La Grande Staffetta: recensione del docu-film con e per Alex Zanardi
Sport paralimpico, solidarietà, pandemia e Alex Zanardi. La Grande Staffetta, docu-film in sala il 28 29 e 30 giugno 2021 parla di coraggio, tenacia e ripartenza. Senza speculare sul dolore.
Un uomo famoso lo disse una volta, che la vita è ciò che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti. Si adatta bene, la citazione, ai saliscendi emotivi di un interessante docu-film diretto da Francesco Mansutti e Vinicio Stefanello che si chiama La Grande Staffetta. Nelle sale italiane passerà per tre giorni, più precisamente il 28, 29 e 30 giugno 2021. Distribuito da Adler Entertainment. C’è molto di inatteso e di imprevisto nel film. L’infausta sorpresa della pandemia, il riflesso della disabilità e degli ostacoli da superare. E poi c’è il terribile incidente del giugno 2020 che ha coinvolto Alex Zanardi, dalle parti di Pienza vicino Siena. L’ ennesima durissima lotta per la sopravvivenza.
Il documentario è per Alex Zanardi. Il documentario è con Alex Zanardi. Il documentario non è su Alex Zanardi. Il campione è angelo custode, promotore e catalizzatore emotivo di una bella impresa. Ciò che conta davvero. Un abbraccio di solidarietà che lega l’Italia da Nord a Sud, promessa di rinascita e ripartenza.
Concentrarsi su un volto solo, per quanto noto e riconosciuto, enfatizzando la rappresentazione plastica e simbolica del dolore, avrebbe compromesso la purezza e la sincerità dell’operazione. I due registi definiscono il film un documentario di sport e d’amore. Che affronta contenuti importanti, in maniera semplice e pulita. Un buon punto di partenza.
La struttura del documentario cambia in corsa e gli atleti sono molto coinvolti
L’impresa è accompagnata da Obiettivo3, la Onlus creata dal campione per avvicinare alla pratica di sport paralimpici persone affette da disabilità. Un alternativo giro d’Italia. Traiettoria Nord-Sud con partenza in tre distinte località (partenza tricolore), percorso unico a partire da Firenze e arrivo a Santa Maria di Leuca (Puglia). L’incidente di Zanardi si può situare più o meno a metà del guado. Costringe Mansutti e Stefanello a rivedere la struttura narrativa dell’intero documentario.
Inizialmente Zanardi doveva raccontare e accompagnare, voce e presenza, La Grande Staffetta nella sua totalità. Il tempo del racconto, nelle intenzioni dei registi, si fa a questo punto in quattro. Anzi, cinque. C’è la preparazione, le prime fasi con Zanardi, l’incidente, il molto intenso rush finale. E, un paio di mesi dopo la corsa, una serie di video interviste con gli atleti per riordinare le idee su quanto è successo.
Il contributo degli sportivi non si limita al pur notevole gesto fisico. Una discreta parte del documentario si appoggia su materiali autoprodotti dagli stessi corridori, una co-regia a tutti gli effetti, spiegano Mansutti e Stefanello. In un secondo momento il film recupera una presenza più forte dei due registi, ma non c’è contraddizione. Affidare agli atleti la responsabilità di definire il discorso con parole (e immagini) proprie, è una precisa scelta autoriale. Non deresponsabilizza, ma aiuta a mettere le cose in prospettiva. La fatica e il dolore fanno da filtro alla retorica e al sentimentalismo. Consentendo al documentario di non scivolare sulla buccia di banana dell’emozione facile. Ruffiana.
L’emozione e il dolore sono rappresentati con sensibilità nel docu-film La Grande Staffetta
Il perno narrativo attorno cui tutto si dipana è l’incidente di Alex Zanardi, e non potrebbe essere altrimenti. Al direttore della fotografia Piergiorgio Grande il compito, con sensibilità e delicatezza, di raccogliere su camera gli istanti terribili del post dramma. Le immagini, inedite e potenti, sono accompagnate da un incisivo lavoro sul sonoro. Un silenzio straziante, il racconto del tempo sospeso da un terribile imprevisto. Quello che rimane è la confusione, gli interrogativi degli atleti, andare avanti o meno? Si riparte, perché è di questo che si tratta. Andare avanti.
Tematicamente, La Grande Staffetta non aggiunge nulla che non sia stato già detto in precedenza, che si parli di disabilità, pandemia e Covid-19. La sinergia d’intenti tra diversi tipi di ripartenze, quella di un paese intero dopo la massima emergenza, di atleti disabili di fronte alle avversità di una prova, di un grande campione alle soglie dell’ennesima tremenda sfida, è resa con semplicità e decoro.
Questo grazie ai ritmi di una narrazione che gioca con il tempo in maniera lineare, dell’umiltà di un approccio che lascia ai protagonisti di una storia l’onere e l’onore di darle forma con le parole. Senza interventi posticci, accompagnando e non forzando idee in libertà. Il cinema delle buone intenzioni, la filosofia del messaggio, acque pericolose. Ma per chi ama la morale delle favole, eccola qui. Non bisogna mollare. Mai.
Il film è in sala il 28 29 e 30 giugno 2021, distribuito da Adler Entertainment.
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