Apocalypse Now Redux: recensione del film di Francis Ford Coppola

In mezzo a una moltitudine di versioni alternative, rivedute e corrette di pietre miliari del cinema, spesso prodotte unicamente per fini di cassetta e non per apportare un reale valore alla pellicola originale, Apocalypse Now Redux si presenta come una splendida eccezione, capace di storicizzare e approfondire la critica politica e sociale dell’originale Apocalypse Now. Francis Ford Coppola ha avuto il coraggio e la voglia di rimettere mano a quello che è indiscutibilmente uno dei suoi più grandi capolavori, ripescando circa 47 minuti di materiale scartato dalla versione originale e portando la durata complessiva di questo vero e proprio manifesto della Guerra del Vietnam all’imponente quota di 197 minuti. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 2001, Apocalypse Now Redux riesce nell’intento di ampliare il contesto dell’originale Apocalypse Now rimanendogli fedele, e permettendo al tempo stesso allo spettatore di addentrarsi ancora di più negli abissi della mente umana e della nostra civiltà.

Apocalypse Now Redux: la rilettura più politicizzata e storicamente contestualizzata  di un capolavoro assoluto della storia del cinema

Apocalypse Now Redux

Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere “cazzo” sui loro aerei perché è osceno.

La trama di Apocalypse Now Redux è pressoché immutata rispetto alla versione originale, e verte principalmente sul viaggio fisico, psicologico e spirituale del Capitano Benjamin L. Willard (Martin Sheen), un militare segnato e logorato da ciò che ha visto sul campo di battaglia, che nel pieno della guerra del Vietnam viene spedito dal Generale Corman (G.D. Spradlin) e dal Colonnello Lucas (Harrison Ford) sulle tracce del Colonnello Walter E. Kurtz (Marlon Brando), che ha abbandonato la volontà e le regole del proprio esercito per autoproclamarsi guida di una piccola comunità di suoi sudditi nella foresta cambogiana. La missione di Willard è ben chiara e definita: scovare e uccidere l’ex ufficiale, che con le sue azioni sta mettendo in pericolo e screditando le operazioni militari americane nella zona. Per Willard ha così inizio un viaggio interiore ancora prima che fisico, che lo metterà di fronte alle più efferate atrocità del genere umano e lo farà riflettere sulla profonda insensatezza di qualsiasi conflitto bellico.Apocalypse Now Redux

Ho visto degli orrori. Orrori che ha visto anche lei. Ma non avete il diritto di chiamarmi assassino. Avete il diritto di uccidermi, questo sì, avete il diritto di farlo. Ma non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario a coloro che non sanno cosa significhi l’orrore. L’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore. L’orrore ed il terrore morale ci sono amici. In caso contrario allora, diventano nemici da temere. Sono i veri nemici.

L’orrore celebrato da Marlon Brando in questo monologo pervade in ogni istante questa straordinaria pellicola, che rappresenta una delle vette del cinema di guerra e più in generale dell’intera Settima Arte. Difficile infatti trovare un film capace di coniugare con tale forza senso artistico, racconto storico e una durissima e spietata critica alla società e alle sue istituzioni. Le struggenti note dell’epica The End (scritta dal compagno di corso di Francis Ford Coppola alla UCLA Jim Morrison) ci introducono a un’esperienza sensoriale unica e irripetibile, capace di scuotere nel profondo ogni tipologia di spettatore sia nella sua versione originale che in questo Apocalypse Now Redux. L’Apocalisse  di Coppola ci mostra il disfacimento e il crollo della nostra società senza fare ricorso a creature fantastiche o a catastrofici fenomeni atmosferici, ma trasportandoci in una giungla vietnamita dove uomini combattono altri uomini per motivi futili e superficiali, mettendo in pericolo le proprie vite in nome di ideali che non li rappresentano e per ordine di un sistema che li considera solo vittime sacrificali sull’altare del profitto e della propaganda. Lo sguardo sempre più sperduto e dubbioso di uno strepitoso Martin Sheen ci accompagna nella risalita del fiume Nung, che metaforicamente diventa un tragitto spirituale nella nostra civiltà e un viaggio psicanalitico all’interno della nostra coscienza. Con il passare dei minuti ci spogliamo delle nostre sovrastrutture e credenze per addentrarci in un territorio in cui non esistono più l’etica e la morale, ma soltanto l’istinto di sopravvivenza e il graduale decadimento fisico e mentale delle persone coinvolte in un grottesco e insensato incubo bellico. In questa bolgia infernale la vita umana perde valore e sacralità, mentre ogni nefandezza è lecita e incentivata. Esemplare in tal senso è il personaggio del Tenente colonnello Bill Kilgore (un irriconoscibile Robert Duvall), un uomo ansioso di fare surf vicino alle stesse spiagge su cui sta dispensando morte attraverso il suo adorato napalm, ma anche eccitato dalla guerra al punto da diffondere con appositi altoparlanti posti sugli elicotteri del suo reggimento la Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner, che diventa un mezzo per caricare i suoi uomini e spaventare i nemici, oltre a un memorabile accompagnamento per una delle migliori sequenze del film, in cui dal cielo non arrivano graziose donne su cavalli alati, ma bombe che portano soltanto sangue e distruzione.
Apocalypse Now Redux

Il mio film non è sul Vietnam, il mio film è il Vietnam.
Francis Ford Coppola

Apocalypse Now Redux e l’originale Apocalypse Now ci sbattono in faccia senza filtri e senza giudizi morali tutta la follia della guerra, mostrandoci uomini veri, imperfetti, né buoni né cattivi, alle prese con una situazione disumana e barbara stabilita a tavolino per profitto o interesse da persone a loro lontane e sconosciute. La discesa agli inferi del protagonista Willard trova la sua logica e necessaria conclusione nell’incontro con l’enigmatico Colonnello Kurtz, che un monumentale Marlon Brando caratterizza magistralmente in pochissimi minuti, rendendo perfettamente la lucida pazzia che ha portato l’ex ufficiale ad abbracciare completamente l’orrore e il caos da esso derivato. Willard e Kurtz sono due facce uguali e contrarie della stessa medaglia, che intraprendono in modi e tempi diversi lo stesso rituale di purificazione e di ricongiunzione con la natura più selvaggia e brutale, dove la civiltà si azzera e ricomincia da capo e le uniche leggi che contano veramente sono quelle della giungla e del più forte. Utilizzando nuovamente la stessa The End che ha aperto il film, Francis Ford Coppola in una scena dal devastante impatto visivo ed emotivo ci mette di fronte alla ribellione da parte dei figli (i soldati mandati a morire per niente lontano dalla propria casa) nei confronti del genitore (il sistema militare americano che li governa e li irreggimenta) e al perpetuarsi dell’infinito ciclo che al progressivo disgregamento della società fa seguire il caos e in seguito la riaffermazione dell’ordine prestabilito, chiudendo nel migliore dei modi una pietra miliare del cinema e il punto di riferimento mai superato per qualsiasi film di guerra. Un’opera complessa e stratificata, perfetta in ogni sua componente, nonostante la sua gestazione abbia subito diverse modifiche anche dell’ultimo momento e si sia dilatata smisuratamente nel tempo fino a raggiungere la durata di circa tre anni, in cui lo stesso Francis Ford Coppola ha messo letteralmente tutto se stesso, perdendo circa 30 chili di peso e arrivando addirittura a tentare il suicidio per lo stress accumulato e per le difficoltà produttive ed economiche da lui affrontate. La sceneggiatura (a cui hanno collaborato anche John Milius e Michael Herr) si rivela sorprendentemente solida e unitaria, fondendosi impeccabilmente con lo stile registico dello stesso Coppola, che alterna la realtà più cruenta a immagini oniriche ed evocative, e con le straordinarie musiche, in parte scritte dal cineasta e da suo padre Carmine. La fotografia di una colonna portante del cinema italiano come Vittorio Storaro (premiata giustamente con l’Oscar) nobilita l’intera pellicola, esaltando il contrasto fra lo splendore della natura e le atrocità commesse sopra di essa dall’uomo. Strepitose le performance di tutto il cast, composto da diversi attori che prima o dopo il film sono diventate leggende di Hollywood, fra cui spiccano Marlon Brando, Martin Sheen, Robert Duvall, Harrison Ford e Dennis Hopper.

Apocalypse Now Redux

Le modifiche più importanti presenti in Apocalypse Now Redux rispetto all’originale Apocalypse Now sono essenzialmente quattro, ovvero le aggiunte della scena del furto della tavola da surf ai danni del Colonnello Kilgore, quella dell’incontro dei militari con le conigliette di Playboy, la lettura da parte di Kurtz di alcuni estratti del Time sulla Guerra del Vietnam e una lunga sequenza di circa 20 minuti in cui Willard e i suoi compagni incontrano  una famiglia di coloni francesi con i quali dialogano sui comportamenti delle rispettive nazioni. Sono presenti inoltre piccole modifiche in fase di montaggio e una sostanziale variazione del finale, che non vi sveliamo per farvi godere appieno delle due versioni di questo capolavoro assoluto della Settima Arte, che rimane tale sia nella sua versione originale, più visionaria e sospesa nel tempo, sia in Apocalypse Now Redux, leggermente più politicizzato e contestualizzato a livello storico e sociale.

This is the end, beautiful friend
This is the end, my only friend, the end
Of our elaborate plans, the end
Of everything that stands, the end
No safety or surprise, the end
I’ll never look into your eyes, again

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 5
Recitazione - 5
Sonoro - 5
Emozione - 5

5