L’avete riconosciuto? È stato il più celebre dei brutti, ha aperto gli occhi a Kate Winslet e Clint Eastwood gli ha salvato la vita
Fino agli ultimi anni ha lavorato in tanti film e prodotti per la tv di fama.
Ha vissuto fino a 98 anni, ma la sua vita sarebbe potuta finire molto prima, se non fosse stato per Eastwood
È morto il 24 giugno 2014 a New York, all’età di 98 anni, dopo una luminosa carriera, costellata da tanti ruoli in eccellenti produzioni. Una vita che ha rischiato seriamente di finire prematuramente, se Clint Eastwood non avesse tratto Eli Wallach in salvo. In una scena del film Il buono, il brutto e il cattivo, dove interpretavano rispettivamente il Biondo e Tuco Ramirez dovevano far esplodere un ponte per separare l’esercito Confederato e le forze dell’Unione.
Consapevole del rischio, derivante anche dalla tendenza del regista di ignorare alcune misure di sicurezza nel momento di girare, Eastwood ebbe la prontezza di persuadere Wallach a seguirlo su una collina per assistere alla scena da debita distanza. Una mossa provvidenziale: la troupe fece, infatti, saltare in aria il ponte prima del previsto.
Nato il 7 dicembre 1915 (Sagittario) a New York, Eli Wallach mosse i primi passi a Broadway, per poi avviarsi in una lunga e brillante carriera cinematografica. Si mise in luce per la sua attività di caratterista dalla maschera incisiva e di notevole temperamento, sotto la direzione di registi della levatura di Francis Ford Coppola, Roman Polanski, Oliver Stone, Sergio Leone, John Sturges, Joshua Marston, William Wyler, Nancy Meyers, Elia Zakan e Martin Ritt. Il periodo di maggior splendore coincise con quello degli spaghetti western, amati in tutto il mondo.
Debuttò sul set in Baby Doll (1956) e nel corso dei decenni venne scritturato in molteplici pellicole di particolare prestigio. Da I magnifici sette (1960), il cammino artistico proseguì all’insegna di opere quali Gli spostati (1961), Pazza (1987), Il padrino – Parte III (1990), L’amore non va in vacanza (2006) e Wall Street – Il denaro non dorme mai (2010). Per riconoscergli il contributo sul grande schermo, nel 2011 ricevette – meritatamente – l’Oscar alla carriera.