Nik Novecento: la terribile malattia che provocò la morte a soli 23 anni e le parole commosse di Pupi Avati: “è morto qui nel mio ufficio”
Pupi Avati ricorda il suo amico Nik Novecento, morto a soli 23 anni nel 1987 a causa di una malformaziona cardiaca.
Dopo aver ottenuto successo con le sue interpretazioni cinematografiche e soprattutto con le sue ospitate al Maurizio Costanzo Show, Nick Novecento venne a mancare nel 1987 a soli 23 anni, per un improvviso malore causato da una grave malformazione cardiaca. Ecco la storia dell’attore, Musa ispiratrice di Pupi Avati.
La tragica morte di Nick Novecento e la dichiarazione shock di Pupi Avati
Il mentore di Novecento, Pupi Avati ha raccontato il suo primo incontro con quello che sarebbe poi diventato uno dei suoi più cari amici: “Era il 1983 sull’Appennino tosco-emiliano e stavamo cercando attori per Una gita scolastica.Fu mio fratello Antonio a scoprirlo al bar ma lui non ne voleva sapere. Dovemmo insistere”. Da allora i due sono diventati inseparabili, tanto che l’attore ha recitato in quasi tutti i film del regista: Una gita scolastica, Noi tre, Impiegati, Festa di laurea, Ultimo minuto e Sposi.
Pupi ha poi raccontato – come riportato da La Repubblica – il tragico giorno della morte del suo amico: “È morto qui nel mio ufficio e me lo ricordo come fosse ieri. La sua è stata una morte di gioia. Era un giorno speciale: era riuscito a concludere l’acquisto di una casa a Pontecchio per i suoi genitori che non ne avevano mai posseduta una. È morto di felicità. Io non ho mai conosciuto nessuno con quel candore, quell’innocenza e quella capacità di stupefazione. Da un punto di vista personale è stato un rapporto terapeutico e una forma di igiene mentale”.
Nik aveva solo 23 anni quando salutò il nostro mondo, ma è sempre stato ricordato con un sorriso da quanti lo conoscevano, come l’autore del volume a lui dedicato – Michele Sancisi – che durante la presentazione dello stesso ha detto: “Nik era una persona che viveva il presente e solo il presente. La sua vita era segnata da quella malformazion cardiaca che lo avrebbe ucciso. Viveva a contatto con la morte e lo faceva vivendo al meglio”.