Alice in Borderland: la spiegazione della serie Netflix
La nostra analisi di Alice in Borderland, la serie TV disponibile su Netflix. Attenzione agli SPOILER!
Alice in Borderland è una serie televisiva giapponese, diretta da Shinsuke Sato (I Am a Hero, Bleach) e scritta da quest’ultimo in collaborazione con Yasuko Kuramitsu e Yoshiki Watabe. Nonostante sia presente su Netflix già dal dicembre del 2020, è entrata a far parte della classifica delle 10 serie più viste in Italia solamente di recente. Questo improvviso successo dipende almeno in parte dal fatto che lo show sia, sotto alcuni punti di vista, somigliante a Squid Game, il telefilm coreano che sta conquistando gli spettatori di tutto il mondo. Le similitudini tra i due prodotti sono però di carattere superficiale e derivano dal fatto che entrambe fanno riferimento al filone della fantascienza distopica.
Tratta dall’omonimo fumetto di Haro Aso, Alice in Borderland è una serie ricca di spunti di riflessione, che utilizza i cliché della fantascienza per parlare al pubblico di alcuni aspetti critici della società contemporanea. In particolare, come vedremo meglio nei paragrafi successivi, la serie porta avanti una critica all’organizzazione del mondo del lavoro. Per comprendere in che modo e con quali obbiettivi lo sceneggiato di Shinsuke Sato approccia questi temi è però necessario procedere con ordine.
Alice in Borderland di cosa parla? La trama della serie
La vicenda narrata dalla serie diretta da Shinsuke Sato ha inizio nella Tokyo dei giorni nostri, dove facciamo la conoscenza di Arisu (interpretato da Kento Yamazaki), Karube (Keita Machida) e Chota (Yûki Morinaga): tre amici alla soglia dell’età adulta che, per un motivo o per un altro, faticano a trovare il loro posto nel mondo. Arisu vive ancora con il padre, non ha un lavoro e dedica la maggior parte del suo tempo ai videogiochi; Karube lavora in un bar ma viene cacciato dopo che, per una questione di donne, si azzuffa con il proprietario; Chota è un impiegato che non ama la sua professione e evita di presentarsi in ufficio ogni volta che ne ha la possibilità.
L’ennesimo litigio con il genitore convince Arisu a lasciare la casa e, non avendo un posto dove andare, chiede aiuto ai suoi amici. Proprio mentre i tre sono assieme per festeggiare la sua ritrovata indipendenza qualcosa di inspiegabile avviene: la città si svuota di tutti i suoi abitanti. In quella che fino a un attimo prima era una delle metropoli più popolose al mondo sembrano essere rimasti solamente loro e non c’è nessun indizio riguardo al destino toccato al resto della gente. L’improvvisa mancanza di elettricità e di linea sancisce poi il loro definitivo isolamento.
Con il calare delle tenebre, Arisu, Karube e Chota sono attirati da un edifico illuminato, l’unico della zona in cui la corrente sembra essere tornata. Al suo interno non solo troveranno altre persone, ma scopriranno anche una terribile verità: tutti coloro che sono rimasti all’interno della città sono costretti a prendere parte a dei giochi. In queste sfide il fallimento equivale alla morte, mentre la vittoria consente ai partecipanti di raccogliere una carta da gioco, il cui valore equivale al numero di giorni che è possibile aspettare prima di essere costretti a iscriversi a un’altra attività.
Il lavoro rende liberi
La situazione in cui si ritrovano i protagonisti di Alice in Borderland può essere letta come un’allegoria dell’attuale mondo del lavoro, in cui le criticità che esso contiene sono estremizzate e poste in primo piano. All’interno di questa metafora, i sadici giochi, che incoraggiano i partecipanti a scontrarsi l’uno con l’altro, rappresentano quelle tipologie di lavoro in cui non solo il lavoratore è sfruttato, ma è anche posto nella situazione di dover competere con i propri pari per assicurarsi di ottenere quanto gli è necessario per sopravvivere.
L’immagine è resa ancora più angosciante dal fatto che, nonostante la vittoria assicuri qualche giorno di pace, tutti i partecipanti sono prima o poi costretti a tornare a giocare, perché coloro che non sono in grado o non vogliano farlo vengono a loro volta uccisi. La serie sembra quasi volerci dire che non c’è via d’uscita da questo mondo segnato da competizione e sfruttamento. Ogni sollievo che deriva da esso è infatti rappresentato come temporaneo e realizzato con l’univo obbiettivo di consentire ai componenti della forza lavoro di recuperare l’energia necessaria alle mansioni assegnate. Quando poi uno di questi componenti non è più in grado o si rifiuta di tornare al suo posto, viene semplicemente eliminato.
Un altro aspetto dei giochi di Alice in Borderland che fa venire in mente una parte del mondo del lavoro è la mancanza di comunicazione diretta: le regole dei giochi sono comunicate ai partecipanti attraverso dei telefoni cellulari e in nessun caso gli è possibile entrare in contatto con gli organizzatori. Si tratta di un meccanismo simile a quello della gig economy, in cui i lavoratori interagiscono con il proprio datore solamente tramite delle apposite App e, salvo occasioni eccezionali, non hanno alcun contatto diretto con esso. Poi, come nella serie l’uccisione di uno dei partecipanti non prevede alcun contatto diretto tra vittima e carnefice, all’interno di questo tipo di economia il licenziamento può avvenire tramite l’invio anonimo di un messaggio prescritto.
Il messaggio di Alice in Borderland: “uniti siamo tutto divisi siamo niente”
Alla luce di quanto scritto sopra, appare chiaro come Alice in Bordeland lasci una descrizione decisamente oscura del mondo in cui viviamo; la serie non si limita però a mostrare i mali del sistema e prova anche a individuare dei possibili anticorpi con cui combatterli. Il primo tra questi a essere messo in mostra è la socialità, rappresentata dal rapporto che lega Arisu, Karube e Chota. I tre non sono stati scelti casualmente come protagonisti: sono personaggi che, loro malgrado, non rientrano all’interno delle categorie imposte dalla società e che, quando messi alla prova, sono in grado di andare controcorrente.
La forza dei giochi sta nella loro capacità di fare leva sull’individualismo che è insito in ogni uomo, ma questa si rivela non essere sufficiente a spezzare il legame che lega i tre amici. La loro unione è talmente forte che, pur di salvare Arisu, Karube e Chota scelgono di sacrificare la loro vita e, così facendo, mettono in crisi le radici ideologiche su cui si basano i giochi. Il sistema può infatti continuare a esistere solamente se gli i partecipanti sono disposti a competere per la loro sopravvivenza, ma se questi si uniscono nel rifiuto delle regole esso non ha più potere su di loro.
Di natura similare è anche il rapporto che nella seconda parte della stagione unisce Arisu a Usagi (interpretata da Tao Tsuchiya). I due sono sì legati l’uno all’altra da un sentimento di carattere romantico, ma scelgono di agire insieme innanzi tutto perché mossi dalla medesima volontà di scoprire chi si cela dietro a questo sadico meccanismo e di porre fine al suo dominio una volta per tutte.
Cosa rappresenta la Spiaggia?
La Spiaggia viene nominata per la prima volta in Alice in Borderland nella seconda puntata, ma i protagonisti la raggiungono solamente nella quinta. Si tratta di un albergo di lusso in cui, tramite l’uso di generatori alimentati a benzina, si è riusciti a far tornare la corrente; coloro che vivono al suo interno, nonostante siano ancora costretti a prendere parte ai giochi, sono dediti al piacere e allo sballo. A capo di questa struttura c’è Cappellaio, il misterioso personaggio che ha reso possibile la sua esistenza e che afferma di avere un piano per liberare tutti.
La spiaggia viene definita dal suo fondatore come la realizzazione di un’utopia, ma è piuttosto uno strumento di distrazione di massa, che risponde con l’alienazione al bisogno di evasione che accomuna tutti i giocatori. In questo senso, è possibile individuare nella struttura una allegoria dell’industria dell’intrattenimento. Volendo dare credito a questa visione, è possibile affermare che alcuni rami di questa siano infatti costruiti con lo scopo di isolare e rendere innocui gli individui appartenenti alle classi subalterne che, in cambio del sollievo momentaneo, saranno disposti a rimanere all’interno dei ranghi.
Non è certo un caso che, pur promettendo la libertà, la Spiaggia spinga i propri abitanti a continuare a partecipare ai giochi. Il fatto che questa struttura abbia una funzione di controllo sociale, simile a quella che nella realtà ha appunto il mondo dello spettacolo, appare poi ancora più chiaro quando si viene a scoprire che all’interno del suo gruppo dirigenziale si è infiltrato un agente legato all’organizzazione delle sfide.
Alice in Borderland: la spiegazione della serie TV
Alice in Borderland è una serie Tv che si propone di individuare ed esporre alcune delle criticità presenti all’interno del mondo del lavoro. Lo fa con un linguaggio che in alcuni casi può apparire un po’ semplicistico, ma che è anche caratterizzato dalla schiettezza dell’esposizione, che rende il messaggio chiaro. Si tratta inoltre di un linguaggio universale, capace di coinvolgere nella discussione gli spettatori di tutto il mondo. Poco importa se si conosce poco o nulla della cultura giapponese: grazie allo stile che contraddistingue questo prodotto non solo è possibile empatizzare con Arisu e con gli altri protagonisti, ma è anche facile comprendere in che modo queste siano in realtà metafore delle situazioni critiche che sono purtroppo presenti in tutti i paesi sviluppati.
Anche il fatto che tutti i principali personaggi dello show siano giovani adulti non è casuale: la generazione che si appresta in questo momento a entrare nella maturità è una delle principali vittime del peggioramento che ha contraddistinto il mondo del lavoro. Riferendosi direttamente a loro, la serie mostra quindi di avere compreso chi sono i principali destinatari del discorso che è interessata a portare avanti.