Roma FF16 ‒ Yuni: recensione del film di Kamila Andini
Un film che racconta con delicatezza ed empatia il processo di crescita di un’adolescente indonesiana fra superstizione, matrimoni combinati e libero arbitrio.
Yuni è un racconto di formazione declinato al femminile, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2021 a poche ore dalla presentazione di Hive, l’esordio kosovaro e anch’esso al femminile della giovane regista Blerta Basholli introdotto e premiato al Sundance 2021.
Il film è diretto della cineasta Kamila Andini con protagonista assoluta l’esordiente Arawinda Kirana ed è stato presentato online all’ultimo Toronto Film Festival per poi essere selezionato per gli Oscar come miglior film straniero in rappresentanza dell’Indonesia.
Nata a Jakarta e da sempre interessata alla fotografia anche cinematografica, con il suo ultimo lavoro la Andini dipinge un delicato racconto di formazione su una sedicenne indonesiana alle prese con superstizioni e dubbi sul futuro.
Yuni: la protagonista del film di Kamila Andini è una sedicenne indonesiana costretta a scegliere fra realizzazione professionale e matrimoni combinati
Brillante negli studi e attratta dal colore viola tanto da rubare ovunque oggetti e indumenti della stessa nuance, Yuni comincia ad accorgersi degli occhi maschili che iniziano a posarsi su di lei, sancendo la fine dell’infanzia e l’inizio di un’adolescenza che non lascia scampo ai primi doveri femminili. Nonostante sogni di frequentare l’università, alla giovane vengono fatte due proposte di matrimonio combinato, che lei respinge puntualmente rivendicando la sua libertà.
Ma la superstizione del suo paese vede il doppio rifiuto coniugale come una sorta di profezia nera, decretando nella donna in questione un futuro di solitudine. Eppure Yuni, e le sue compagne di scuola con le quali condivide la stessa sorte e la stessa necessità di sperimentare esperienze e piaceri prima del fatidico ‘si’, pare interessarsi ad un coetaneo della stessa scuola di nome Yoga (Kevin Ardillova), timido e impacciato ma attratto quanto lei dalla voglia di stare insieme e provare a scardinare leggi e usanze arcaiche. Le cose si complicano ancora di più quando sarà un terzo uomo (il suo professore di letteratura) a proporsi come marito, mettendo in crisi Yuni costretta a sottostare ad un patto di segretezza per non svelare la reale identità dell’uomo.
Simbologie cromatiche e libero arbitrio nel film Yuni
Filtrato da lenti viola, curate dal bravo direttore della fotografia Gay Hian Teoh che esaltano la simbologia dietro al colore, metafora di fascinazione erotica, mistero e transizione, Kamila Andini affida alla sua attrice protagonista Arawinda Kirana un coming-of-age (scritto dalla stessa regista assieme alla co-sceneggiatore Prima Rusdi) composto ma deciso a veicolare messaggi di libertà dedicate alle sue giovani connazionali, riflettendo sulla condizione attuale delle adolescenti indonesiane e della loro costrizione a retaggi patriarcali che le vorrebbero svincolate da emancipazione e autodeterminazione, costringendole a scegliere fra la realizzazione professionale e quella sentimentale.
Sguardo intimo e movimenti di macchina lenti ma mai invadenti sulla protagonista e le sue giovani compagne, Yuni mette in campo libero arbitrio e tradizioni popolari/religiose, violenza maschile e trauma, guardandolo attraverso l’occhio privato della protagonista ma riuscendo ad ampliarlo anche alle altre amiche, come fosse dunque non esperienza singola ma comunanza al di là dell’esclusivo. Al destino già assegnato, Yuni infatti propone la sua contrarietà costruttiva, e lo fa attraverso un conflitto interiore; una graduale scoperta del mondo delle relazioni e delle possibilità che il suo paese offre alle giovani come lei.