Tre Sorelle: recensione del film di Enrico Vanzina
Tre Sorelle è la riproposizione di una realtà teatraleggiante che vede sullo sfondo la storia di persone in cerca di un riscatto, ma che in fin dei conti si risolve in una rappresentazione paradossale della quotidianità.
“La vita, mia cara, è un palcoscenico dove si gioca a fare sul serio”.
La visione pirandelliana della vita è una mistificazione del realismo artefatto, un modo per riportare l’attenzione su quella concezione di finzione scenica che anche la vita di tutti i giorni è condannata ad essere. Se la vita è in realtà un grande teatro, se le rappresentazioni sceniche sono parte della quotidianità del singolo, perché non mettersi in scena e riprodurre concezioni realiste a mo’ di commedia surreale?
È quello che cerca di riproporre Enrico Vanzina, che ritorna alla ribalta sugli schermi cinematografici con la sua nuova dissacrante commedia dai toni sarcasticamente dissacranti: Tre Sorelle, dal 27 gennaio 2022 in esclusiva sulla piattaforma Amazon Prime Video, in collaborazione con RTI e New International e con Serena Autieri, Giulia Bevilacqua, Rocio Munoz Morales, Chiara Francini, Fabio Troiano.
Il ritorno di Vanzina
Dopo Lockdown All’Italiana ritroviamo Vanzina alla regia, che prova a percorrere nuovamente quella strada lasciata da sempre al fratello Carlo per l’amore verso la sceneggiatura. Ma questo film, firmato da una delle penne più prolifiche e irriverenti del cinema italiano contemporaneo, vuole essere un omaggio alla terra italiana e ai suoi abitanti, ricostruendo un teatro popolare in continuo mutamento, infervorato dalle passioni e dai sentimenti.
Le tre sorelle Marina, Sabrina e Caterina sono unite quanto diverse: stesso padre, ma madri diverse, stessa passione per il lusso, differenti modi di affrontare la vita. Un viaggio al Circeo, accompagnate dalla giovane massaggiatrice Lorena, in cerca di riscatto dopo essere state lasciate dai rispettivi compagni e mariti, sarà l’occasione di riscatto quanto di crescita interiore, portandole a comprendere i loro futili errori e a dargli la forza e la voglia di ricominciare daccapo. Riferimenti al romanzo di Čhecov non sembrano essere presenti, sottolineando il fatto Tre sorelle sembra più essere una commedia tragi comica che si rifà all’esempio letterario di Tolstoj.
Il teatrino del realismo borghese in Tre Sorelle
Il riferimento a Pirandello sembra abbastanza calzante per questo film: Vanzina propone la rappresentazione di una realtà oniricamente romanzata, sospesa in una recita teatrale che mescola riferimenti letterari a scorci da commedianti velati di realismo quotidiano. Le figure che rompono la quarta parete e che si inseriscono didascalicamente tra lo spettatore e il profilmico sono la rappresentazione di una commedia finzionale, interpuntata da una vaga connotazione teatraleggiante che imbriglia il palcoscenico figurato ai luoghi della quotidianità. Il montaggio meditato, superficialmente lineare rende la narrazione senza eccessivi colpi di scena estetici, se non si considerano le panoramiche aeree della costa laziale. Tali sensazionalismi dànno l’idea di una voglia sfrenata di rappresentare un lato inverosimile della narrazione, più che un omaggio alle bellezze naturali e marittime. Vanzina ripropone una volontà quasi occulta di separare e intervallare momenti di neorealismo addomesticato ad un sensazionalismo pindarico talmente aulico da scontrarsi prepotentemente con la realtà narrata.
La metafora che percorre tutto il film si concentra sul riproponimento costante, attraverso la reiterazione rappresentata dalla figura della ragazza “acqua e sapone” dell’onestà. Come un grillo parlante Lorena è la voce della coscienza delle tre sorelle, che cerca di rimettere nei binari, sopraffatte da sentimenti accecanti che le rendono delle macchiette di caratteri contrapposti, più che personaggi realisticamente veritieri.
Tre Sorelle: quando si incontrano commedia e metatesto
La commedia, con il suo pacato senso disinteressato nei confronti di una veicolazione manifesta di qualsivoglia metafora simbolica, gioca molto sull’autoironia e sull’autocitazionismo: nasce come omaggio alla tradizione letteraria e cinematografica (numerosi i riferimenti a registi e attori noti nel panorama mondiale, ma addirittura a film del compianto fratello di Enrico, Carlo Vanzina), per poi indirizzarsi verso una comicità modestamente tagliente. Quest’ultima risiede non nelle battute paradossali o nella rappresentazione di una realtà surreale, ma in piccoli sipari assurdamente verosimiglianti ad una dissacrante manifestazione metatestuale. Il bambino che guarda ammaliato Lorena che esce dal mare mima scene alla Baywatch, affidate però alla mediazione di uno sguardo atipico rispetto a quello provocante di un sensuale bagnino.
L’interpretazione dell’intero cast rende ancora di più l’idea di una commedia teatrale messa in scena nella piazza “nuda e cruda” della quotidianità: ad una recitazione più meditata e composta dell’Autieri si contrappone ad esempio quella prepotentemente finzionale di Giulia Bevilacqua, spinta ad un livello di performance volutamente esagerata per dimostrare come, fino alla fine, abbiamo visto una recita teatrale ambientata su quel meraviglioso palcoscenico che è San Felice Circeo.