14 vette: scalate ai limiti del possibile – recensione del docufilm Netflix

L’incredibile impresa dell’alpinista nepalese Nirmal Purja alla conquista delle montagne più alte del mondo raccontata nel nuovo documentario Netflix diretto da Torquil Jones . Disponibile dal 29 novembre.

Di sfide faccia a faccia tra l’uomo e i giganti della natura ne abbiamo viste innumerevoli sullo schermo in questi decenni. Film, serie e documentari hanno rievocato imprese che hanno visto scalatori e scalatrici andare alla conquista delle vette più alte del mondo, alcune delle quali risultate fatali. Nella lista di coloro che hanno scritto pagine importanti e indimenticabili nella e per la storia dell’alpinismo ad alta quota dal 2019 figura anche il nepalese classe 1983 Nirmal Purja, in arte Nimsdai, passato alle cronache sportive per aver scalato tutte le quattordici montagne di 8000 metri  in poco più di 6 mesi, infrangendo il record fino a quel momento detenuto dal sudcoreano Kim Chang-ho che per compiere la medesima impresa aveva avuto bisogno di sette anni. Quanto portato a termine da Purja in quello che aveva battezzato “Project Possible” non poteva non finire al centro di un’opera cinematografica, che gli abbonati di Netflix potranno vedere a partire dal 29 novembre, giorno del rilascio sulla piattaforma a stelle e strisce del docufilm di Torquil Jones dal titolo 14 vette: scalate ai limiti del possibile.

14 vette: scalate ai limiti del possibile è un viaggio tra condizioni meteorologiche estreme e scelte cruciali da intraprendere

14 vette: scalate ai limiti del possibile cinematographe.it

Diviso in tre fasi, geolocalizzate in altrettante zone del pianeta (Nepal, Pakistan e Tibet), il protagonista ha affrontato tra l’aprile e l’ottobre 2019 le ascensioni delle più alte e leggendarie vette del mondo (Annapurna, Dhaulagiri, Kangchenjunga, Everest, Lhotse, Makalu, Nanga Parbat, Gasherbrum I, Gasherbrum II, K2, Broad Peak, Cho Oyu, Manaslu e Shishapangma) e lo ha fatto per l’intera spedizione con l’assistenza di un esperto team di sherpa. Tra condizioni meteorologiche estreme, scelte cruciali da intraprendere, intoppi burocratici e il pensiero rivolto costantemente alla madre gravemente malata, Purja ha superato i suoi limiti e quelli imposti dalle montagne che via via ha scalato.

14 vette: scalate ai limiti del possibile mescola gli highlights di un’impresa e la biografia di chi l’ha portata a termine

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Jones ha raccolto il tutto mescolandolo senza soluzione di continuità gli highlights di questa impresa che ha fatto in modo che l’impossibile diventasse possibile con quelli dell’esistenza di chi l’ha compiuta. La componente biografica ha dunque compenetrato quella sportiva e viceversa, diventando un tutt’uno. Ne viene fuori una cronaca al cardiopalma dal forte tasso di coinvolgimento, quello che il mix di cinema e alpinismo ad alta quota ha sempre generosamente dispensato alla platea di turno (da Everest – The Hard Way di Pavol Bàrabaš a La morte sospesa di Kevin Macdonald, passando per Al Qimma di Mehdi Moutia, Here I Am, Again di Polly Guentcheva e The Wall of Shadows di Eliza Kubarska). Quest’ultima verrà travolta ancora una volta da una valanga di emozioni cangianti che lascerà il segno. Emozioni che derivano, oltre che dagli avvenimenti ai quali lo spettatore sarà chiamato ad assistere vetta dopo vetta, anche e soprattutto dal susseguirsi di immagini spettacolari che accompagneranno il racconto. Cornici naturali, queste, capaci da mozzare il fiato e gelare il sangue, iniettando nelle vene del fruitore dosi massicce di adrenalina.   

Una vera esperienza immersiva, nella quale gli occhi e il respiro del protagonista diventano anche i nostri.

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Le immagini in soggettiva realizzate con l’ausilio di go-pro che lo scalatore nepalese consegnerà al regista contribuiscono a dare vita a una vera esperienza immersiva, nella quale i suoi occhi e il suo respiro diventano i nostri. A queste vanno a sommarsi quelle realizzate da Jones, che le integra con riprese ad hoc e controcampi aerei che restituiscono la portata della missione e la maestosità delle location. E dove non può il live-action ci pensa l’animazione, alla quale l’autore ricorre per rievocare e ricostruire eventi ben precisi. Ovviamente al racconto per immagini si affianca quello orale, che l’autore ha saputo far coesistere in maniera equilibrata entrando e uscendo da stralci di interviste realizzate ad alpinisti e scalatori come Jimmy Chin (co-regista del pluridecorato Free Solo), Reinhold Messner e Klàra Kolouchovà, alla moglie Suchi, agli sherpa che lo hanno accompagnato e al fratello Kamal.

Il ritmo serrato e una tensione costante tengono lo spettatore incollato alla poltrona

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Di materiale probabilmente ce n’era a sufficienza per dare forma e sostanza a una docu-serie, il ché si intuisce dalla compressione alla quale la narrazione delle tre fasi della spedizione viene sottoposta per racchiudere tutto in una timeline di quasi due ore. Una maggiore dilatazione avrebbe consentito al fruitore di esplorare in maniera più esaustiva ogni singola tappa di questa incredibile impresa. Dall’altra parte 14 vette: scalate ai limiti del possibile conserva intatti un ritmo serrato e una tensione che tengono lo spettatore incollato alla poltrona, attirato non solo dalla potenza della componente visiva, ma anche da quella sonora, con le musiche composte per l’occasione da Nainita Desai che aumentano in maniera esponenziale il livello di coinvolgimento.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.6

Tags: Netflix