Roma FF16 – Ma Nuit: recensione del film di Antoinette Boulat
La pellicola, presentata a settembre in anteprima al Festival di Venezia, è stata proiettata, nella sezione Sintonie, ad Alice nella Città, nell'ambito della Festa del Cinema di Roma. Al centro della pellicola, un incontro tra due ragazzi in una cupa, suggestiva e interminabile notte a Parigi.
Ma Nuit rappresenta il debutto registico della direttrice di casting Antoinette Boulat, che ha partecipato, nel suo ruolo di responsabile degli attori, a progetti come Bergman Island (2021), The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun (2021), Grand Budapest Hotel (2014), Holy Motors (2012) e molti altri ancora. Il progetto è stato presentato a settembre al Festival del Cinema di Venezia, portando sul grande schermo un racconto particolarmente intenso che vede come protagonisti due adolescenti, Marion (Lou Lampros) e Alex (Tom Mercier), che si incontrano per caso a Parigi, in una notte magica che li porta ad aprirsi misteriosamente l’uno con l’altro, sviluppando un curioso e particolare rapporto, tra amore e amicizia.
Ma Nuit è stato proiettato anche ad Alice nella Città (nella rassegna Sintonie, organizzata dal direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera), rassegna giovanile parallela e indipendente alla Festa del Cinema di Roma 2021. Il lungometraggio non ha ancora una data di rilascio nelle sale italiane e per l’ora l’unica occasione di vederlo si è concretizzata nei due eventi cinematografici sopracitati.
Ma Nuit: una storia che fluisce attraverso i personaggi
La trama di Ma Nuit è semplice ed essenziale: la giovane Marion (Lou Lampros) fugge da casa sua, dove la madre vuole festeggiare il compleanno dell’altra sua figlia nonostante siano passati tanti anni dalla sua morte. La giovane vive ancora con dolore questo terribile dramma e per tale motivo decide di passare l’intera giornata in compagnia dei suoi amici, finendo a bere, la notte, in una festa improvvisata con molti volti che non conosce. Stufa di questa situazione, quando sta per tornare a casa, si imbatte in Alex (Tom Mercier) e inizia una lunga conversazione con lui, che la porta a vivere una nottata davvero intensa e peculiare. La sceneggiatura del film è totalmente scarna e priva di qualsivoglia contesto narrativo, con pochissime informazioni che vengono fornite agli spettatori riguardo i personaggi.
Ciò, se effettivamente è un problema perché dà poche coordinate agli spettatori per orientarsi all’interno del film, dall’altro dà tantissimo potere ai personaggi di questa storia. Si può dire che Ma Nuit fluisce attraverso le voci, le sensazioni e le emozioni dei due ragazzi protagonisti. Ciò è merito non solo di una scrittura che li sa realmente valorizzare al meglio, caratterizzandoli in modo istintivo, realistico e soprattutto senza artifici narrativi, ma anche, ovviamente, degli attori coinvolti. In questo, l’autrice ha saputo realmente seguirli alla perfezione, facendogli tirare fuori delle performance attoriali brillanti e sorprendenti, dove è evidente che ci hanno messo molto del loro e hanno improvvisato parecchio.
Anche la regia stessa della Boulat è sempre direzionata verso i personaggi, utilizzando la città di Parigi come un enorme e significativo teatro di posa. Non è un caso, ad esempio, che le inquadrature siano sempre di dimensione quadrata e non rettangolare: tale approccio geometrico offre la possibilità di stringere il punto di vista sui due protagonisti, mentre tutto quello che è esterno, per quanto sia nell’inquadratura, rimane sempre di sfondo. Nonostante questo, il valore della capitale francese è indubbio: la rappresentazione notturna della metropoli, con i tutti suoi scorci solitari, bui, ma anche illuminati dalle poche luci delle notte, guida i personaggi in un’avventura inaspettata, che si appella al karma e al destino.
Tornando al copione, la quasi assenza di linee immaginarie che delineano la trama è assolutamente simbolica, ma anche straniante: per certi versi esprime in qualche modo la condizione esistenziale di Marion e Alex, allo sbando e totalmente estranei alla società e a ciò che gli accade attorno; riesce poi al contempo a fornire al pubblico un impianto tematico davvero ricco e variegato, ma che purtroppo soffre di alcuni problemi piuttosto evidenti alla base.
Ma Nuit: tante tematiche racchiuse in uno schema un po’ cervellotico
Difatti, i vari temi e le riflessioni presenti all’interno di Ma Nuit sono sì molto interessanti e forniscono davvero spunti, ma si perdono in un’eccessiva struttura cervellotica che più che essere immediata (come lo sono d’altronde i protagonisti), complica tantissimo le cose. Non si intende sempre bene cosa ci vuol dire realmente la film-maker e soprattutto non si intuiscono sempre al meglio le parole dei protagonisti. Certo, si può provare bene o male a carpire la direzione dei loro discorsi e confronti filosofici, ma non essendoci una sceneggiatura forte a supporto, l’impresa risulta molto, ma molto complessa. Di conseguenza, nonostante ci sia tanto contenuto nella realizzazione, la cripticità ha la meglio sulla funzionalità.
Tutto questo è davvero un peccato perché guardando la pellicola è evidente che l’intento iniziale era quello di portare su schermo una storia il più naturale e istintiva possibile, anche privando l’intero prodotto di costrutti narrativi tipici di titoli di finzione, ma è chiaro che tale scelta, se funziona perfettamente con i protagonisti e il dramma che mettono in scena, non è ugualmente efficace in sede contenutistica. Al di là di ciò, vi sono delle sequenze particolarmente significative e impattanti per il pubblico che, nonostante siano in alcuni casi eccessivamente enigmatiche, fanno della suggestione e della spettacolarità i loro punti forza, senza dover obbligatoriamente scomodare tecniche registiche chissà quanto sofisticate o scenografiche.
Un elemento molto riconoscibile e di pregio della pellicola è sicuramente la colonna sonora, che riproduce perfettamente l’angoscia della coppia di ragazzi, ma al tempo stesso fornisce uno spettacolare e crepuscolare accompagnamento della storia, riuscendo a cadenzarla al meglio. L’utilizzo della musica è particolarmente importante, inoltre, in una sequenza nello specifico, in cui Marion si perde in una sorta di selva oscura di neon, sintetizzatori, gente ubriaca e balli goffi. Ecco, da quel momento in poi, l’esistenza della ragazza cambia totalmente (nel dettaglio quando esce dalla “discoteca”) e proprio per questo motivo il martellante susseguirsi di note sconnesse ed elettro-pop segna il canto del cigno del personaggio, che poi si trova a confrontarsi con una realtà completamente diversa, ma molto simile al suo vissuto ed esperienze.
Ma Nuit è un lungometraggio davvero molto profondo che, per quanto sia semplice e asciutto dal punto di vista progettuale, ha una complessità intrinseca che non è per nulla da sottovalutare. La sceneggiatura, diretta, immediata e priva di una struttura narrativa tradizionale, eleva i protagonisti a fautori e demiurghi completi della scena, caricandoli di responsabilità, ma scaricandosi di un linguaggio semplice da capire. Se infatti i personaggi risultano estremamente naturali e immediati in ogni loro gesto, il comparto tematico è fin troppo caotico e privo di di una direzione univoca, proprio perché il copione non è accompagnato da uno schema tradizionale che per quanto apparirebbe più didascalico, sarebbe di più facile comprensione.