Roma FF16 – Hive: recensione del film di Blerta Basholli
Vincitore al Sundance 2021 e ora presentato alla 16ma Edizione della Festa del Cinema di Roma, il film kosovaro Hive è la lotta di una giovane vedova per la riconquista della sua libertà in una società fortemente patriarcale. Tratto da una storia vera.
Tra il febbraio del 1998 e il giugno del 1999, la guerra del Kosovo ha ucciso oltre dieci mila persone, lasciandone dispersi almeno tre mila. Tra le vittime di quel conflitto, anche il marito di Fahrije Hoti, donna la cui storia ha ispirato Hive, il primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice kosovara Bleta Basholli, vincitrice allo scorso Sundance Film Festival nella sezione World Cinema Dramatic Competition.
Rimasta sola dopo la scomparsa – o la morte – del marito, la protagonista, qui interpretata da Yllka Gashi, è una madre di un figlio piccolo e una figlia adolescente, costretta per necessità economiche ad affrontare la sua perdita, imparando con orgoglio a guidare e avviando un’attività in proprio per la preparazione dell’ajvar, un tradizionale condimento di peperoni arrosto dei Balcani, imbottigliato e poi venduto ai commercianti.
Hive è l’esordio alla regia della giovane regista Blerta Basholli, premiato all’ultimo Sundance e presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2021
Ma all’interno di una gerarchia fortemente patriarcale e una società rurale che guarda alle donne rimaste vedove con sospetto, la volontà di emancipazione di Fahrije stonerà con le aspettative del villaggio di Krusha e Madhe, ‒ vero teatro di un massacro di 240 morti o dispersi ‒, che intende il lutto femminile come un’eterna attesa dei capifamiglia, riuscendo però con coraggio e perseveranza a rilanciare un messaggio di speranza e di resilienza a tutte le altre donne rimaste sole come lei.
Se l’indipendenza è trasgressione, Hive assorbe tramite camera a mano e sguardo fisso sulla sua protagonista, una sceneggiatura classica e asciutta, declinata soprattutto alla riconsegna del reale, affidando alle tonalità grigie ma inondate di luce del DP Alex Bloom, il compito di rievocare il caldo estivo di un paese martoriato dalla guerra, dei tanti volti di donne ancora ignare del destino dei loro mariti, partiti per la guerra e mai più (ancora) tornati.
Tra corpi mai più ritrovati e gesti quotidiani di dignità, Hive riconsegna un pezzo di Storia recente per parlare alle giovani donne del presente
Hive è un film di parole che pesano come macigni e di corpi accatastati su un camion e chiusi in sacchi bianchi; oppure di mani e gesti ripetuti per lavorare e passare, pulire e chiudere la salsa che esalta il palato di molte famiglie balcaniche, e che salverà anche il destino di Fahrjie. La regista la guarda con ammirazione e ispirazione, poiché come spesso accade al cinema, è proprio traendo spunto da una storia particolare del recente passato che si riesce a parlare anche alle generazioni odierne, donne e ragazze costrette al pregiudizio della loro società, che piuttosto le ingabbia e le vorrebbe mansuete e pazienti.
Accanto ai figli e al suocero Haxhi interpretato dall’attore Çun Lajçi, Fahrjie tenta di uscire fuori dal suo ‘alveare’, ricordando la gentilezza del marito nel curare le sue api, ma non per questo lasciando che la memoria e un passato ancora troppo doloroso e incerto la fermi dal suo obiettivo. Cercando una frattura alle tradizioni e ai retaggi ancora resistenti all’indipendenza delle donne, Hive è saggiamente consapevole, attraverso la sua eroina, che la libertà è un lungo e faticoso processo di conquista, fatto di piccoli passi rumorosi che man mano riescono a squarciare le coscienze.
Nel cast di Hive anche Çun Lajçi, Aurita Agushi, Kumrije Hoxha e Adriana Matoshi. Scritto e diretto da Blerta Basholli, la partitura musicale è di Julien Painot, mentre il montaggio è di Félix Sandri e Enis Saraçi.