SAS: L’ascesa del cigno nero – recensione dell’action Netflix
La recensione dell’action-thriller di Magnus Martens con Andy Serkis e Tom Wilkinson, trasposizione cinematografica del romanzo Red Notice di Andy McNab. Dal 27 agosto su Netflix.
Di film quasi o interamente ambientati a bordo di treni o vagoni della metropolitana ne sono stati realizzati innumerevoli nel corso dei decenni, motivo per cui stilare un elenco di pellicole richiederebbe uno sforzo celebrale non indifferente. Tuttavia nella suddetta filmografia c’è un titolo che, non per meriti ma per assonanze, ci è immediatamente tornato alla mente nel momento in cui lo scorso 27 agosto, data di rilascio su Netflix, abbiamo potuto vedere SAS: L’ascesa del cigno nero. Si tratta di Trappola sulle Montagne Rocciose, secondo capitolo della saga mancata di Under Siege, che negli anni Novanta ha raccontato le disavventure di Casey Ryback. Nel sequel di Trappola in alto mare, il brillante sottufficiale dei Navy SEALs in congedo passato ai fornelli e interpretato dall’inossidabile Steven Seagal, durante un viaggio ferroviario su un Grand Continental preso d’assalto da un gruppo di mercenari guidato da un folle progettista, aveva dovuto rispolverare il suo repertorio marziale per sventare un pericolosissimo attacco terroristico su scala mondiale. Che poi è esattamente quello che l’agente Tom Buckingham, protagonista dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Magnus Martens, ha dovuto a sua volta affrontare nell’action-thriller approdato sulla piattaforma a stelle e strisce.
SAS: L’ascesa del cigno nero è un’operazione dal coefficiente di originalità vicino allo zero, votata all’intrattenimento a buon mercato
Guardando la pellicola del regista norvegese, adattamento cinematografico del romanzo Red Notice di Andy McNab, potrete rendervi conto di quante analogie ci sono con quella diretta nel 1995 da Geoff Murphy. Il ché abbassa e di molto la percentuale di interesse nei confronti di un’operazione dal coefficiente di originalità vicino allo zero, votata all’intrattenimento a buon mercato per gli amanti degli sparatutto senza se e senza ma, dove l’unico sforzo celebrale richiesto al fruitore è quello di individuare nel campionario di insospettabile quale sia la talpa di turno che aiuta i cattivoni ad anticipare le mosse dei buoni. Cattivoni che in questo caso sono rappresentati da un piccolo esercito di criminali ben addestrati capitanati da una spietata mercenaria che ha dirottato un treno nelle profondità del Canale della Manica. Lo scopo è di farlo saltare in aria dopo avere preso in ostaggio tutti i passeggeri e chiesto un cospicuo riscatto. Peccato che a mettere loro i bastoni tra le ruote vi sia il già citato Buckingham, che viaggia a bordo del treno con la futura sposa.
Alla base di SAS: L’ascesa del cigno nero un racconto privo di qualsivolglia contenuto o presunto tale
Insomma, cambiano i fattori e l’ambientazione ma non la sostanza, che narrativamente e drammaturgicamente parlando si riduce come Trappola sulle Montagne Rocciose e in tanti film analoghi allo strettissimo indispensabile, utile a buttare giù uno straccio di trama. In SAS: L’ascesa del cigno nero il tutto si riduce ai minimi storici, ossia a quella mezza dozzina di dialoghi e a quella debolissima linea mistery che trovano spazio a fatica in una timeline dove a contare sono i fatti più delle parole. Devono trascorrere appena cinque minuti d’orologio, dei 125 complessivi, prima che i confitti a fuoco, le detonazioni, i corpi a corpi armati e non, prendano definitivamente il sopravvento sulla narrazione. Dalla distruzione del villaggio in Georgia sino all’epilogo nel bosco, lo spettatore non dovrà fare altro che assistere passivamente a un susseguirsi di pallottole, esplosioni, calci e pugni, che non prevede pit stop, ma sono un rifornimento di cartucce e adrenalina. Quest’ultima arriva solo a flebile folate, ossia quando il regista e la crew decidono di affondare con decisione il piede sull’acceleratore. Cosa che purtroppo nelle due ore e passa di timeline accade solo di rado. Un’eternità la durata raggiunta da Martens se si restringe il campo alle reali esigenze narrative di un racconto privo di qualsivolglia contenuto o presunto tale.
Uno sterile contenitore d’azione, animato da un caotico botta e risposta tra le parti chiamate in causa
Ciò che resta della visione è uno sterile contenitore d’azione, animato da un caotico botta e risposta tra le parti chiamate in causa, al quale ci dispiace con tutto il cuore che abbiano preso parte attori come Andy Serkis e Tom Wilkinson. Il problema grosso è che, a giudicare dall’epilogo, sembra che i produttori siano seriamente intenzionati a mettere in cantiere un secondo capitolo, quando invece SAS: L’ascesa del cigno nero dovrebbe essere la prima e ultima volta dell’agente Buckingham sullo schermo.