Venezia 78 – Il collezionista di carte: recensione del film di Paul Schrader
Il collezionista di carte di Paul Schrader è un film intenso e cupo, che mette in scena un uomo alle prese con il suo terrbile passato
La colpa e la sua espiazione non sono temi nuovi nella cinematografia di Paul Schrader. Ne Il collezionista di carte, film in concorso al Festival del cinema di Venezia 2021, il protagonista è in lotta con se stesso e con i suoi demoni, e sente fortemente la necessità di riparare ad un enorme errore che lo perseguita. Schrader parte dallo scandalo di Abu Grahib del 2003, per mettere in scena la storia storia di un uomo fatta di pentimento e senso di colpa. Come nel suo precedente film First reformed, dove Etan Hawke interpretava un prete bombarolo che sposava la causa ambientalista, la nuova storia scritta e diretta da Schrader prende a piene mani da un tema sociale attuale, grazie alle denunce che arrivano grazie alla virilità dei social: l’abuso di potere da parte delle autorità e i crimini di guerra. In scena c’è una parabola dolorosa che come un treno ad alta velocità attraversa lo spettatore senza mollarlo mai. Lo spessore di una scrittura asciutta e allo stesso tempo profonda, è poi sublimata da un cast in piena parte capitanato da un Oscar Isaac, intenso e magnetico.
Il collezionista di carte: la trama
Dei fantasmi del passato non ci si libera così facilmente e Will Tell (Oscar Isaac), ex soldato Tillich, lo sa bene. Dopo il passato militare e 8 anni di carcere, in seguito alla condanna per crimini di guerra per cui ha violato i diritti umani, Will è diventato un giocatore d’azzardo professionista, abilissimo a contare le carte. Un giorno, ad un convegno della polizia, Will incontra un giovane, Cirk (Tye Sheridan), che ha in comune con lui una conoscenza il Maggiore Gordo (Willem Dafoe) addestratore di soldati per tenere interrogatori fatti di tortura e punizioni. Il padre del giovane ragazzo era un collega di Will e come lui era stato condannato per crimini di guerra, conseguendo traumi psicologici tali da portarlo al suicidio. Il giovane vuole vendicarsi del maggiore, torturandolo fino ad ucciderlo. Da quel momento l’ordinaria e monotona vita di Will sembra avere un senso…
Questa è la storia di un uomo, solo e intrappolato nella sua stessa mente
Le ambientazioni di Il collezionista di carte sono fredde e senza personalità. I protagonisti si muovono tra hotel, casinò e lounge bar in giornate che sembrano sempre le stesse. Will si rinchiude nelle stanze dei motel dove appoggia lenzuola ovunque, teli che cancellano tutto quello che c’è stato prima, azzerando il passato e permettendo all’uomo di rinchiudersi nel suo dolore. Dolore che riporta in un diario, dove attraverso le parole messe nero su bianco, riflette sugli errori commessi in passato e su come lui possa meritarsi il perdono, nonostante abbia già scontato i suoi anni di carcere.
Le scenografie rispecchiano esattamente lo stato d’animo del protagonista, svuotato e oppresso dal peso del senso di colpa non solo personale, ma di un paese intero. Lo scandalo di Abu Ghraib, prigione in Iraq dove i soldati americani hanno torturato e ucciso con percosse i detenuti, ha colpito tutti un paese intero che ha dovuto interrogarsi sull’operato dell’esercito in medioriente. Essere perdonati e perdonare sé stessi, questa è la grande salita che deve affrontare Will. Il poker è l’unica via d’uscita per evitare di affliggersi continuamente. Con le carte Will sa cosa fare e il gioco lo astrae da qualsiasi tipo di pensiero. Will è un uomo solo e intrappolato nel suo passato: l’unico modo per uscirne è passare attraverso la sofferenza, affrontare una passione come Cristo per espiare le colpe di tutti.
L’interpretazione di Oscar Isaac è sublime
A dare anima e voce al personaggio di Will è Oscar Isaac, prima scelta di Schrader per questo ruolo. L’interpretazione dell’attore guatemalteco-americano è grandiosa: lavorando in sottrazione Isaac è riuscito a dare stratificazione al personaggio e trasmettere oltre lo schermo tutti i sentimenti del protagonista. Ad affiancarlo ci sono Tiffany Haddish che interpreta una sorta di talent scout nel mondo del poker e Tye Sheridan che dopo Ready Player One e X-Men Dark Phoenix si cimenta in un ruolo drammatico. Anche la colonna sonora è di grande qualità: i suoni viscerali e malinconici delle musiche strumentali si sposano benissimo con la lotta interiore di Will; Come anche le canzoni più armoniche e dolci composte da Robert Levon Been, cantante e compositore del gruppo Black Rebel Motorcycle Club, che sottolineano la presa di coscienza del protagonista e l’iter del suo percorso verso la liberazione dai suoi mali.
Un film teso e potente che saprà conquistare tutti gli spettatori.