni e di rumori provvisori, elevata una colonna sonora valida, che purtroppo, spesso, non basta a fare un film. Song One sembra dunque un corto o un videoclip allungato nel minutaggio: una bella canzone sentita per caso in radio ma senza la capacità di volersi far riascoltare ancora una volta.

Il film, uscito nel 2004, è stato reso disponibile su Netflix da maggio 2021.

Regia - 2.5
Sceneggiatra - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6