È stata la mano di Dio dov’è stato girato? Le location del film Netflix
Spoiler alert! Sorrentino ha scelto di girare il suo film autobiografico nei luoghi in cui davvero è ambientato: dal condominio in cui è vissuta la sua famiglia all’ospedale psichiatrico in cui è stata internata la zia.
È stata la mano di Dio lascia le sale dei cinema per rimpicciolirsi nei pc e negli schermi televisivi: attesissimo, mercoledì 15 dicembre 2021, s’aggiunge al catalogo Netflix. Celebrato come ennesimo capolavoro sorrentiniano, Leone d’argento (Gran Premio della Giuria) allo scorso festival di Venezia, il film è un viaggio di ritorno all’adolescenza anni Ottanta del regista, tanto animata dai guizzi di famigliari sopra le righe quanto intimamente attorcigliata nella solitudine.
Eppure, oltre a rivelarsi racconto di formazione attraverso l’esperienza della perdita e del lutto, È stata la mano di Dio è anche una lettera d’amore ai genitori perduti, agli zii eccentrici, al fratello rinunciatario, alla sorella eternamente chiusa in bagno, a Diego Armando Maradona, all’ambiente in cui Paolo Sorrentino è cresciuto, a quella Napoli borghese e chiassosa i cui eccessi, soprattutto di bellezza, stordiscono e confondono.
Quando il regista Antonio Capuano lancia a Fabio Schisa, alter ego del giovane Paolo Sorrentino che gli ha appena confessato di volersi dedicare al cinema, un monito sibillino ripetuto più volte– “Non ti disunire!” –, quel che intende dire è che sarebbe un errore rinunciare a Napoli, cercare altrove quel che si trova già lì. Fabio, come già il giovane Sorrentino, non gli dà ascolto e parte per Roma, ma l’esistenza stessa del film è, in fondo, segno che quelle parole non sono rimaste inascoltate e che Sorrentino, nella maturità, le ha capite: È stata la mano di Dio concretizza il suo ricongiungimento con la città, è il nostos che lo riporta alla sua Itaca.
L’uovo magico nelle segrete del castello
Ma quali sono i luoghi del napoletano (e non solo) che vi compaiono? Ecco quelli che abbiamo riconosciuto. Cominciamo con Castel dell’Ovo, fortezza che sorge sull’isolotto di Megaride, tra i quartieri di San Sebastiano e Chiaia, davanti a via Partenope. Un’antica leggenda risalente al poeta Virgilio, che amava molto Napoli e a lungo vi studiò filosofia e vi abitò, riferiva che il suo nome derivava da un uovo magico nascosto nelle segrete, amuleto in grado di conferire indistruttibilità alla costruzione.
Giovanna I, regina regnante di Napoli tra il 1343 e il 1381, a seguito di una parziale distruzione del castello, dovette giurare di aver sostituito l’uovo per evitare che si diffondesse il panico tra la gente e che la città venisse invasa dalla paura di future catastrofi.
Chiaia, Mergellina, Posilippo, l’isola “delle capre”: i luoghi della famiglia Sorrentino
I luoghi in cui si snoda l’apprendistato emotivo del giovane Paolo Sorrentino, sotto mentite (ma neppure troppo) spoglie di Fabietto Schisa, spesso coincidono con l’estensione della riviera di Chiaia, la strada – il cui nome deriva dalla parola catalana che sta per “spiaggia” – che va da Piazza della Vittoria a Piazza della Repubblica e in cui si trovano i palazzi aristocratici più antichi e affascinanti della città. Sempre nel quartiere di Chiaia, ai piedi della collina di Posillipo, si trova Mergellina, la zona del lungomare che più s’impone per la sua bellezza ipnotica: il nome deriva da un termine del greco-bizantino, poi entrato nel latino, e significa “corallo”.
Quale estrema propaggine della collina di Posillipo, quest’ultimo prima frazione e poi, dal 1925, quartiere di Napoli tra i più rinomati, troviamo l’isola di Nisida, una delle Flegree (le altre sono Procida, Ischia e Vivara) in cui la famiglia Sorrentino si riuniva spesso per trascorrere i fine settimana d’estate. Isola di origine vulcanica, anche detta “delle Capre”, secondo il mito sarebbe stata il riparo di Ulisse in fuga dai Ciclopi.
Il condominio di via San Domenico, nel Vomero: la vera casa di Paolo Sorrentino
Molte delle scene girate in interno sono state realizzate nel condominio di via San Domenico in cui Sorrentino è davvero vissuto con i genitori e i due fratelli, che nel film mantengono i loro nomi reali, Marco e Daniela, mentre il regista ha scelto di ribattezzare sé stesso Fabio (“Fabietto”, il piccolo della famiglia). La palazzina si trova nel Vomero, uno dei quartieri collinari di Napoli: il suo nome viene non a caso dal greco bomós, appunto “rialto, collina”. Nello stesso quartiere si trova anche l’Istituto Salesiano Sacro Cuore, la scuola privata in cui Sorrentino ha studiato, frequentando il corso del liceo classico.
Tra i luoghi della città che compaiono nel film, ci pare di riconoscere anche l’ex ospedale psichiatrico intitolato a Leonardo Bianchi, neurologo e accademico partenopeo, pioniere negli studi delle malattie nervose e mentali. Il nosocomio cominciò a essere smantellato alla fine degli anni Settanta, dopo l’approvazione della legge Basaglia. Lì sarebbe stata condotta la zia materna del regista, nel film interpretata da Luisa Ranieri.
È stata la mano di Dio è stato girato anche in quella “maledetta” Roccaraso
Roccaraso è un comune di montagna di poco più di mille abitanti: si trova in provincia dell’Aquila e fa parte della comunità montana Alto Sangro e altopiano delle Cinquemiglia, una della località di vacanza più frequentate dalla famiglie partenopee abbienti. Lì, nella loro casa di vacanza di viale dello Sport, Concetta Romano e Salvatore Sorrentino, genitori del regista, trovarono la morte il 5 aprile del 1987, a causa di una fuga di monossido di carbonio. Il figlio Paolo, allora ancora sedicenne, avrebbe dovuto accompagnarli, ma preferì seguire le prodezze di Maradona in trasferta. Come sappiamo ne ebbe salva la vita: “è stata la mano di Dio“.
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Galleria Umberto I
Tra le scene più oniriche di un film altrimenti a basso contenuto visionario (per gli standard sorrentiniani) ci sono quelle girate in Galleria Umberto I, in cui Fabietto si reca a spiare i movimenti di un misterioso set. La galleria, intitolata al Re Umberto I, sede di tanti negozi, è stata costruita tra il 1887 e il 1890, nello stesso periodo in cui Eiffel a Parigi stava erigendo la torre che porta il suo nome.
L’isola delle ultime vacanze da piccolo: Stromboli tra le location di È stata la mano di Dio
Poco prima di lasciare Napoli per cominciare i suoi studi a Roma, Fabietto, sebbene poco convinto, accompagna il fratello Marco a Stromboli, la più settentrionale delle isole Eolie. La sua bellezza nuda e potente nell’essenzialità fa da sfondo all’ultima estate da ‘bambino’ del protagonista: lì si consuma la separazione dal fratello, dall’ambiente protetto (e, in fondo, pur nell’amore, limitante) della famiglia. Il lutto dell’orfano non può essere sciolto e rielaborato del tutto, ma qualcosa in lui sta finalmente cambiando.