He’s all that: recensione del film Netflix di Mark Waters

Rinunciando al coraggio e aderendo con pari compostezza allo script del suo precedente degli anni novanta, He’s all that non fa che ribaltare i ruoli dei protagonisti e aggiornarsi coi social e Tik Tok. Ma cambiando l’ordine de generi, il risultato…cambia eccome. Dal 27 agosto su Netflix.

Finalmente poi arriva l’inconfondibile riff di “Kiss Me”, il celebre brano alla chitarra della band Christian rock Sixpence None the Richer, inserita nel 1999 nella colonna sonora di She’s All That, rom-com diretta da Robert Iscove ed ora omaggiata nel suo remake prodotto da Netflix e (ancora) da Miramax in piattaforma dal 27 agosto. Arriva nel momento tanto sospirato del coronamento romantico, quando senza tanta audacia il film di Mark Waters (La rivolta delle ex, Mean Girls) non solo dichiara formalmente il suo intento celebrativo del precedente cult, ma conferma la sensazione che serpeggiava costante in tutto il suo decorso, ovvero quella di aderenza impersonale alla sceneggiatura scritta oltre vent’anni fa da R. Lee Fleming Jr.

Make-over e inclusività: aggiornamento ai dispositivi e ai social network

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Sembrerà infatti un’incongruenza, ma quello con protagonisti Freddie Prinze Jr. e Rachael Leigh Cook pur nella sua semplificazione ad archetipi di una generazione di liceali americani che da lì a poco avrebbe tracciato i modelli e i tropes da teen movie destinati per lungo tempo a rimanere invariati, risulta, ad oggi, essere insospettabilmente molto più coraggioso di quello con la tiktoker qui esordiente Addison Rae e il giovane interprete di Cobra Kai e The Fosters Tanner Buchanan.

Nonostante il tentativo (peraltro comprensibile) di svecchiare e restaurare lo script con la presenza connivente delle Instagram stories e della beauty routine, He’s All That è un’operazione da makeover a tutti gli effetti, un miglioramento estetico e un update in termini di inclusività, spogliata però di quella singolarità che l’avrebbe resa più accattivante. Limitandosi a combaciare e, anzi, ricalcando su carta carbone una catena di sequenze dall’originale, il film di Waters si astiene a sviare su binari meno sicuri e il risultato è un ribaltamento di generi e ruoli senza approfondire le conseguenze sulla differenza.

He’s all that inverte le parti ma evita di esplorarne le conseguenze

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Se nel ‘99 era Lui a scommettere sulla creazione ex-novo della nuova reginetta del ballo fra le ragazze meno popolari del liceo, loser divenuta cigno per emergere dall’anonimato, ora è Lei, Padgett Sawyer (Rae) a subire l’umiliazione in diretta dal fidanzato fedifrago, un belloccio tutto muscoli e auto abbronzante, gonzo e aspirante cantante pop, il quale, per sua sventura, farà perdere all’influencer follower e popolarità per un meme divenuto virale. Così è Lui, Cameron Kweller (Buchanan) ad essere il prescelto, nerd e respingente all’ordinarietà, appassionato di equitazione e street photography, poi riscoperto sensibile e caparbio; mentre sul finale è sempre l’altra a riparare al torto con un moralistico discorso sulla fallibilità e insincerità della perfezione da social, calcando, come previsto da narrazioni come questa, una redenzione più che scontata già intuita dal suo incipit.

Il film Netflix soffre di un inevitabile confronto con la pellicola teen-cult del ’99 in Italia uscita con il titolo di Kiss Me

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She’s all that (1999), in Italia uscito con il titolo Kiss Me

Ma oltre allo switch e ai continui scambi (sia sonori che alcuni richiami nella messinscena) fra anni novanta/primi duemila e la cosiddetta Generazione Z, He’s all that ne è piuttosto la versione pudica, casta nell’aver sorvolato su scelte più “adulte”, improbabili e problematiche dall’originale e, dunque, stretta nel suo avergli prestato fede in modo così risoluto da ripararsi senza incisività nel suo ombrello protettivo. Eppure il film in sé ha pregi strettamente godibili all’infuori della comparazione: la cura dettagliata del comparto visivo; la coreografia “fuori contesto” del ballo, qui eseguita come fosse una battle fra crew hip-hop; la strizzata d’occhio e l’ironia del rimando diretto con gli attori dell’originale quali Rachael Leigh Cook, qui madre infermiera, e Mattew Lilard nei panni del preside del liceo.

Quando invece viene in mente la natura nostalgica e dunque intrinsecamente confrontabile della mossa di Netflix, He’s all that svela la sua fallibilità, pareggiandosi senza troppi sforzi nell’agglomerato di pellicole a lei consimili disponibili in piattaforma, prestate ad una visione d’evasione e giovanile, pronte però a non lasciare traccia. E probabilmente, senza nemmeno segnare l’immaginario popolare della generazione a cui va riferendosi o dare il via a tutte quelle stelle emergenti (Usher, Kieran Culkin, Anna Paquin, Lil’ Kim, Clea Duvall, Paul Walker) che proprio con She’s all that avevano iniziato a gettare le prime luci con ruoli d’esordio, firmando con un cast corale e l’aria spensierata degli anni novanta un teen-cult destinato a restare. A differenza di questo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.4

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