Roma FF16 – Gli occhi di Tammy Faye: recensione del film con Jessica Chastain e Andrew Garfield
Film d'apertura al Roma FF16, Gli occhi di Tammy Faye ripercorre la vita dei coniugi televangelisti Tammy Faye e Jim Bakker, dal successo abbagliante con il PTL Club al rovinoso declino.
Non è un caso che l’inquadratura iniziale sugli occhi Tammy Faye coincida con il primo sguardo della sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Selezionato come film d’apertura della Mostra, The eyes of Tammy Faye (Gli occhi di Tammy Faye) – scritto da Abe Sylvia e diretto da Michael Showalter – è una retrospettiva sul caso mediatico che verso la fine degli anni ’80 coinvolse la coppia di telepredicatori Jim Bakker e Tammy Faye, legati anche nella vita privata. Lo scandalo Bakker, scoppiato in seguito alle dichiarazioni della giovane Jessica Hahn, travolse i coniugi e il loro impero televisivo, pianificato e modellato conformemente alle esigenze del pubblico nel corso di poco più di un decennio. Padroni del palcoscenico e fedeli predicatori dal Jimmy and Tammy Show al The PTL Club, i televangelisti tradussero i sentimenti e i valori cristiani per le masse, avvicinandole con un linguaggio leggero, comprensibile, rassicurandole attraverso programmi tanto sfarzosi da ricalcare le televendite pubblicitarie promosse dalle reti nazionali. Nella cornice viziosa e corrotta di una società votata a sradicare i vizi ed arricchire i potenti, i Bakker alternano alla discesa sociale il fallimento familiare, vendendo l’intimità al miglior offerente.
Jessica Chastain e Andrew Garfield sono Tammy Faye e Jim Bakker nel film Gli occhi di Tammy Faye
Minnesota, anni ’60. Jim Bakker (Andrew Garfield) e Tammy Faye (Jessica Chastain) frequentano il North Central Bible College, un’Università privata cristiana che educa i giovani studenti secondo i dettami del Vangelo. L’anno seguente la coppia, ormai sposata, viaggia itinerante a bordo di una macchina verso il Sud Carolina, esportando un progetto innovativo di predicazione religiosa che attira nell’immediato le attenzioni delle reti televisive. Con il Jimmy and Tammy Show, trasmesso dalla CBN di Pat Robertson, i coniugi acquisiscono rapidamente notorietà televisiva, trasformando l’educazione cristiana in uno spettacolo di intrattenimento per i più piccini. Con il successo del The PTL Club l’ambizione di Jim Bakker, ostentata e di rado lucida, cresce a dismisura, minando le premesse di fiducia del suo legame sentimentale, osteggiato dall’esuberanza caricaturale di Tammy Faye e da una latente omosessualità repressa di lui. Nell’87 l’impero di Bakker crolla sotto le rovinose accuse di Jessica Hahn, una ragazza che lo accusa pubblicamente di averla stuprata e costretta al silenzio, finanziandola con 287.000$, prelevati dai fondi del PTL Club. La parabola discendente del televangelista non risparmia Tammy Faye che derisa, dileggiata e umiliata, reagisce all’arresto del marito rinnovando la sua fedele devozione a Dio, che tutti ama e perdona.
God Loves You, i media no: The PTL Club tra dolorismo e dolorrore
Gli occhi di Tammy Faye racconta in retrospettiva l’ascesa, la disfatta sociale e la redenzione della sua unica, reale protagonista, Tammy Faye Bakker. Figlia maggiore di una donna divorziata, ammessa in Chiesa esclusivamente per le sue doti da pianista (una splendida Cherry Jones nei panni della madre di Tammy Faye, Rachel), Tammy Faye accoglie presto Dio nel suo cuore e nella sua anima, avvicinandosi alla Chiesa già da bambina e rimanendo fedele, nel corso degli anni, alla devota adorazione del sentimento cristiano. Co-fondatrice del più grande network televisivo religioso e di un parco a tema (la Disneyland cristiana, così la definivano i media), Tammy Faye non rimase mai indifferente all’opinione pubblica: esuberante, dinamica, eccessiva nelle sue manifestazioni private e religiose, la televangelista desiderava solo amore per le persone. Un vivace esempio di progressismo estetico capace di livellare le divergenze, legittimare ogni variabile d’esistenza dietro lo scudo dell’amore di Dio. Esseri umani da amare. Agli occhi di Tammy Faye tutto questo era possibile: amare il “diverso”, riconoscerlo, accettarlo come simile attraverso un messaggio di amore incondizionato, spinto dal canto oltre ogni barriera sociale.
Leggi anche Jessica Chastain a Roma FF16 per The eyes of Tammy Faye: “Credo nell’amore incondizionato, ma non sono un giudice”
Lo stile documentaristico nella regia di Showalter, incisivo e trainante, fortemente visuale e macchiettistico, fa della fotografia di Michael Gioulakis il suo mezzo d’elezione. Le vibranti cromie pastello, arazzo di leggerezza e mondana, scintillante ingenuità, sono indispensabili per raccontare una storia che resti fedele alle sue premesse. Tammy Faye condensava la solitudine, la spontaneità, la passione nell’esplosione di colore dei suoi abiti, del suo marcato make up. Lontana anni luce dalle figure dei predecessori, la televangelista divenne un’icona multiforme, costantemente in bilico tra il sentimentalismo più roseo e l’autodistruzione emotiva. Gioulakis ha ricostruito un universo metacinematografico fluido, capace di passare senza sosta il testimone da un piano narrativo ad un altro, prediligendo il punto di vista di un osservatore/spettatore esterno ma sempre coinvolto nelle vicende dei coniugi Bakker. Il direttore della fotografia ha fatto uso di telecamere visive vintage e obiettivi in grado di catturare l’atmosfera del periodo storico, e di macchine da presa Alexa LF per ricreare una prospettiva onnisciente rappresentativa del mondo dei Bakker oltre lo schermo.
Tammy Faye, al di là del suo essere un fenomeno mediatico, un’icona progressista per le comunità LGBTQ, un incentivo al fatturato delle grandi testate scandalistiche degli anni Ottanta, era dotata di un profondo senso di integrità, un’empatia degna di essere riesumata, rivelata e riscattata agli occhi dell’opinione pubblica. Un personaggio da contestualizzare e assolvere nella cornice di un habitus sociale animato dal più profondo dolorismo. Concordemente all’era contemporanea di fluidità mediatica, si espande e cristallizza la cultura del voyeurismo. L’entertainment televisivo della coppia non mostra il dolore in maniera manifesta, ma lo rimaneggia, lo trasforma in argomento (La TV invadente, Anna Bisogno, Carocci, 2015): ciò che si dice in diretta, drammi e fallimento, diventano un evento spettacolare che fa squillare incessantemente il telefono trascinando il fedele spettatore in un circuito di engagement spirituale, unico tramite per la redenzione divina. In un mondo di potenti, Tammy Faye si distinse per il suo amore incondizionato verso il prossimo, per il suo totalizzante impiego per la fede che non venne mai scalfito, neanche dalle sue trasgressioni più umane.“Tammy credeva in qualcosa di più grande” dice Jessica Chastain. “Chiudendo gli occhi e pregando le voci della sua testa diventavano reali. Non sono un giudice, ma credo fosse sincera.”