Cannes 2021 – Les magnétiques: recensione del film di Vincent Maël Cardona
Les magnétiques è un omaggio accorato e affezionato a un mondo che non c'è più, a un modo di vivere il mondo che parla solo per estremizzazioni, a un universo artistico e musicale in cui l'analogico regna sovrano.
Operazione nostalgia e film storico drammatico si uniscono nell’opera di Vincent Maël Cardona Les magnétiques, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2021. Philippe è il fratello minore di Jérôme: così è sempre stato definito da tutto il mondo esterno e anche da se stesso, riconoscendosi nella figura di inseguitore, di operatore tecnico dietro le quinte. Jérôme è la star di una radio clandestina locale, centro gravitazionale di un nutrito gruppo di amici; Philippe è il regista di radio Varsavia e, our limitandosi a eseguire le richieste del fratello maggiore, dimostra fin da subito un enorme talento. Durante i festeggiamenti per l’elezione di Mitterand presidente nel 1981, Philippe conosce Marianne, la fidanzata di Jérôme e da quel momento la sua visione del mondo inizia a cambiare. L’immagine incantata e ammantata di fascino di Jérôme inizia a perdere lustro per Philippe il quale, grazie a nuove esperienze (non sempre piacevoli) divena sempre più consapevole di se stesso e del suo talento.
Les magnétiques è un omaggio accorato e affezionato a un mondo che non c’è più, a un modo di vivere il mondo che parla solo per estremizzazioni, a un universo artistico e musicale in cui l’analogico regna sovrano. Forse è proprio la matericità della musica che dà ai protagonisti del film la sensazione infantile di poter modellare il mondo intero a il loro stesso destino secondo le loro aspettative e il loro modo di vivere le cose. La differenza sostanziale tra i due fratelli, di fatto, si risolve proprio in questo. se Philippe riesce a prendere coscienza della società circostante e dei meccanismi che la regolano, Jérôme resta ancorato a una visione quasi fiabesca della vita, priva di qualunque contatto con la realtà. A far da contraltare alla vita onirica di Jérôme c’è il padre che, ormai da tempo abbandonato dalla madre, combatte ogni giorno con problemi ben più terrestri e immediati. L’utopia della radio clandestina gestita dai due fratelli subisce inevitabilmente questa presa di coscienza di Philippe così come il declino ineluttabile di Jérôme, segno del tempo che passa e che impone a tutti di cambiare le proprie esistenze continuamente, per assecondare nuove mode, necessità e regole. Il desiderio così ostentato di libertà e cambiamento si traduce in Les magnétiques nell’incapacità (e nella paura) di rinnovarsi e di modificare il proprio punto di vista, in qualche modo negando quello stesso spirito dinamico che anima i più battaglieri e politicizzati.
Il tempo scorre velocemente e richiede un continuo adattamento, “chi resta immobile affonda” dice Philippe o, nel migliore dei casi, combatte alacremente per galleggiare. Les magnétiques racconta lo svelamento della magia, il declino degli dèi, con un accompagnamento musicale e una fotografia a dir poco ammaliante. Non esistono momenti privi di musica scelta oculatamente da Cardona o privi dell’eco del talento smodato di Philippe, in cui si racchiudono tutte le contraddizioni di un mondo in transizione in cui un soldato irregimentato si rivela in verità un grande talento di punk sperimentale. La fotografia raggiunge, dal canto suo, l’obiettivo di adattarsi all’estetica analogica della pellicola, con luci calde, primi piani stretti e inquadrature focalizzate su piccoli particolari. Con pochi elementi e con la storia di due giovani come tanti Les magnétiques racconta un’intera epoca storica, in cui ogni certezza viene rimessa in discussione e ognuno deve fare i conti con le proprie capacità di adattamento.