Marilyn ha gli occhi neri: 5 motivi per vedere il film con Stefano Accorsi e Miriam Leone
Uno dei film più attesi della ripartita stagione cinematografica italiana è senza dubbio Marilyn ha gli occhi neri. Prodotto da Groenlandia – giovane casa di produzione di Matteo Rovere e Sydney Sibilia – in collaborazione con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution sarà rilasciato nelle sale italiane il 14 ottobre.
La storia narra della strana coppia formata da Miriam Leone e Stefano Accorsi, rispettivamente nei panni di Clara e Diego, pazienti – loro malgrado – di un centro diurno che si occupa della riabilitazione di persone con diversi disturbi comportamentali. L’occasione per conoscersi e provare a trovare un proprio equilibrio arriverà grazie alla gestione di un ristorante, nel quale far lavorare tutti gli altri pazienti del centro. Riusciranno nell’impresa, ritrovando fiducia in sé stessi e nell’altro?
Presentato in anteprima al Bifest 2021 alla presenza dei protagonisti, del regista, della sceneggiatrice Giulia Steigerwalt e dei produttori Matteo Rovere e Paolo del Brocco, Marilyn ha gli occhi neri ha già conquistato un gran successo di pubblico, riuscendo a scaldare i cuori di moltissimi spettatori. E se queste premesse non fossero sufficienti, ecco cinque motivi per non perdere assolutamente la pellicola.
1. Un tema difficile raccontato in maniera mai banale
Raccontare della malattia mentale a cinema non è impresa facile. Spesso si corre il rischio di banalizzare la narrazione o, al contrario, di racchiuderla in stereotipi o caratterizzazioni forzate e poco realistiche.
Marilyn ha gli occhi neri, invece, mette al centro della storia un gruppo di persone umane e fragilissime, capaci di individuare i propri problemi e di non prendersi mai troppo sul serio. Clara, Diego e gli altri pazienti, infatti, rivendicano la propria personalità e non permettono a nessuno di identificarli con i propri disturbi.
Anzi, a ben guardare, il tema centrale sembrerebbe essere la ricerca del proprio io autentico più che il racconto della malattia mentale stessa. Essere umani, anche e oltre le proprie condizioni fisiche e di salute.
E di questa teoria si fa portavoce involontario uno dei pazienti, Sosia (Mario Pirrello) convinto che ognuno di noi sia il sosia di qualcun altro, mentre il nostro vero io vive libero in Papua Nuova Guinea. E verso quella meta – reale e metaforica – Clara e Diego convincono il gruppo di essere diretti. Il ristorante, quindi, diviene il mezzo e il luogo per tornare ad essere persone.
Luogo inizialmente inesistente, poiché la giovane crea un sito web nel quale fa pubblicità ad un locale totalmente inventato. Ma che, ottenuto un grandissimo successo senza nemmeno esistere, dovrà essere messo in piedi da Diego e Clara.
Il Monroe – questo il nome del ristorante – diviene quindi il reale centro di cura. Perché è solo mischiando il dentro e il fuori (come suggerisce il medico della clinica, Paris – Thomas Trabacchi), solo regalando all’altro i propri pensieri più profondi e i comportamenti di cui si ha maggiormente paura, che si può guarire.
Lezione che, appresa dalla coppia protagonista, si estenderà anche gli altri pazienti: oltre a Sosia, Chip (Andrea di Casa), Susanna (Orietta Notari) e Gina (Valentina Oteri).
2. La coppia composta da Stefano Accorsi e Miriam Leone al centro di un film corale
Lei sa solo mentire. È talmente brava a farlo da essere la prima a credere alla sue bugie. Vitale, caotica ed estroversa, è incapace di tenere a freno le proprie pulsioni.
Lui è il suo esatto opposto. La vita lo ha messo alle strette e non è riuscito a reagire, sopraffatto dalle sue psicosi e dai suoi continui attacchi d’ira.
Una coppia improbabile ma non impossibile, che prende vita grazie alle straordinarie interpretazioni dei due attori protagonisti, Stefano Accorsi e Miriam Leone. Entrambi si spogliano della loro aura da divi per calarsi completamente nei panni di Clara e Diego. Accorsi cambia solo taglio di capelli, ma riesce ugualmente ad annullarsi dietro ai tic verbali e facciali di Diego, alle sue ossessioni e alla sua balbuzie.
Miriam Leone è ugualmente credibile nella creazione di un personaggio completamente diverso da lei. Clara non ha nulla del fascino e della bellezza della sua interprete, è goffa, a volte persino buffa, imbrigliata in racconti e vestiti che la rendono sempre inadeguata, imperfetta, fuori posto e fuori luogo.
Insieme formano una coppia dall’alchimia dosata e perfetta, raggiunta lentamente nel corso della narrazione. Messe da parte le proprie ingombranti individualità – dentro e fuori dal set – Accorsi/Diego e Leone/Clara diventano il punto fermo intorno a cui ruota il resto del cast.
Gli altri pazienti del centro diurno, infatti, riescono a ritagliarsi il giusto spazio, rendendo Marilyn ha gli occhi neri un film corale, fatto di personaggi ben caratterizzati e capaci di restituire le mille sfaccettare della “malattia mentale”.
3. Marilyn ha gli occhi neri – La regia di Simone Godano
Al suo terzo film da regista, Simone Godano sembra avere le idee ben chiare sul suo modo di fare cinema. Marilyn ha gli occhi neri, infatti, contiene alcuni degli elementi chiave delle due precedenti pellicole.
A cominciare dalla trama, che narra di un tema scomodo o quantomeno inusuale nel cinema italiano in maniera innovativa. Di pellicole retoriche sulla malattia mentale e sui problemi comportamentali ne sono state girate tantissime, ma il film di Godano riesce a farlo mantenendo una freschezza narrativa tipica di un certo nuovo modo di concepire il racconto. In questo senso, fondamentale risulta la collaborazione con Giulia Steigerwalt, che firma – ancora una volta – la sceneggiatura delle pellicole di Godano, dopo Moglie e marito e Croce e delizia.
Ed è in particolare con questo secondo titolo che Marilyn ha gli occhi neri condivide la volontà di svecchiare il racconto di certi temi. Croce e delizia, infatti, tratta di un altro tema difficile della nostra società, ovvero l’omosessualità, in maniera scanzonata ma allo stesso tempo profonda, rendendo i personaggi prima di tutti essere umani.
E, anche in questo caso, la storia è affidata ad una coppia di attori – Alessandro Gassman e Fabrizio Bentivoglio – intorno ai quali ruota un cast corale (Jasmine Trinca, Filippo Scicchitano, Lunetta Savino). Stesso impianto che troviamo anche nella prima pellicola di Godano, Moglie e marito (qui la coppia è formata da Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak).
Questa scelta non sembra essere semplicemente casuale, ma indice di una precisa volontà stilistica: Godano, infatti, lascia piena libertà ai propri attori, attraverso una regia calibrata ma mai invasiva, che spesso “si annulla” dietro alle varie interpretazioni, riuscendo ugualmente a mantenere ben saldo il filo rosso delle proprie narrazioni. Un regista sicuramente da tenere d’occhio.
4. Groenlandia: la casa di produzione di Matteo Rovere e Sydney Sibilia
Se la casa di produzione Groenlandia ha deciso di puntare nuovamente su un prodotto di Simone Godano, vuol dire che il progetto in questione è assolutamente imperdibile.
Fondata nel 2014 da due dei più visionari registi della nuova generazione – Matteo Rovere e Sydney Sibilia – la Groenlandia ha dato fiducia a moltissimi giovani cineasti, producendo alcune delle pellicole più innovative del panorama cinematografico italiano recente. A cominciare dai film degli stessi fondatori, Smetto quando voglio – Masterclass, Smetto quando voglio – Ad honorem, L’incredibile storia dell’isola delle rose (Sibilia) ed Il primo re (Rovere).
Un progetto solido e preciso, quello alla base di questa casa di produzione, decisa a contribuire al rinnovamento di un panorama a volte troppo vecchio e stantio, attraverso la riattualizzazione di generi e stili e ad un’ambizione che pare non conoscere ostacoli.
Divenuta un vero e proprio gruppo d’impresa (Groenlandia Group contiene al suo interno anche la Ascent Film e la neo-nata Lynn) ha deciso di puntare su una nuova generazione, in grado di portare avanti un percorso del genere.
E se lo stesso Godano, insieme a Sibilia, ha scommesso sulla commedia – spesso citazionista ma sempre efficace – gli altri cineasti si sono mossi in tutt’altre direzioni, ampliando il ventaglio dell’offerta. Horror (Shadows – Carlo Lavagna), western (Il mio corpo vi seppellirà – Giovanni La Pàrola), biopic (Il cattivo poeta – Gianlunca Jodice): non c’è un singolo genere che la Groenlandia e le sue affiliate non abbiano provato a rinnovare.
Fra i suoi ultimi progetti, pellicole un tempo impensabili nel cinema italiano, come Mondocane di Alessandro Celli, ambientato in una Taranto distopica ma ugualmente realistica, e il noir-western Delta di Michele Vannucci – ancora in produzione -.
Marilyn ha gli occhi neri, quindi, diviene un tassello fondamentale di questo cammino, da riscoprire in tutte le sue tappe.
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5. Marilyn ha gli occhi neri: la colonna sonora fatta di brani cult e canzoni originali
“I wanna be loved by you, just you, nobody else but you” cantava Marilyn in A qualcuno piace caldo. E le stesse parole le dedica Clara a Diego, all’interno del Monroe, nel momento del loro massimo successo. È l’iconica attrice, infatti, ad essere uno dei fili conduttori del rapporto fra i due protagonisti, a partire dal nome del locale fino alla convinzione di Clara di somigliare a Marilyn, che aveva gli occhi neri proprio come lei.
Ed è quella canzone in particolare a significare tantissimo anche per Diego: abbandonato dalla madre, ricorda di lei solamente la voce che intona quelle parole.
Parole che ritorneranno attraverso la canzone interpretata da Clara, che fa suo il testo per vivere uno dei rarissimi momenti di sincerità assoluta che a lei – bugiarda cronica – proprio non appartengono. Svelato il suo vero io, quello di una ragazzina impaurita e imbrigliata nelle sue stesse false credenze – lei non è Marilyn, non sa cantare, non sa intrattenere – può finalmente essere apprezzata da Diego per ciò che è realmente. Lo strampalato duetto che ne verrà fuori sancirà l’inizio dell’avvicinamento fra i due, finalmente liberi di essere se stessi.
Una canzone stonata che appiana e ripaga le “stonature” della vita. L’iconico brano è incastonato all’interno della colonna sonora composta da Andrea Farri. Il tema principale da lui composto – un delicato riff di pianoforte accompagnato a sonorità elettroniche minimali – verrà ripreso da Francesca Michielin, autrice della canzone che accompagna i titoli di coda, Nei tuoi occhi. Il testo è strettamente collegato alla trama del film, e mette al centro la complessa dinamica del rapporto fra Clara e Diego.
A completare la soundtrack, altre piccole pietre miliari del pop contemporaneo e non solo, fra cui Spirits dei The Strumbellas, presente sin dal trailer.
Appuntamento dunque al 14 ottobre. Ovviamente in sala!