La regina di cuori: intervista a Thomas Turolo, dalle challenge alla nuova frontiera del cinema

Il regista Thomas Turolo ci ha svelato gli elementi autobiografici presenti nell'opera e qualche aneddoto interessante sulle riprese

È stato presentato come evento speciale alla 78ª edizione della Mostra del cinema di Venezia il cortometraggio La regina di cuori, un’opera innovativa prodotta da One More Pictures, Direct2brain e Rai Cinema, diretta da Thomas Turolo e sceneggiata da Turolo e da Leonardo Paulillo. Il corto è incentrato sul tema attualissimo tra i giovani delle pericolose challenge online e vede nel cast Beatrice Vendramin, Cristiano Caccamo, Mariasole Pollio e la partecipazione straordinaria di Giuseppe Battiston.

La regina di cuori è disponibile per la visione in streaming su RaiPlay e ha già ricevuto una straordinaria accoglienza da parte del pubblico presente a Venezia. Inoltre è stato il film più visto sulla piattaforma di streaming gratuita della Rai nella prima settimana di settembre. Noi di Cinematographe abbiamo intervistato Thomas Turolo, che ci ha svelato gli elementi autobiografici presenti nell’opera e qualche aneddoto interessante sulle riprese. Il regista ci ha anche parlato di animazione e delle nuove potenzialità dello storytelling.

Thomas Turolo: la nostra intervista al regista del cortometraggio La regina di cuori, disponibile su RaiPlay

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Com’è nata l’ idea del soggetto proposto al contest “La Realtà che non Esiste”?
“L’idea è nata grazie ad un’amicizia. Il mio amico e co-autore Leonardo Paulillo si era approcciato al tema delle challenge, perché ha una figlia di tredici anni, e questo argomento lo preoccupava. Voleva affrontarlo. Quindi mi ha proposto un piccolo film per parlare ai ragazzi e ai genitori. Da qui poi è stato naturale partecipare al contest, quando  ne era stata annunciata la terza edizione. Ara, sua figlia, è stata una consulente preziosa nella scrittura.”
La regina di cuori offre uno sguardo diretto sulle problematiche giovanili. Alice, la protagonista, prova a liberarsi dai suoi incubi, affidandosi anche al potere terapeutico dell’arte. Ci sono elementi autobiografici?
“Sì. Da un lato abbiamo studiato le challenge e i meccanismi psicologici che si attivano nei ragazzi, dall’altro ho voluto metterci elementi personali, perché la storia prendesse vita e verità. La mia adolescenza è stata disturbata da problemi che si manifestavano in atteggiamenti errati e in incubi ricorrenti, proprio come la protagonista. Per cui la difficoltà di parlare con gli altri di Alice è stato un mio tratto per molto tempo. Ancora oggi mi sento più a mi agio ad esprimermi con i film piuttosto che a parole, così come la protagonista trova nell’arte la catartica terapia. La corsa di Alice ‘per mettersi un po’ in ordine la testa’ è parte del mio quotidiano, dove lo sport è diventato disciplina, salute mentale e fisica. Alice, poi, è il nome di mia nonna, che mi ha aiutato tantissimo durante la mia adolescenza.”

È riuscito a fondere sapientemente l’attualità del tema principale con le nuove potenzialità dello storytelling. Ha affidato alle piacevoli scene animate la rappresentazione di “quella realtà che non esiste”, e, paradossalmente, ancora più difficile da gestire: quella che spesso è solo dentro di noi…

“Beh, il cinema è una narrazione potente, per cui noi registi e autori abbiamo una grande responsabilità quando raccontiamo. Oggi le forme di narrazione si sono arricchite di strumenti e modalità, per cui ogni storia può trovare le forme più adatte. L’animazione, per me e Leonardo Paulillo che siamo anche appassionati di graphic-novel, è stato il modo di intrecciare l’attualità con l’immaginazione pura, trascendendo i limiti e dando sfogo alla fantasia. Un grande classico come il libro di L. Carroll Alice nel paese delle meraviglie, raccontato in forma di incubo in chiave “espressionista” dimostra una potente attualità. L’animazione è quindi una grande opportunità perché può portare mondi e stili fuori dall’ordinario, ormai è parte del “fare cinema” e ne è diventata un vero pilastro. Non avevo mai diretto l’animazione e ammetto che mi è piaciuto moltissimo.”
“Il problema non è il web, ma la sfiducia nel mondo reale (…) che ci vuole vedere sempre perfetti”, così sintetizza Alice. È vero. Il mondo ci vorrebbe perfetti come i prodotti fatti in serie. Cosa consiglierebbe agli adolescenti per non farli cadere nelle insidie della Rete?
“Domanda difficile, spero di non essere banale. Dico di non fermarvi allo schermo del cellulare, lì c’è solo una proiezione del mondo, alzate lo sguardo: respirate, osservate, ascoltate, provate! Lo standard non deve essere la perfezione, ma sono convinto che dobbiamo tutti tendere alla versione migliore possibile di noi stessi. Se sei adolescente, magari stai ancora cercando di capire chi tu sia, ma la bellezza nel mondo è che in natura niente è uguale a qualcos’altro, nessuno ad un altro. La rete è uno strumento di ricerca, ma usiamo sempre la testa nel capire cosa fa per noi e cosa no. Parlo ai genitori anche, insegnate a utilizzare gli strumenti in modo che influiscano positivamente.”
Il corto fa appunto riflettere anche sulle potenzialità di Internet. La terapia, ad esempio, entra in casa ed è a portata di un click. L’amica che, attraverso una videochiamata, fa sentire meno soli. La musica che portiamo ovunque, e in primis nella nostra testa. Ci racconta qual è la scena che ha amato di più girare?
“Sfruttiamoli questi aspetti positivi del web, senza mai perdere la voglia di aprire la porta di casa e incontrare gli altri ed il mondo, magari con della buona musica nelle orecchie, perché è nutrimento per la parte più profonda di noi. Realizzare il corto è stata un’esperienza unica, perché tutti noi ci abbiamo messo ogni energia per rendere questo progetto reale. Non so se c’è una scena specifica che amo di più, ma quella della corsa di Alice al ponte è molto autobiografica. Credo che parli senza dire una parola: una proiezione, almeno per me. Poi è stata anche la prima che abbiamo girato, la ricordo come l’inizio di tutto.”
Ha già in mente un nuovo progetto?
“Certo. Non mi fermerò, perché girare film per me è una bellissima necessità. Ci sono un paio di nuovi progetti, più ‘lunghi’, e che stanno cercando la giusta via…”
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