Ted Lasso – Stagione 2: recensione dei primi episodi della serie Apple TV+
La recensione dei primi due episodi di Ted Lasso 2, in uscita su Apple TV+ ogni venerdì.
Uscita su Apple TV+ il 23 luglio 2021 col primo episodio della seconda stagione, Ted Lasso 2 che ci ha abituato con la prima ad un racconto pieno di empatia, spirito sportivo e grande comicità, tutta giocata sugli alti e bassi dell’esistenza umana e del calcio. La seconda stagione prevede 12 episodi che verranno resi disponibili ogni venerdì sulla piattaforma streaming. Ted Lasso è una serie diversa da tutte le altre, narra di calcio evidentemente ma anche di molto altro, di mascolinità, per nulla tossica – nonostante qualche personaggio -, differente da quella tipica del calciatore, di fallimenti e vittorie, di gentilezza e fratellanza. Grazie al suo protagonista trasmette messaggi di ottimismo e di vicinanza umana, riuscendo a far ridere pur parlando di temi anche profondi, raccontare quanto sia importante il gioco di squadra per arrivare da qualche parte.
Il fallimento fa parte della vita nella seconda stagione di Ted Lasso
Sam: “Sai mio padre dice che ogni volta che ti vede in tv è contento che io sia qui, che sono in buone mani con te”
Ted: “Beh, è una bella cosa, lo apprezzo molto”
Nella prima stagione lo spettatore ha imparato a conoscere Ted, interpretato da Jason Sudeikis, storico comico del Saturday Night Live, un allenatore di football americano, senza arte né parte, arrivato in Inghilterra per allenare il Richmond, perché la proprietaria Rebecca (Hannah Waddingham) vuole far fallire la squadra per vendicarsi del marito, scappato con un’altra (più giovane di lei). Lasso non sa nulla di calcio, ma incredibilmente, grazie alla sua gentilezza, al suo modo “particolare” di comportarsi, lontano dal cliché a cui il mondo del calcio solitamente abitua – virilissimo, arrogante, pronto allo scontro duro pur di vincere, di cui il massimo rappresentante è Jamie Tartt – è capace di ricostruire una squadra allo sbando. Gli atleti si dimenticano per un attimo il proprio ego pensando al bene del gruppo, imparano a credere in sé stessi, capiscono che non bisogna fingere di essere uomini senza emozioni per essere dei bravi giocatori. Eppure nonostante il lavoro di Lasso, il Richmond però perde la partita definitiva, e proprio da qui parte la seconda stagione, con la squadra che deve fare i conti con la retrocessione e con una serie di pareggi.
Ted Lasso ha insegnato con la sua prima stagione che il calcio, come l’esistenza umana, non è solo una collezione di successi, anzi forse è molto di più, una lista sterminata di piccoli e grandi fallimenti, piccole e grandi cadute che devono essere comprese, digerite. Il suo meraviglioso allenatore insegna che proprio tra le pieghe delle sconfitte si possono trovare i racconti più belli, proprio con un sorriso in più, una gentilezza fatta senza secondi fini si può arrivare a fare grandi cose. Ted Lasso è una storia che ha più a che fare con la dimensione della sconfitta che con quella della vittoria; sì, negli annali ci entrano i vincitori ma sono importanti, a volte, ovviamente, non sempre, anche i perdenti. Lo sport più amato, il calcio appunto, ha bisogno di una squadra, di un gruppo e questo insegna ad essere Ted che deve fare i conti, almeno all’inizio con delle stelle che non vogliono fare un passo indietro. Il grande talento della punta di diamante, l’ultima stagione del veterano – tema a cui la serialità contemporanea ci ha abituato -, l’arrivo nella rosa di un nuovo e giovanissimo piede d’oro diventano personaggi necessari per capire questo mondo che è così simile alla vita in generale.
Ted Lasso 2: il calcio è proprio come la vita
Dani Rojas: “Il calcio è vita”
Il mondo di Ted Lasso è pieno di stereotipi: le differenze culturali, l’importanza dello spogliatoio, il personaggio di Jamie Tartt, prima calciatore di talento in prestito dal Manchester City che pensa solo a se stesso, poi stella della tv, lo spigoloso e ruvido capitano esperto, la cui carriera è in declino, Roy Kent, e figure che gravitano intorno alla squadra, come Keeley Jones, Dani Rojas.
Nel primo episodio di questa seconda stagione siamo in campo, Rojas sta per tirare il calcio di rigore e succede qualcosa di epocale. Un fatto di pura casualità, ancora una volta pareggiano ma il calciatore è fortemente turbato. Nulla sarà più lo stesso per lui e la sua frase motivazionale: “il calcio è vita” perde di senso. Fin dai primi minuti, Ted deve rimettere a posto tutto, o almeno provarci, con la sua calma, la sua pacatezza, le sue storie quasi filosofiche, lui non è un dittatore chiede consiglio, chiede aiuto, chiede agli altri cosa pensano perché anche il pensiero degli altri è importante. Questa volta però non basta e infatti il giovane calciatore viene mandato da una mental coach, Sharon (Sarah Niles); che sia arrivato per l’allenatore il momento di avere una rivale nel cuore della sua squadra? Ted fa di tutto per stringere amicizia con la mental coach, portandole dolcetti, facendole domande, essendo carino con lei.
Si comprende che lo stile di questa seconda stagione sarà più o meno sempre lo stesso, riportando sul piccolo schermo gli ingredienti chiave a cui siamo abituati: l’umorismo assurdo, i tic umani, gli accadimenti tragicomici e un spirito positivo che non viene scalfito quasi mai. La narrazione continua ad essere divertente e divertita, gioca con alcuni stereotipi e li ribalta, arricchendoli. A tenere il tutto è Ted che porta addosso, nelle sue parole, nei suoi atti, una visione del mondo pura, così simile a quella di Pollyanna, infantile dunque, eppure utile ad andare avanti, una delicatezza che conquista grazie al suo look assurdo, incredibilmente normale nonostante i baffi folti e lo stile da cartone animato. Anche questo primo episodio, come quelli della stagione precedente è costruito su una storia semplice ma molto solida, che configura sempre di più la nostra idea su personaggi, avvenimenti, un mondo. Sembra incredibile eppure c’è ancora molto da raccontare, e non solo dello sport; alcuni personaggi hanno cambiato vita, altri sono cambiati, altri ancora sono migliorati. Roy Kent (Brett Goldstein), dopo aver lasciato il calcio giocato ora continua la relazione con Keeley, sempre presente al suo fianco, dolce, carina, ha iniziato a fare yoga per ritrovare la sua pace interiore e lavorare sulla sua rabbia repressa, Jamie Tartt che Roy vede in un programma televisivo e verso cui ha ancora del rancore, sembra aver iniziato forse una nuova vita, c’è Nathan (Nick Mohammed) che da magazziniere tuttofare, preso in giro da tutti, ormai è diventato parte integrante dello staff e ora, inebriato dal potere che gli deriva dal suo passaggio di grado, fa la voce grossa con il nuovo tuttofare, Will.
Ted deve giostrarsi tra i vari personaggi che ruotano intorno a lui, tra i suoi giocatori e quelli che se ne sono andati via, dopo l’ennesimo pareggio ricorda alla squadra che deve essere come dei pesci rossi, dimenticarsi i propri errori e andare avanti, chiede di lasciare in pace Dani – e quindi di farsi la doccia a casa – perché deve superare lo sbaglio fatto e rialzarsi. Questa è una filosofia di vita, non solo di calcio, profondamente umana, e lontanissima dall’idea del calciatore che deve vincere a tutti i costi e che continua a ripensare ossessivamente al rigore sbagliato, alla partita andata storta.
Nel secondo episodio le cose si evolvono, da una parte Jamie viene mandato via dal reality show (a cui aveva deciso di partecipare per colpire il padre con cui aveva un rapporto difficile) e ha bisogno di parlare con Keeley che era la sua ex fidanzata nella stagione precedente, dall’altra c’è Roy che scopre che Keeley è innamorata proprio della sua fragilità e delle sue debolezze (flashback del discorso d’addio di Roy in cui piange). Sia Jamie che Roy si sentono persi, anche se in maniera diversa, anche se con profonde differenze: il primo arriva perfino a chiedere di tornare nel Richmond (“ho bisogno del Richmond”), il secondo inizia a commentare le partite in tv.
Ted Lasso 2: la rappresentazione di un’umanità ricca, speciale e anche molto fragile
Uno degli elementi più interessanti di Ted Lasso sta proprio nella rappresentazione degli uomini e donne che vivono intorno all’allenatore, un’umanità ricca e speciale che spesso si maschera mostrandosi dura e sbagliata, fragile e sensibile. Si tratta di una commedia eppure la serie narra anche la sensibilità di questi personaggi: gli attacchi di panico di Lasso che lo tormentano da quando la moglie gli chiede la separazione, le violenze subite dal campione Jamie Tartt, in questo secondo episodio la morte e il senso di colpa, il bisogno di chiedere aiuto. In questa seconda stagione, si sviscera ancora fragilità umana, malinconia (Ted Lasso guarda la foto del figlio che non vede da un po’ con molta tristezza), il profondo rapporto tra vittorie e sconfitte, tappe necessarie per comprendersi e comprendere, per crescere e capire che si è fatti anche di passi falsi e delle nostre ombre. Nella prima stagione Ted ci ha insegnato ad amarlo per il personaggio dolce e naif che è, stravagante e un po’ assurdo, abbiamo apprezzato il fatto che si sia comportato come non avremmo mai creduto: i dolcetti portati alla sua dirigente, il rapporto paterno con i suoi calciatori, i racconti di vita e d’infanzia utili a far uscire dai momenti bui la sua squadra.
Sudeikis è divertente e tenero nella sua rappresentazione di un maschio che rompe i cliché proprio cavalcandoli, ha scritto un personaggio che all’inizio è stato preso in giro, umiliato, usato e poi è stato in grado di farsi amare da tutti. In questa seconda stagione, vedendo le premesse, qualcosa cambierà ma la sensazione è che Ted Lasso ha in serbo grandi cose per la sua squadra e per i suoi fan.
Questi primi episodi ci riporta nel meraviglioso e strampalato mondo di Ted in cui tutto è differente sì, ma meraviglioso. Si tratta di due ottimi episodi che ci fanno ben sperare in questa seconda stagione, bella tanto quanto la prima.