Monterossi? Per Fabrizio Bentivoglio è “un vincente involontario innamorato dei perdenti” [VIDEO]

Il sarcasmo di un improbabile detective che si muove tra le vie di Milano in indagini sempre più avvincenti arriva su Prime il 17 gennaio. La nostra intervista al protagonista Fabrizio Bentivoglio e i due autori, Roan Johnson e Alessandro Robecchi. 

Un po’ si ride e un po’ si piange come nella vita, le storie belle sanno fare questo: scavare nei sentimenti e nei paradossi umani ed è esattamente ciò che si propone di fare la nuova serie italiana Monterossi distribuita a partire dal 17 gennaio su Prime Video e prodotta da Palomar. Diretti da Roan Johnson, la nuova serie crime in sei episodi è  l’adattamento dei romanzi di Alessandro Robecchi, che raccontano le (dis)avventure dell’improvvisato detective Carlo Monterossi.

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La storia di un detective per caso

Una sera come tante, Carlo Monterossi, autore televisivo di programmi “spazzatura” che odia il suo lavoro, sorseggia un whisky aspettando una consegna, una volta aperta la porta davanti a lui vi è però un uomo incappucciato che gli punta una pistola, in un gesto avventato Monterossi lancia il suo bicchiere verso l’aggressore e riesce a fuggirgli. Iniziano così le avventure di Monterossi il quale, dopo un incontro con la morte e le mancate risposte della polizia, inizia da solo ad indagare su quanto successo.

Tra killer professionisti, uomini in cerca di vendetta, contrabbandieri, scambi di persona, una donna dal passato misterioso e crudele intercorrono sei puntate all’interno delle quali l’improvvisato investigatore viene coinvolto in due distinti casi mettendosi alla ricerca della verità, un po’ per rabbia, un po’ per curiosità, ma soprattutto per soddisfare il desiderio di fare qualcosa di buono, qualcosa di importante.

Dal libro allo schermo, l’adattamento di Monterossi tra le mani del suo autore e di Roan Johnson

Creato dalla penna di Alessandro Robecchi, Carlo Monterossi prende vita con la regia di Roan Johnson e una sceneggiatura a sei mani, due delle quali dello stesso Robecchi. Scrittore, giornalista e autore televisivo, Robecchi si confronta con la narrazione televisiva, un’esperienza che ha descritto come sorprendente: “La cosa che ho trovato più entusiasmante è la somma di intelligenze, tu ti immagini una serie di cose quando scrivi e poi le vedi trasposte sullo schermo. Scrivere è un’attività intima, ma il lavoro collettivo è, come già detto, entusiasmante. Roan (Johnson) è stato in grado di sorprendermi così come gli attori, si tratta di un nuovo linguaggio che prende forma, come in una traduzione, questa deve essere fedele all’originale, ma allo stesso tempo creare una convergenza tra vecchio e nuovo”.

“Monterossi, lei è un errore di sceneggiatura”. Il sovraintendente Gezzi (Diego Ribon) pronuncia questa battuta all’inizio del terzo episodio della serie Monterossi fornendo agli spettatori un’interessante descrizione del protagonista, il quale si trova perennemente nel posto sbagliato, ma anche della sceneggiatura stessa. “Quando io – Roan Johnson – e Davide Lantieri abbiamo letto i romanzi di Robecchi per crearne l’adattamento ci siamo innamorati di Monterossi. Avevo già lavorato all’adattamento di romanzi, credo che quando si lavora a una trasposizione si possono tradire un certo numero di cose, ma non il cuore dell’opera. Con Monterossi abbiamo dovuto lavorare prima di tutto sul nostro ego, per il resto abbiamo solo dovuto tagliare e rimodellare un po’ il materiale già esistente”.

Nella serie ci sono due grandi protagonisti: Monterossi e Milano, due entità che si scontrano, si odiano. Monterossi è innamorato di una città che non conosce più, come detto da Johnson “egli si sente assediato da una modernità che influenza tutta la sua vita a partire dalla scelta della sua casa in stile anni Settanta, ma dalle cui finestre scorge una modernità impellente”. Il sentimento di assediamento di Monterossi è continuo all’interno di tutta la serie, per citare le stesse parole del regista e sceneggiatore della serie, egli non si muove mai verso il futuro ma gli eventi lo costringono a una ricerca, a un portarsi verso qualcosa di nuovo. “Gli eventi hanno inizio quanto entrano in casa di Monterossi per sparargli e così coglie l’opportunità di indagare sul suo stesso crimine, ma in realtà egli indaga su sé stesso e sui suoi valori. Senza fare spoiler, lo stesso finale della serie è la conclusione della lotta tra valori morali e il mondo esterno”, ha affermato Johnson.

“Volevo che io e Monterossi sembrassimo la stessa persona”, Bentivoglio sul suo personaggio.

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A portare sullo schermo il personaggio di Carlo Monterossi è l’attore Fabrizio Bentivoglio. Vincitore della Coppa Volpi nel 1993 Bentivoglio ha lavorato unicamente a due miniserie televisive nel 1985 per poi dedicarsi unicamente a cinema e teatro. A partire dal 2009, tuttavia, è tornato sul piccolo scherno, in merito a questa decisione l’attore milanese ha dichiarato: “Aver fatto poca TV è stato in parte frutto di una scelta, in parte è semplicemente andata così. Indubbiamente nel passato preferivo fare teatro e cinema, ma la serialità di oggi per un attore è affasciante, essa permette di raccontare un personaggio in tempi diversi così che sia il più possibile approfondito, il che non è poco e per un attore è importante”. Bentivoglio torna con Monterossi in un nuovo ruolo televisivo e nella sua città: “Milano è la città in cui sono cresciuto, dove ho studiato e frequentato la scuola del Piccolo Teatro, ma poi me ne sono andato. La Milano che ricordo è molto diversa da quella di adesso, dove ora ci sono i grattaceli c’era un luna park, la mia memoria è più vicina all’antichità, al passato così come per Monterossi. Nonostante il passare degli anni questa città continua a essere il luogo della mia memoria, ricca di luoghi che mi emozionano”.

Oltre al capoluogo lombardo sono molte le similitudini tra Carlo Monterossi e il suo interprete. Ad attirare Bentivoglio verso questo ruolo è stata proprio la sua riconoscibilità: “C’erano diverse cose che mi hanno colpito del personaggio, ma se c’è una frase di Monterossi in cui mi riconosco molto, scritta da Robecchi nei suoi romanzi, è quella che lo descrive come “un vincente involontario innamorato dei perdenti“, è una cosa inspiegabile perché sembra una contraddizione, forse è proprio che ti innamori di quello che non sei, che non hai e che vorresti sperimentare. Monterossi, con la sua empatia, propende verso le persone meno fortunate”.

Terza similitudine tra personaggio e attore è l’amore per Bob Dylan. Il cantautore americano è una specie di zio o fratello maggiore, un amico in vinile, come definito da Bentivoglio, egli è un conforto per Monterossi, il quale lo conosce talmente bene da trovare per ogni momento della sua vita una canzone di Dylan che funga da colonna sonora.  “Anche io ho passato qualche notte in bianco a cercare di capire che cosa volessero dire i suoi testi” – dichiara Bentivoglio – “alla fine tutto quello che rappresentassimo ci rappresenta, è inevitabile, io speravo che mi diceste che somiglio al mio personaggio, ho voluto che io e Monterossi sembrassimo la stessa persona”.

Monterossi non va da nessuna parte senza Nadia: Martina Sammarco

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Martina Sammarco torna ad affidarsi alla regia di Roan Johnson, dopo il lungometraggio State a casa (uscito nel 2021 e disponibile su Prime Video), nel ruolo di Nadia Federici, l’assistente di Carlo Monterossi sul set di Crazy Love e successivamente sua partner nelle indagini dei casi che lo vedono accidentalmente coinvolto. Esperta di tecnologia, tormentata e in rotta con la sua compagna, Nadia è molto affezionata al capo con cui instaura un rapporto quasi figliale fatto sia di affetto che di conflitto. La differenza di età tra i due li pone in un potenziale scontro generazionale e in merito a questo Bentivoglio ha affermato “Ho sempre pensato che Monterossi, non avendo figli ed essendo molto predisposto e attento verso i giovani, potesse creare con Nadia e con Oscar un rapporto genitoriale, come se loro fossero due cuccioli che lui cerca di mettere sulla giusta strada e non semplici collaboratori”. Sammarco, invece, parla del rapporto tra Nadia e Carlo come quello tra due confidenti: “È un legame molto forte quello che unisce i due personaggi, Monterossi è la persona con cui Nadia riesce ad aprirsi ed esternare i suoi sentimenti anche nei momenti più difficili. Questa parte del loro rapporto permette allo stesso tempo che i due possano anche avere dei conflitti. Nadia ha un senso di giustizia molto forte e spesso punzecchia Carlo sui suoi privilegi”.

La cinica televisione contemporanea

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Il personaggio di Carlo Monterossi è ricco di contraddizioni a partire dal suo lavoro sul set di Crazy Love. Lui è un autore televisivo che odia il suo lavoro e il network per cui lavora nonostante questi lo vogliano con loro al punto da essere disposti a pagarlo cifre altissime per la sua bravura, Monterossi trova così un compromesso facendo assumere persone che lui ritiene meritevoli e che non avrebbero la stesse possibilità a causa di pregiudizi. Il mondo della televisione viene rappresentato nel corso della serie in modo molto critico. In merito a questa visione Bentivoglio ha affermato: “Non sono uno spettatore così assiduo da poter giudicare, ma mi sembra abbastanza verosimile alla televisione che fruiamo oggi, quella che usa i sentimenti delle persona più che raccontarli”.

Volto della conduttrice di Crazy Love è Carla Signoris, la quale si è divertita molto a interpretare una figura così diversa da lei: “Falsamente mielosa è una iena dietro le quinte dove pensa semplicemente a quanto siano fotogenici gli ospiti e non alle loro tragiche storie. In questa prima stagione, come nei primi libri, lei è un personaggio abbozzato, ma man mano cresce e nell’ultimo libro verrò rapita, io non vedo l’ora di essere rapita”. Flora rappresenta tutto il cinismo della televisione odierna, dichiara Signoris, ma i punti d’ispirazione per il suo ruolo e il programma da lei condotto rimarranno sempre un mistero, l’attrice si è subito rifiutata con ironia di fare qualsiasi nome, affermando: “Conosco molte Flore, sono professioniste competenti che fanno quanto viene richiesto loro nei talk show come nei telegiornali”. Signoris ha lavorato in televisione per molti anni a partire da Avanzi e Tunnel, programmi satirici che prendevano in giro la televisione dei primi anni Novanta, si trattava, come ella stessa ha dichiarato, di una TV molto scritta dove dietro la risata vi era sempre una riflessione, a differenza dei programmi contemporanei, i quali preferiscono il format della “chiacchiera”: “Le cose non sono necessariamente peggiori o migliori, sono onde frutto dei cambiamenti. La TV è diventata molto cinica in tutte le sue manifestazioni, è molto triste perché abbiamo codificato dei linguaggi che ci permettano di capire quando ciò che vediamo è strumentale”.

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Ma gli interpreti della serie cosa ne pensano della televisione e che spettatori sono? Fabrizio Bentivoglio e Diego Ribon sostengono di guardare in TV solo notiziari e partite di calcio. Spettatrice più attiva è, invece, Carla Signoris, amante di ogni tipo di documentario, da quelli sugli animali alle biografie di Madonna, segue inoltre con costanza numerosi talk show politici. Figlia della sua generazione è Martina Sammarco, la quale dichiara di amare le overdose di serie tv, è, come si definisce lei stessa, “una spettatrice che fagocita film e serie tv con costanza anche se significa guardarmi di notte un’intera stagione”. Appassionato di serie TV e binge watching è anche il regista Roan Johnson il quale è molto felice che la sua nuova serie esca tutta in un colpo solo sulla piattaforma di Prime Video, consigliando agli spettatori la visione integrale della serie se non di tutte le sei puntate in una notte quanto meno di tre puntate alla volta, le quali corrispondono dal primo al terzo episodio al romanzo Questa non è una canzone d’amore e dal quarto al sesto a Di rabbia e di vento. 

Lo scrittore Alessandro Robecchi in merito ai programmi televisivi di oggi ha dichiarato: “Quando un qualunque sentimento diventa uno spettacolo, quando viene messo a disposizione di un pubblico, quello che vediamo è una pornografia del dolore, è una forma di voyerismo da parte degli sceneggiatori. Parodia e realtà sono due elementi interconnessi in questo tipo di programmi dove la parola “pettinare” significa proprio abbellite il reale, che una volta reso più bello smette di essere vero”.

Monterossi – La serie: intervista video a Fabrizio Bentivoglio, Roan Johnson e Alessandro Robecchi