Avete visto il rifugio d’amore di Michelangelo Antonioni e Monica Vitti? Si trova in Sardegna e la sua forma ha un preciso significato
Michelangelo Antonioni e Monica Vitti, uno dei più grandi registi e una tra le maggiori attrici protagonisti di una costruzione unica.
Michelangelo Antonioni, tra i maggiori registi italiani di tutti i tempi, durante gli anni ’60 e ’70, ha contribuito a dar vita a un nuovo cinema, interrogandosi su temi esistenziali come l’incomunicabilità, l’alienazione e il disagio interiore. Vincitore di numerosi premi tra cui 2 premi Leone d’oro al Miglior Film; la Palma d’oro, due Premi della giuria, un Premio speciale al Festival di Cannes un Orso d’oro e un Oscar alla carriera, Michelangelo Antonioni è autore della celebre trilogia dell’incomunicabilità: L’avventura, La notte e L’eclisse. Protagonista delle 3 iconiche pellicole Monica Vitti, tra le più famose e amate attrici italiane, che con questi film raggiunse fama e popolarità a livello internazionale. Vincitrice, anche lei, di numerosi riconoscimenti, tra cui 5 David di Donatello, 3 Nastri d’Argento, un Leone d’oro alla carriera e un Orso d’argento, è considerata un’esponente della così detta commedia all’italiana. Michelangelo Anotonioni e Monica Vitti furono anche una coppia per un breve periodo negli anni ’60.
Il rifugio d’amore di Michelangelo Antonioni e Monica Vitti
Oltre ad essere due star del cinema, Michelangelo Antonioni e Monica Vitti sono conosciuti anche per aver portato il loro amore in una delle dimore più particolari e note al mondo, considerata oggi la Binischells più famosa e rappresentativa. Si trattava dell’isola di Budelli, ribattezzata poi Costa Paradiso, dove la coppia decise di costruire il proprio nido d’amore oltre che un set cinematografico. Affidato a Dante Bini, la casa ha una scultura spaziale, a cupola, bagnata dal sole, attraversata dal vento e dalla pioggia, dove di sente il rumore del mare, nonché tutti i suoni e le sensazioni di uno dei luoghi più selvaggi della Sardegna. A forma di conchiglia, Michelangelo Antonioni desiderava che la dimora trasmettesse tutto ciò che la circondava e che non fosse un’abitazione bidimensionale: pareti, pavimento e tetto dovevano essere permeati di quella natura nel quale la cupola era immersa.