Antlers – Spirito Insaziabile: la recensione del film di Scott Cooper
Il film horror di Scott Cooper prodotto da Del Toro arriva in sala dal 28 ottobre per accompagnare la notte di Halloween ma poi farsi dimenticare.
Madre terra depredata, offesa, ferita. Madre terra vendicativa. Le premesse di Antlers – Spirito Insaziabile sono un urlo di castigo. La natura parla all’uomo. E così Scott Cooper, regista premio Oscar (Crazy Heart) affiancato nella produzione di Searchlight Pictures da Guillermo Del Toro e David S. Goyer. Le scritte di rimprovero appaiono su schermo nero, anticipando gli eventi. Poi però il messaggio scompare. Rimane un film horror di buona fattura, ma del tutto ininfluente sul primo tema proposto. Anche se l’uscita sotto Halloween, 28 ottobre 2021, gioverà ad Antlers – Spirito Insaziabile con spettatori di circostanza, probabilmente divertiti e cullati dal classico intreccio tra thriller-crime e horror.
Di cosa parla Antlers – Spirito Insaziabile
“Prega non desideri te”, afferma la terra. Perché dalle sue viscere è affiorato un mostro. Anche se ha più le forme di un’ombra figlia della mente dei due protagonisti, che di una rappresaglia a un’intera specie. L’horror ambientalista vive lo zeitgeist più di molti altri generi. Ma bisogna saperlo fare, con il coraggio di andare a fondo con l’immagine (prima che con tre frasi aggiunte in post produzione).
Antlers – Spirito Insaziabile parla allora d’altro. Di traumi familiari, e ingiustizie sociali (non certo ambientali). Come per molto altro però si ferma alla superficie, segnando un percorso abbastanza lineare e privo di idee di sostanza. La regia di Scott Cooper affianca con mestiere una fotografia che inizia approfittando degli splendidi, lugubri e autunnali paesaggi dell’Oregon (il prologo propone una corsa in miniera con un solo bengala a illuminare la scena) e finisce a dover virare verso l’oscurità per necessità di nascondere un mostro dalla CGI decente ma non del tutto svelabile. D’altronde è un’ombra, un feticcio del passato chiamato ad affrontarci. Ma l’allegoria non basta.
Mitologia e società nei confini d’America
Guillermo Del Toro, giustamente sfruttato in fase promozionale per portare Antlers – Spirito Insaziabile all’attenzione di un vasto pubblico, si ferma sulle folte corna del mostro antagonista. Come ne Il Labirinto del Fauno, l’ombra che si staglia pericolosa in Antlers – Spirito Insaziabile appartiene a un bambino. Due in realtà. Il piccolo Lucas Waver (Jeremy T. Thomas), e la maestra Julia Meadows (Keri Russell). Lui ha 11 anni e vive l’incubo di una famiglia al limite. Il padre tossicodipendente, la madre morta. Lei invece è la figura di riferimento, ma nasconde in sé una bambina ferita dagli abusi mai dimenticati. Assieme dovranno curare cicatrici differenti nei tempi ma identiche nel dolore.
A loro disposizione, come nelle fiabe più sincere, un mostro da affrontare e poi abbracciare. Per far pace col presente e col passato. Il fondamento mitologico – ribadito con un cliché eclatante come la lezione di scuola della maestra che fa da eco agli eventi svelati – vorrebbe affiancare le tradizioni nativo americane. Di certo clamorosa è l’assenza sostanziale di personaggi vicini a questo folklore. Un errore che un film del 2021 (in realtà datato 2019 ma costretto al viaggio nel tempo come molti altri compagni prodotti poco prima della pandemia) non potrebbe veramente permettersi.
Antlers – Spirito Insaziabile non manca di impegno. L’aspetto da A24, Studio che ha segnato un cambio di rotta dell’horror a confine tra mainstream e nicchia (dove anche Antlers – Spirito Insaziabile chiede un seggio), vive tutto nel rapporto di famiglia che cinge a sé gli eventi. Julia è tornata dalla California dopo aver abbandonato il fratello (Jesse Plemons). Ma oltre ai riferimenti che la sceneggiatura fa affiorare per convincerci del loro passato tormentato, non traspare molto. Colpa anche di un personaggio, il fratello, incastrato nel ruolo dello sceriffo tipo. I due attori faticano a portare il noto talento in scena, mantenendo l’atmosfera entro un limite stabilito sin dal loro primo incontro.
Lui cerca una logica in tutto questo (“Dov’è la logica!”), lei, invece, sa che è proprio questa la struttura dei miti. E infatti sulla lavagna, accanto a “Myths” e “Storytelling” aveva scritto “Logic”. Invero è in lui che potrebbe trasparire l’aspetto sociale di Antlers – Spirito Insaziabile. In un passaggio (poi ignorato) riferisce alla sorella di dover andare a casa di una famiglia per l’ennesimo sfratto. Un lavoro difficile, “che – però – nessuno vuole fare”. C’è – o vorrebbe esserci – molto dell’America ai limiti. Lo stesso padre di Lucas è vittima di sé e del sistema. Tossicodipendente con a carico due figli (“Chissà come qualcuno l’ha reputato in grado di occuparsi di loro”), viene infetto-posseduto dallo spirito insaziabile. La colpa della specie umana (ma in realtà di un sistema collaudato e infame) ricade sugli ultimi.
Nella fase che anticipa la completa trasformazione, il padre si consuma nella soffitta di casa. Buoni i trucchi prostatici che virano al bodyhorror e alla new weird. Con lui il figlio più piccolo, anch’esso destinato allo Spirito. Lucas deve dunque sfamarli (il vassoio ricorda il finale di Babdook), per poi chiudersi in stanza ignorando il dolore. Giunto in ospedale la conferma di abusi. Proprio come fu per la maestra Julia. E allora il mostro, quello vero, non certo il gigante tutto corna, è già passato di lì. È la bestia umana che vive in case chiuse e lontane da occhi indiscreti, dove si consuma l’indicibile.
Ma Antlers – Spirito Insaziabile manca di efficacia. Nonostante l’ora e quaranta, riesce a perdersi. Saranno gli obblighi del genere o i binari imposti dal dramma di fondo, ma Scott Cooper non è incisivo e sembra scegliere indiscriminatamente una manciata di temi. Restano nella memoria un buon prologo ed un prevedibile ma ben diretto epilogo, con tanto di cliffhanger che riporta lo sceriffo al centro. Ma per l’horror impegnato – e castigatorio – guardare altrove.