Home Team: recensione del film Netflix di Charles e Daniel Kinnane
Dal 28 gennaio è disponibile su Netflix la commedia sportiva Home Team, film sul football americano con Kevin James e prodotto da Adam Sandler, tratto dalla storia vera del coach dei New Orleans Saints Sean Payton.
Dall’affettuosa risonanza di pubblico e critica riscossa per due stagioni consecutive dalla serie Apple Ted Lasso, il sottogenere della commedia a sfondo sportivo ritrova lo slancio necessario a riemergere nel vasto panorama delle piattaforme digitali. Sulla scia del successo della comedy con Jason Sudeikis infatti, Home Team, lungometraggio Netflix disponibile dal 28 gennaio 2022, sfrutta il rinnovato interesse sul tema da parte di un pubblico anche di non appassionati, facendo conciliare nell’ambito amatoriale della non-professionalità vicende private di accrescimento personale condivise nello spirito di squadra.
Home Team: ritorni in provincia e nuovi orizzonti
Tratto dalla vera storia dell’ex-quarterback e ora allenatore di football americano Sean Payton, nella primavera del 2012 coinvolto nel cosiddetto scandalo delle taglie dei New Orleans Saints, il film riconfigura la chiacchierata vicenda attraverso il suo attore protagonista Kevin James, nei panni appunto del coach californiano. Costretto a mettere in stand by gli allenamenti a seguito della clamorosa vincita al Super Bowl, il caso, che lo accusava di pagare i giocatori per ferire in campo gli avversari, gli costa una trasferta nella remota provincia, nel tentativo di ricucire il rapporto con il figlio adolescente, anche lui appassionato di football e aspirante giocatore.
In quel del Texas Payton si ritrova così, quasi naturalmente, a dispensare preziosi consigli da coordinatore offensivo piuttosto navigato, recepiti con entusiasmo dai piccoli Warriors, ora alle prese con i preparativi per i campionati, e meno dai genitori, spesso restii ai cambiamenti del nuovo allenatore e ciecamente faziosi nei confronti dei figli. Portando trambusto e inanellando successi con qualche inevitabile caduta, il nuovo coach avrà per compito un doppio riscatto: portare al successo la squadra e riconquistare la fiducia dal figlio.
Oltre il verde del campo
Alleggerendosi dai toni drammatici dovuti all’esperienza del lutto e della dipendenza visto recentemente in The Way Back – Tornare a vincere, pellicola con Ben Affleck e scritta dal creatore di Omicidio a Easttown Gavin O’Connor, Home Team riporta ancora una storia di adulti e di redenzione, rivolgendosi, per tono e linguaggio, in egual misura ai coetanei appena pre-teenager e a quelli over del protagonista. Aderendo agli stilemi tipici del genere e cercando di trasmettere valori cari al cinema a stelle e strisce come lo spirito di appartenenza, la caparbietà e la disciplina, il film, che vede Adam Sandler produttore, è una parabola di ascesa-caduta, e di nuovo risalita, tratteggiata da un uomo abituato ai fasti dei circuiti dell’élite e ora ritrovatosi nella genuinità dilettantesca della provincia, nell’amara realizzazione di essere un completo sconosciuto per il figlio.
Senza prendersi troppo sul serio, ma senza emergere mai con guizzi o trovate davvero inedite, Home Team gioca con prevedibilità la sua partita dentro e fuori il campo, alternando con sufficiente godibilità sequenze stilizzate di allenamento, speech motivazionali e spiegazioni di schemi di gioco ‒ fino alla lunga parte finale dei due tempi della partita decisiva ‒ , a quelli più intimi e familiari fra padre e figlio, costruiti da silenziosi imbarazzi e sorrisi rubati, sentimenti di lento riavvicinamento e ringraziamenti per una seconda chance.
Il football diventa allora lo strumento narrativo per ampliarsi in un discorso più umano, non solo ‘amo’ alla riscoperta relazione paternale, ma come consueto espediente di riflessione sulle tante forme del termine ‘vittoria’, non dimenticando mai la voglia di divertirsi e sfruttando uno degli sport più praticati in terra nord-americana per una lezione che vale nel rettangolo di gioco e nella vita fuori lo stadio.