7 Donne e un mistero: recensione del film di Alessandro Genovesi
Un po' giallo, un po' commedia, molto rosa. 7 Donne e un mistero, regia di Alessandro Genovesi, rispolvera un copione portato al successo da François Ozon nel 2002. Con un super cast femminile e una certa confusione sul finale. In sala dal 25 dicembre 2021.
Per capire 7 Donne e un mistero bisogna concentrarsi prima di tutto sulla capacità del film, diretto da Alessandro Genovesi, nelle sale italiane dal 25 dicembre 2021 per Warner Bros. Pictures, di giocare con furbizia le sue carte (furbizia qui da intendere benevolmente). E di immaginarsi, contemporaneamente, vecchio e nuovo. Vecchio, perché il fondo narrativo è quello del giallo più consumato, mistero venato d’umorismo perché la commedia è cosa che da queste parti si sa far bene. Il testo originale è un copione teatrale francese, tardi anni’50, che nel 2002 fu trasformato da François Ozon in un film di successo che si chiamava 8 Donne e un mistero. Qui le donne sono 7, una testa che salta per necessità di racconto. Ecco, le donne.
Le donne sono il nuovo del film, l’occhio che ammicca alla contemporaneità. Nel mondo del post me-too è possibile immaginare configurazioni di cast e possibilità di racconto inedite, ed ecco servito il racconto a tinte spudoratamente femminili. Qui di uomini neanche l’ombra, tutt’al più il cadavere. Un bel passo avanti. Le magnifiche sette del film sono, in rigoroso ordine alfabetico: Margherita Buy, Diana Del Bufalo, Sabrina Impacciatore, Benedetta Porcaroli, Micaela Ramazzotti, Luisa Ranieri e Ornella Vanoni.
7 Donne e un mistero: uno che muore, sette sospettate
7 Donne e un mistero aggiorna un po’ la formula, prima di tutto portando le lancette indietro di vent’anni. Erano gli anni’50 per i francesi, qui da noi sono gli anni ’30, anche se dinamiche e rapporti sono moderni in tutto e per tutto. Il quando è una notte speciale, il dove una bella villa nel mezzo del niente, tagliata fuori dalla civiltà da una poderosa bufera di neve. Tempo ideale per un delitto perfetto. Ad andarsene, morto ammazzato, è un imprenditore, un padre, un marito. Apparentemente di successo ma chissà se poi è vero. Tutt’a un tratto, sette donne raccolte in una casa qualunque per festeggiare una vigilia di Natale qualunque, si ritrovano contemporaneamente a sospettare e a esser sospettate. Perché grande è la confusione sotto il cielo e un bel movente non si nega proprio a nessuno.
Ce n’è per tutti, anzi per tutte. Ce ne fosse una che la racconta giusta. Una piccola catena di montaggio delle mezze verità e degli altarini scomodi. Dalla vedova Margherita Buy, algida e attaccata assai al denaro, alla sorella di lei, la cognata persa in impossibili fantasie romantiche e dalla psiche franata, Sabrina Impacciatore. Poi le due figlie del morto, Benedetta Porcaroli, ribelle e neanche poco, e la transfuga Diana Del Bufalo, ripulita alla milanese. Completano l’amante Micaela Ramazzotti, una presenza che si lascia ricordare, e la cameriera dalle imponenti abilità culinarie Luisa Ranieri. E infine lei, Ornella Vanoni, la nonna felicemente avvinazzata e forse per questo, o magari no, deliziosamente senza freni.
Il morto è di sopra, la polizia anche volendo non si può chiamare e così, tanto per passare il tempo, le sette attonite donne improvvisano un’indagine che parte con le migliori intenzioni, col voler rispondere alla domanda da un milione di dollari, chi ha ucciso e perché. Ma che finisce per trasformarsi in un’esplorazione impietosa ma forse necessaria delle bugie e delle apparenze illusorie che disegnano il corso della vita di una persona. Allontanandola dalla verità, dalla felicità, dalla piena realizzazione. Molto presto, il focus di 7 Donne e un mistero si sposta. Il racconto lascia il morto al suo mistero per concentrarsi su cosa va, e cosa non, nel mondo dei vivi. Anzi delle vive.
Commedia corale e racconto del mistero al servizio di un cast tutto femminile
L’idea è di contaminare l’impianto giallo, il racconto del mistero, va tenuto presente che l’originale del 2002 era più cupo di questo nuovo adattamente, con il brio e il ritmo sostenuto della commedia corale. 7 Donne e un mistero vuole far ridere più che che spaventare. L’incedere è scanzonato, il film ha il merito di non prendersi troppo sul serio e di lasciare alle sette protagoniste, un esercizio di democrazia e di coraggio niente male, il tempo e lo spazio per disegnare nevrosi e virtù delle rispettive maschere. Su tutte troneggia lo spirito ingombrante e il perfetto caratteraccio della nonna Ornella Vanoni.
Il problema è che, nel farsi un punto d’onore di riservare a ciascuna delle sette interpreti il tempo e l’occasione di splendere a tre dimensioni, 7 Donne e un mistero perde colpi narrativi. Il terzo atto viene a patti con il mistero in maniera confusa e troppo sbrigativa, e cade sul fronte dell’emozione. Nel complesso, anche il messaggio di riscatto, accettazione delle rispettive diversità e di fiducia nella convivenza reciproca, lo spunto “femminista” per intenderci, viene declinato in maniera eccessivamente schematica.
Bello il lavoro artigianale, l’intervento sui luoghi e la materia del film. I costumi di Francesca Sartori, le acconciature di Alberta Giuliani, la scenografia di Massimiliano Sturiale. Questa grande casa, dagli ampi saloni e dalle stanze intime e pregne di segreti, dovrebbe respirare insieme alle protagoniste e diventare un personaggio, anzi il personaggio. Ci riesce, ma solo in parte, è lo specchio del film.