Un anno con Salinger: recensione del film con Sigourney Weaver
Sigourney Waver e Margaret Qualley prestano la loro dote attoriale nel film Un anno con Salinger, in cui la figura dell'autore de Il giovane Holden regna sovrana.
In Un anno con Salinger Joanna (Margaret Qualley) vuole inseguire il suo sogno: diventare una scrittrice di successo, emergere dalla massa e imporsi con la propria personalità nel panorama americano. Un po’ come J. D. Salinger, uno dei più influenti scrittori contemporanei, grazie soprattutto al suo successo letterario, Il giovane Holden.
Con irriverenza poetica e una buona dose di commedia letteraria, Un anno con Salinger è il nuovo film con Sigourney Weaver e Margaret Qualley, diretto da Philippe Falardeau e tratto dal romanzo omonimo, in uscita nelle sale italiane l’11 novembre 2021, grazie alla distribuzione di Academy Two.
La storia si concentra sulla figura di Joanna Rakoff, autrice del romanzo autobiografico da cui è tratto il film, che decide di tentare la strada della scrittura andando a lavorare in una delle più prestigiose agenzie letterarie di New York che rappresenta, tra gli altri, il famoso scrittore J. D. Salinger. La vita di Joanna si dischiude di fronte le numerose possibilità che l’agenzia le permette: conoscere autori molto importanti del panorama letterario americano, uno stipendio dignitoso e la possibilità di fare carriera. Ma la ragazza non sembra soddisfatta di tutto ciò, non riuscendo a concepire che non venga data importanza alla creatività personale degli autori, che si pensi solamente al profitto. Addirittura viene preclusa la possibilità di far recapitare le lettere degli ammiratori di Salinger allo scrittore: Joanna, che già risente della repressione della propria creatività poetica, inizia a rispondere di suo pugno a tutte le missive che reputa interessanti e dense di sentimenti.
Una commedia letteraria simbolica e metaforicamente pregnante
La composizione filmica di Un anno con Salinger si orienta verso una rappresentazione novellistica della realtà quotidiana, che si configura per ricreare, attraverso la sovrapposizione e contrasto di riferimenti metaforici distinti, sensazioni da racconto d’appendice. Diegeticamente la storia è autentica e quotidiana, proiettandosi in una dimensione favolistica solamente per quanto riguarda la messa in scena, la scelta di determinati filtri e uso del colore accostato ad un’illuminazione tenue e soffusa, la composizione del profilmico e l’impostazione del montaggio.
La narrazione è leggera e molto scorrevole, non subisce battute d’arresto improvvise o repentini smorzamenti diegetici, anche se risente di una struttura a tratti confusa che non permette di comprendere appieno gli elementi simbolici che si susseguono tra un’inquadratura e l’altra. Molto spesso sono proiezioni introspettive della mente di Joanna, oppure sono apparizioni sconnesse degli ammiratori di Salinger che ripercorrono il loro percorso di scrittura al novellista, ma che senza un filo conduttore e un contesto preciso e definito, rischiano solamente di confondere e destabilizzare lo spettatore, che non comprende i nessi causali tra una dissolvenza e l’altra.
Il racconto episodico è, dunque, basato su alternanze temporali che si pongono come obiettivo quello di esplicitare ogni corrispondenza diegetica con il simbolismo psicologico che sembra aleggiare su tutto il film. Differenti registri linguistici ed espressivi si mescolano, a tratti rendendo confusionaria la comprensione strutturale del film stesso. Infatti, i riferimenti simbolici ed estetici si accalcano rapidamente, ponendosi in alcuni casi addirittura come ponte di raccordo tra le differenti inquadratura e movimenti di macchina.
Un anno con Salinger: la figura fantasmatica di uno scrittore senza tempo
Dal punto di vista allegorico, però, bisogna notare come alcune scelte registiche siano in linea con la metafora filmica di fondo e con l’intenzione poi di rimandare un concetto simbolico, più che costruire una storia narrativamente lineare e concettualmente sintetica. La figura evanescente di Salinger, ad esempio, che non viene mai inquadrato in volto, rimanda ad una figura di supporto psicologico per la protagonista, un pretesto per concentrarsi su di lei e sulla sua evoluzione diegetica e caratteriale. È un pretesto, inoltre, per mostrare la potenzialità della recitazione delle due protagoniste, Joanna e Margaret, attraverso la negazione dell’attorialità di quello che, almeno in base al titolo, dovrebbe essere il personaggio principale: in particolare Sigourney Wealer, che interpreta la direttrice dell’agenzia letteraria in cui lavora Margaret Qualley, presenta una recitazione metodica e ponderata, ma al contempo drammaticamente penetrante, che sorregge l’intera struttura filmica attraverso la sua stoica figura portante.