Intervista a Roan Johnson: “nell’ironia toscana c’è desacralizzazione”

Abbiamo incontrato Roan Johnson, che è il regista della fortunata e brillante serie I delitti del Barlume che esce con due nuovi episodi su Sky/NOW il 17 e 24 gennaio.

La serie I delitti del Barlume ha avuto un successo strepitoso nelle scorse stagioni e soprattutto nel periodo della pandemia, momento in cui probabilmente la gente aveva bisogno di sorridere, prediligendo quindi il genere della commedia.

Sembra evidente che ti rifai sia ai maestri della commedia classica all’italiana (da Germi a Monicelli) sia a quelli attuali come Virzì. La commedia brillante è un genere che ha un linguaggio in cui ti muovi particolarmente bene perché hai una qualità peculiare: il ritmo, che sta appunto alla base della comicità.
“Il successo della serie è sicuramente dovuto una chimica che è stata cercata e trovata nella comicità. È chiaro che il Barlume lo si guarda per farsi una risata; il “giallo” (anche nei romanzi del Malvaldi) è una scusa per raccontare dei personaggi e delle situazioni da commedia. Non sono sicuro se però il tono della commedia del Barlume sia paragonabile ai film di Monicelli e Virzì o perlomeno lo è laddove il tono è un pochino più brillante. Il Barlume è una commedia che sfocia spesso nel comico. Mentre invece nella commedia classica all’italiana, il comico non è così preponderante come nel Barlume. Ho studiato al Centro sperimentale con Bruni e Virzì e i loro maestri erano Age e Scarpelli e tutta quella tradizione di commedia, la possiamo ritrovare maggiormente nelle mie prime commedie come I primi della lista. Il Barlume invece secondo me ha un tono decisamente più comico che nella commedia classica all’italiana anche se indubbiamente la derivazione è la stessa. Ritengo che nella comicità, la modalità con cui si ride ha a che vedere, più che con l’umanità dei personaggi, con la comicità della situazioni brillanti e soprattutto con il tempo comico, il ritmo appunto. E inoltre ha a che fare molto con l’immedesimazione nei personaggi e l’empatia. Nel caso del Barlume la fortuna è stata quella di avere a disposizione un ensemble di attori molto bravi che pur essendo lontani fra loro come formazione, penso a Timi e Mascino che vengono dal teatro, a Benvenuti che viene invece dalla commedia italiana e toscana o Marziali e Davini che vengono dal teatro vernacolare, sono riusciti a un certo punto a trovare una chiave per poter rendere ogni scena (almeno noi ci proviamo) divertente, che prova strapparti una risata. E questo lavoro di ricerca per dare il ritmo alla scena lo si fa molto sia in lettura che in sede di prova. Sul set, poi, si crea una tempistica di ritmo e di battute che è una cosa abbastanza inspiegabile e magica, poco razionalizzabile: si tratta di sfumature che nascono spontaneamente perché si è creata ormai una speciale alchimia fra noi.”

L’ironia toscana. Sicuramente alla base del successo dei Delitti del barlume c’è proprio l’ironia toscana ma non tanto perché faccia ridere ma quanto perché sia un modo di vedere le cose, una filosofia di vita che tende a smitizzare qualsiasi cosa anche la morte e qualsiasi tipo di autorità. Inoltre c’è insito un atteggiamento rinascimentale che non vuole demonizzare il male ma tende ad avere una sorta di bonomia nei confronti delle debolezze umane.
“Sì: sono d’accordo con te. È una cosa che dico sempre: c’è nell’ironia toscana questa desacralizzazione, questa forza anche un po’ rivoluzionaria che vuole sconfiggere l’autorità e non solo istituzionale, anche rivolta contro chiunque si monta la testa per smontarlo con ironia graffiante. Rinascimentale fino a un certo punto però, perché se una persona è una merda, l’ironia toscana allora può essere spietata. Però sicuramente questa energia desacralizzante e smitizzante ha permesso di unire due generi che solitamente farebbero a botte quali il giallo e il comico, perché nel crime tu hai dei morti e devi riuscire a far ridere della morte: il che non è una cosa comune. Anche a Roma si ride della morte ma se ti sposti in Italia al sud o al nord diventa più difficile ridere della morte perché comunque viene percepita come sacra: una delle ragioni per cui in Toscana si bestemmia di più, è proprio perché non c’è nulla di sacro e se ci rifletti non c’è nulla di più alto dell’autorità maggiore che è Dio!”

E forse, sei per metà inglese, c’è anche un pochino di humour britannico, che ha per base l’autoironia, che ritroviamo in molti personaggi
“Relativamente all’humour inglese ritengo ci sia un link con l’ironia toscana perché anche in Inghilterra si ironizza molto con il macabro e la morte, riuscendo a farci commedia sopra.”

La solarità della serie dei Delitti del Barlume è un altro elemento che ha creato questo successo; pensiamo anche alla fotografia dai colori vividi e sgargianti di questo paesino in cui c’è sempre il sole
“In realtà Marco Malvaldi, l’autore dei romanzi del Barlume aveva ambientato le storie a Tirrenia e Marina di Pisa, che sono posti balneari molto belli ma che quando finisce la stagione estiva acquisiscono un aspetto sicuramente affascinante ma anche piuttosto decadente e quasi deprimente. È stato il produttore Carlo Degli Esposti allora, reduce dal successo di Montalbano e delle sue splendide locations marine, a voler trasporre l’ambientazione del Barlume a Marciana Marina dell’Isola D’Elba, che è davvero un gioiellino, una chicca favolosa dal punto di vista ambientale così che lo spettatore provasse la gioia della vista di un mare splendido che gli ricordi l’estate e gli amici delle vacanze. Pineta dunque, paesino immaginario fra Pisa e Livorno, in cui si svolge il Barlume, offre questo scenario splendido in cui il mare, gli ombrelloni e il Bar mostrano colori saturi e sgargianti più consoni a un racconto comico.”

E a questo proposito vorrei riflettere sul tuo ultimo film State a casa che ho trovato invece molto scuro, dark, come una forte virata stilistica sul grottesco/macabro che non ho capito se sia derivata dall’ansia per la pandemia

“Per quel che riguarda la pandemia trovo onestamente pazzesco e incomprensibile questa rimozione che c’è stata in molte fiction e film in cui sembra non si possano vedere neanche le mascherine. Trovo assurdo che l’episodio storico più enorme che ci ha sconvolto le vite e le psicologie, sia stato rimosso quasi fischiettando e facendo finta che non stia succedendo. Noi invece con il Barlume ci siamo presi il rischio di parlare di pandemia e il risultato è stato positivo perché gli spettatori, rivedendo se stessi nei personaggi in mascherina e magari facendosi una risata, hanno potuto esorcizzare la pandemia. E infatti molti spettatori ci hanno scritto cose molto belle a riguardo. Relativamente al film State a casa, che si svolge appunto durante il primo lockdown, la pandemia mi sembrava fosse il momento giusto per farci fermare e riflettere sui nostri lati peggiori come egoismo e avidità; ecco perché è una tragedia con un finale catartico che lascia ammutoliti. Ovviamente anche lì ci sono spunti buffi che è poi la mia cifra stilistica: raccontare situazioni drammatiche e profonde ma riuscendo a riderci sopra.”

Il 17 gennaio esce anche la tua nuova serie Monterossi. Quali sono le differenze con quella del Barlume?

“Come il Barlume anche Monterossi nasce da un romanzo; quando amo un romanzo tendo a pensare subito a come raccontarlo. Sono nato sceneggiatore per cui per me prima di tutto si parte dalla storia e poi solo dopo, si trova il tono, gli attori, le locations e tutto il resto. Anche nel caso di Monterossi c’è il giallo e l’aspetto ironico, ma l’ambito è totalmente diverso. Nel caso di Monterossi c’è una forte indagine sociale che diviene a volte una critica e una satira del mondo descritto. C’è inoltre molto più dramma e violenza ma comunque anche qui c’è molta ironia. Monterossi, attraverso il suo protagonista malinconico e ironico, analizza una città come Milano che è l’unica città italiana veramente europea e che sembra proiettata in un futuro postcapitalistico, lontanissimo dal paesino solare e provinciale del Barlume. Se nel Barlume il primo obbiettivo è ridere, nella serie di Monterossi l’obbiettivo principale è quello di indagare su quello che ci offrirà il futuro e le sue contraddizioni paradossali.”

 

 

 

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